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09 Marzo 2015 - 14:21
Dall'11 marzo sarà nei cinema l'ultimo film di Alessandro Genovesi. Ce ne parla l'attore campano.
Come sei stato coinvolto in “Ma che bella sorpresa” e che cosa ti è piaciuto di più di questo progetto?”
“Avevo già recitato in altre due recenti commedie della Colorado Film dirette da Paolo Ruffini (“Fuga di cervelli” e “Tutto molto bello) e anche in occasione di questo film di Genovesi sono stato contattato dai produttori Maurizio Totti e Alessandro Usai che mi hanno chiesto di interpretarlo perché pensavano fosse in sintonia con il mio tipo di umorismo. Quando mi hanno raccontato quello che succedeva nella commedia brasiliana a cui è ispirato, ho capito che avevano ragione. Sono stato da subito molto incuriosito perché sono sempre attratto da tutto ciò che è surreale nelle sue varie “declinazioni”. E poi ho vinto ogni esitazione quando ho saputo che Claudio Bisio sarebbe stato contento di recitare insieme a me e che apprezzava il mio tipo di umorismo: l’ho sempre adorato da spettatore e la possibilità di lavorare un giorno con lui ha rappresentato per me sempre un sogno”.
Chi è il personaggio che interpreti?
“Si chiama Paolo ed è un professore di educazione fisica che insegna nella stessa scuola dove è professore Guido, il personaggio interpretato da Claudio, che in passato era stato un suo docente e col tempo lo ha “cresciuto” in un clima sano, tenendolo lontano dalle cattive frequentazioni. Nonostante la differenza d’età i due sono diventati col tempo molto amici: Paolo tiene molto a questo rapporto e quando si accorge che Guido è preda di varie inquietudini e di strani “sbandamenti” si preoccupa per lui e cerca di aiutarlo muovendosi con cautela, come quando qualcuno è sonnambulo e non va svegliato bruscamente.. vuole prima capire che cosa sconvolge così tanto l’amico e poi quando scopre che la fantastica ragazza per cui lui stravede e straparla in realtà è solo frutto della sua immaginazione, cerca di essere delicato e di assecondarlo, in un crescendo comico secondo me esilarante. Paolo cerca di far cambiare idea a Guido, ma non sarà affatto semplice: anche i genitori di Guido che lui ha convocato a Napoli allarmato cercano di aiutare il figlio che fatica molto però ad accettare la realtà, fino a quando non gli vengono mostrate delle foto inequivocabili che Paolo ha scattato mentre lo seguiva tra i vicoli in cui si vede chiaramente che sta parlando da solo..”
Che cosa ti è piaciuto del film, come viene fuori il clima surreale?
“Credo in maniera raffinata, nel racconto ci sono uno sguardo e una prospettiva sempre nuovi e diversi e, a mio parere, tanti tipi di battute efficaci. E poi dato che siamo a Napoli si sente il respiro della città, gli allievi della scuola sono tipici ragazzi napoletani.. si cade naturalmente nel surreale perché, come dicevo, tutti noi quando parliamo con Guido della donna che nessuno vede tranne lui vede cerchiamo di assecondarlo.. ovviamente si crea imbarazzo e disagio e il pubblico si diverte perché vengono mostrati il punto di vista del protagonista e parallelamente quello di tutti gli altri. Il mio personaggio in fase di sceneggiatura è cresciuto molto rispetto al film brasiliano originale che ho preferito non vedere: quando si tratta di girare un rifacimento di qualcosa cerco di non distrarmi troppo guardando versioni precedenti per non essere condizionato, un’eventuale visione precedente darebbe poco spazio all’immaginazione, anche inconsciamente”.
Ricordi qualche momento particolarmente divertente?
“Tantissime situazioni insieme a Claudio Bisio, ma anche altre scene con Ornella Vanoni, in particolare quelle che hanno visto protagonista il suo cane Why; lei gli è così affezionata e legata dal non aver potuto evitare di farlo diventare un elemento del film: effettivamente è stata una necessità inderogabile perché in realtà il cane non si allontanava mai da lei un attimo. Quando mi sono trovato da solo con Bisio sul set, ero emozionato e confuso, mi sentivo in preda ad una specie di timore reverenziale verso di lui, ma poi passando del tempo insieme abbiamo legato benissimo e siamo diventati molto amici. Ricordo una sequenza girata di sera in cui eravamo in scena io, Claudio, Pozzetto e la Vanoni, la quale si ostinava a pronunciare con un buffo tono tutto suo la battuta “Silvia non esiste”.. abbiamo dovuto ripetere la scena all’infinito perché tutti ci fermavamo ad ogni ciak per le risate irrefrenabili, lei compresa.. E poi devo confessare che mi sono sentito onorato dei complimenti ricevuti da un maestro come Renato Pozzetto, che è stato sempre generoso e prodigo di consigli verso di me.”
Come ti sei trovato invece con Alessandro Genovesi?
“Tra noi è nata un’ottima intesa. Ridevamo spesso e volentieri di tutto, il copione era preciso ed esauriente e non c’era da improvvisare troppo, ma Alessandro lasciava spazio alle nostre invenzioni estemporanee, ognuno offriva degli spunti nuovi e a lui questo metodo faceva piacere, lo assecondava volentieri”.
E con Chiara Baschetti?
“Non ho girato molte scene con lei ma l’ho trovata fantastica, semplice, carina, simpatica e autoironica, capace di stare al gioco volentieri senza presunzioni o atteggiamenti sbagliati. E’ stata da subito in grado di sintonizzarsi bene con tutti gli altri e nonostante fosse il suo primo film credo abbia dimostrato una bella disinvoltura, anche grazie al rapporto che ha instaurato con il nostro regista”.
Qual è secondo te il segreto del tuo successo?
“Non penso che ci sia nessun mistero né una formula magica. La mia priorità è quella di divertirmi e di seguire sempre me stesso, ho sempre assecondato l’istinto e un certo atteggiamento anarcoide che mi porto dietro fin da quando ero un ragazzino e divoravo le registrazioni dei film con i miei comici preferiti Jim Carrey, Ben Stiller e Will Ferrell che i miei parenti mi spedivano dagli Stati Uniti. Mi sono documentato soprattutto su quel tipo di umorismo surreale e assurdo, è quella la comicità che preferisco da spettatore e da interprete, anche se mi piace cambiare spesso tono e registro”.
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