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San Carlo, per l'Otello 15 minuti di applausi

San Carlo, per l'Otello 15 minuti di applausi

Quasi quindici minuti di applausi per l’“Otello” di Giuseppe Verdi, con la direzione del maestro Michele Mariotti e con la regia di Mario Martone, che ha inaugurato ieri la stagione lirica del teatro San Carlo. Al termine dell’omaggio alla compagnia di canto, tutti gli spettatori avevano gli sguardi voltati verso il palco d’onore ammirando il presidente Sergio Mattarella, che è arrivato in teatro accompagnato dal figlio e dalla figlia col rispettivo marito, e che ha applaudito l’opera diretta da Mario Martone. Il teatro San Carlo ha colto l’occasione di affermare al meglio la propria efficienza di macchina teatrale allestendo un impareggiabile “Otello”, in un momento di passaggio e di delicatezza estrema per i teatri di tutto il mondo. Uno spettacolo di lusso che si ripete per sette recite e che offre la possibilità ai privilegiati che sono accorsi, e accorreranno, di ascoltare due astri del momento semplicemente perfetti nei panni del celebre “Moro” e della dolce Desdemona: rispettivamente Jonas Kaufmann e Maria Agresta, diretti musicalmente da Michele Mariotti. A dirigere il tutto il napoletanissimo Mario Martone, che ha “svecchiato” Verdi, comunque «sempre vivo e attuale nel suo impegno. In lui scorre sangue civile e la sua intensità teatrale e musicale non è arte da “imbalsamare”», come ha dichiarato il regista napoletano. Che porta l’“Otello” in Medio Oriente in piena epoca contemporanea, e quindi di conflitto e dolore. Dove Otello e Desdemona sono non solo due soldati, ma «innanzitutto un uomo e una donna», contemporanei. Lui solo, lei forte, anche se il finale rimane sempre quello: il femminicidio. Desdemona, vittima di suo marito Otello, accusata ingiustamente di essere stata infedele. Accusa frutto di un piano congegnato da Jago che fa credere che il fazzoletto delle nozze perso da Desdemona venga ritrovato nell’abitazione di Cassio. Desdemona, che muore per mano di Otello, è simbolo della donna vittima non solo della gelosia ingiustificata del marito ma anche del maschilismo di Otello che non le dà credito e crede più a Iago che alla propria moglie. Ma Desdemona, in questo allestimento, è anche icona di un comportamento simile, quello delle donne che cercano sempre e comunque di giustificare i comportamenti violenti del proprio marito, vittime di una sindrome di Stoccolma che le porterà al tragico epilogo. Dal punto di vista interpretativo questo titolo attira, per motivi non del tutto comprensibili, attese più accese ed inquiete rispetto alla maggior parte delle altre creazioni verdiane, in particolare per una presunta quasi impossibilità di reperire un protagonista adeguato. Vero è che la scrittura del personaggio eponimo ha caratteristiche peculiari, ma si tratta pur sempre di un ruolo tenorile, per quanto molto arduo, non ineseguibile, a meno di non esigere un esecutore che assommi in sé il metallo di Lauri Volpi, la monumentalità di Del Monaco, la drammaticità di Vickers e la morbidezza di Domingo. È, invece, ragionevole che, pur entro certi steccati, a Napoli il grande Kaufmann ha cantato nel ruolo principale uscendone vittoriosamente, come era prevedibile conoscendo la sua professionalità, la solidità dei mezzi e la sicurezza con cui abitualmente li usa. Kaufmann nel pieno controllo della sua efficienza artistica e vocale mostra un Otello a tratti commovente ma anche tormentato da agitate intenzioni espressive. Perfetto sul piano attoriale, commuove con la sua bellissima voce suadente a tal punto che gli si può perdonare qualche piccola smagliatura. Ma la nuova continuità drammatica impressa nell’opera dal maestro di Busseto, con la sua avanzata “mélodie déclamée selon les exigences de la situation” - secondo le felici intuizioni di Maurel - è stata appannaggio di uno straordinario Igor Golovatenko che, nella parte di Jago devoto al male, si è inserito perfettamente nella trama severa dello spettacolo, distinguendosi per granitica compattezza espositiva e per profondità di scavo. Efficace, incisiva, bellissima è stata la grande Maria Agresta nella parte di Desdemona, scolpita più che da tratti mielosi e remissivi, consoni alla dama veneziana cinquecentesca abitatrice del palazzetto Contarini-Fasan, da temperamento animoso: ha intrecciato un duetto d’amore mozzafiato nel finale del primo atto, oltre a una raffinata, nostalgica e meditata “Canzone del salce” e a una accorata e poetica “Ave Maria”. “Il tempo che passa ci rivela che nessun progresso ferma la spinta brutale di troppi uomini nell’aggredire le donne che dicono di amare fino ad ammazzarle”. E questo è un tema, e che tema, dell’“Otello” di Verdi. «Per provare a farlo risaltare il più possibile ho spostato l’azione nella contemporaneità - afferma nelle note Martone - Desdemona, viene rappresentata come una soldatessa valorosa e amata. Dunque anche lei è odiata da Jago, e vista immediatamente attraverso lo sguardo che fa di una donna libera “una vil cortigiana”. È uno sguardo maschile che finisce per venire condiviso da Otello». Questo moderno sguardo porta la rappresentazione dell’opera fuori dagli schemi di tradizione, è molto dinamica e significativa, a tratti sembra di assistere ad un moderno film d’animazione, arricchita dai costumi e dagli effetti luminosi, soprattutto nel primo atto, il risultato è innovativo, piacevole e coerente. L’articolata e stupenda direzione di Martone, ha così impresso un sigillo stilistico espressivo a tutta l’esecuzione, cavando uno smalto particolare dall’animo di ciascun interprete. Complici dell’ottimo risultato le scene di Margherita Palli, i costumi di Ortensia De Francesco, il disegno luci di Pasquale Mari. Dal punto di vista musicale Mariotti dirige con l’esperienza del grande navigatore operistico, con un senso del fraseggio totale e con una carica drammatica continua. Magnifico, come sempre, il coro del San Carlo affidato alle cure preziose di José Luis Basso. Un “Otello”, quello concertato da Martone, che giunge ai nostri occhi straordinariamente attuale. Non per qualche scontata patina d’attualità, ma per la profonda cognizione del dolore che permea il dramma; non per volontà di aggiornare, ma per autentica urgenza artistica di vivere il capolavoro nella sua sostanza eterna capace di parlare a noi nel 2021 come a chi ci ha preceduto. Non esiste, insomma, un “Otello” necessariamente migliore o più giusto di un altro, esistono Otelli più o meno coerenti, sentiti, motivati, capaci di parlare di Shakespeare Verdi e Boito come del pubblico a cui si rivolgono. Questo non è un “Otello” irruente, impetuoso, non ci sono fuoco e nervi a fior di pelle, non c’è nemmeno un vero trionfo eroico a fare da contrasto alla catastrofe tragica. Lo percorre, viceversa, un senso crepuscolare, di sconfitta, di dolore. San Carlo gremito. Durante gli intervalli il mormorio di felicità per aver tutto per se, il presidente Mattarella, gli sguardi di tutti rivolti al Palco Reale. Durante la messa in scena pubblico silenzioso e concentrato; “Otello” non è opera che si presta ad applausi a scena aperta. Al termine, vivo successo.

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