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19 Luglio 2022 - 18:50
Gianni Conte (nella foto), voce storica dell’Orchestra Italiana, riparte da N.O.I. La Nuova Orchestra Italiana; dopo l’annuncio del ritiro dalle attività live di Renzo Arbore i quattordici artisti cominciano un nuovo corso ed una tournée. In Campania l’appuntamento è per il 22 a Paestum, presso il Parco Archeologico.
Gianni Conte, un nuovo inizio per voi ma sulla scia delle esperienze personali e collettive passate. Che brani avete scelto per il tour?
«In questa fase iniziale, per non discostarci troppo dal nostro passato, abbiamo deciso di proporre i nostri arrangiamenti più noti che, nei 30 anni di storia de L’Orchestra Italiana di Renzo Arbore, hanno caratterizzato il nostro sound. Dagli arrangiamenti più celebri come quelli di “Luna Rossa”, “’O Sarracino”, “Maruzzella”, “Guaglione”, “Voce ‘e notte”, “Dicitencello Vuje”, “Comme facette mammeta” e “Aummo aummo”, brani che non eseguivamo live da tanto tempo come “’O paese d’ ‘o sole”, “Torna a Surriento”, “Ll’arte d’ ‘o sole” o “Era de’ maggio”, passando per nostre composizioni celebri come “Cocorito” o “’A ‘nzalata ‘e mare” del nostro compianto Benjamino Esposito. Sicuramente nel futuro, quando ci saremo consolidati, ci sarà spazio per nuove esecuzioni».
Come vi dividete i compiti all’interno dell’orchestra ora che Renzo Arbore non c’è? Esiste un “portavoce”?
«Renzo ha sempre amato definirci “all star”, per questo motivo abbiamo deciso di strutturare lo spettacolo facendo primeggiare ogni singolo componente. Dopo tanti anni passati insieme, in giro per il mondo, la nostra unione e la nostra amicizia è consolidata. Tutte le decisioni vengono discusse e prese insieme, come una grande famiglia».
Come ci si sente ad essere i portavoce nel mondo della musica napoletana?
«Sicuramente è un grande onore. Siamo quasi tutti napoletani, ed è chiaro che suoniamo queste splendide canzoni con un certo trasporto. Vedere il pubblico, soprattutto all’estero, ballare e cantare insieme a noi è qualcosa di indescrivibile. In Cina le persone saltavano e ballavano sulle poltrone, stesso entusiasmo in Russia, in Giappone, in Canada, a New York, a Miami, o in Sud America. Il nostro cammino è stato sicuramente benedetto da San Gennaro e la potenza della canzone napoletana è insindacabile».
Ci racconta un episodio divertente accaduto durante i tanti concerti?
«In 30 anni ne sono capitate davvero tante, ma vorrei parlare di questo, avvenuto in Sardegna però. Dovevamo suonare nella villa di un oligarca russo, un concerto per pochi intimi. Renzo decise di affidarmi “Oci ciornie”, canzone russa molto celebre, così da omaggiare i padroni di casa. C’è una credenza secondo la quale alcune canzoni portino sfortuna; questa, si dice, sia una di quelle. Ebbene, inizio a cantare il brano, dopo poco, alle mie spalle, il bassista Massimo Cecchetti cade all’indietro, con tutto il basso, continuando a suonare. Successivamente, al batterista Roberto Ciscognetti cadde un piatto dalla batteria e, per prenderlo, si tagliò. Mariano Caiano dovette scendere dal palco perché non riusciva a smettere di ridere, Renzo non si accorse di nulla e il caro Gennaro Petrone, continuava a ripetere: “ve lo avevo detto”, con fare tutto indignato. In tutto questo, io continuavo a cantare, ignaro di ciò che stava succedendo, ma con una sensazione di ironia mista a panico a seguito dei rumori che sentivo alle mie spalle. Ancora oggi, a distanza di anni, ridiamo tutti di quell’episodio».
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