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25 Novembre 2022 - 17:42
Affresco corale appassionato e appassionante, “Carosello napoletano” rappresenta ancora oggi un fulgido esempio di musical all’italiana. Film-rivista permeato di una napoletanità che va oltre il semplice stereotipo, cerca in ogni inquadratura di restituire la complessità del tessuto culturale e psicologico partenopeo. La pellicola venne realizzata da Ettore Giannini nel 1953 e le riprese, iniziate nel giugno di quell’anno, durarono diversi mesi. Fu una produzione molto impegnativa per l’epoca; le complesse coreografie furono curate da Leonid Massine, ballerino di origine russa che rese incantevole e leggiadra la maschera di Pulcinella. Film non solo impegnativo ma anche costoso: il preventivo di spesa fu di ben 420 milioni di lire a cui andavano aggiunti altri 20 milioni riservati esclusivamente alle spese sostenute per la realizzazione a colori del film. “Carosello napoletano” fu, infatti, una delle prime produzioni italiane a presentare il colore. Un colore sgargiante, dallo stile tipicamente attrazionale, esplicito riferimento all’iconografia ottocentesca napoletana. La genesi del film affonda le sue radici nell’universo teatrale, essendo la pellicola la trasposizione cinematografica (o, come ebbe a dire un critico del tempo, reinvenzione) dell’omonima commedia musicale realizzata dallo stesso Giannini nel 1950. L’opera teatrale ebbe un successo straordinario, sia in Italia che all’estero. La lirica e il balletto, la rivista e la prosa, la farsa e il dramma trovarono nel testo teatrale un’integrazione perfetta. Giannini decise dunque di fare continuare a vivere la sua produzione in un altro contesto artistico e, con il supporto di Giuseppe Marotta e Remigio Del Grosso, elaborò la sceneggiatura del film. La pellicola procede per ampi quadri corali, caratterizzati prevalentemente da canti e balli ed è forse in questo aspetto che si può ravvisare un limite del film: la mancanza, in sostanza, di una robusta linea narrativa articolata in frammenti di storie appena accennate. La messa in scena, fantasiosa e a tratti eccentrica, risente fortemente delle sue origini teatrali e il finale del film, con l’immagine classica del panorama di Napoli che scompare dietro un tendone teatrale tirato da due Pulcinella, sintetizza e sottolinea il viscerale legame che lega la città partenopea al mondo del teatro. Le strade di Napoli sono un eterno palcoscenico e in ogni napoletano risiede un potenziale artista. “Carosello napoletano” mette in rassegna la storia della città a partire dalle piratesche incursioni saracene arrivando al dopoguerra “con un gioco di specchi tra le varie epoche che mette a confronto psicologie e classi sociali” (Il Mereghetti). In questo viaggio musicale fa da Cicerone il cantastorie Salvatore Esposito (interpretato da un magistrale Paolo Stoppa) che gira per le strade di Napoli e per i sentieri del tempo seguito da una moglie perennemente insoddisfatta e da una prole numerosa. Personaggio camaleontico, il cantastorie è il filo rosso che unisce la complessa rete di vicende che si sviluppano sotto gli occhi di uno spettatore costantemente sollecitato dalle storie narrate, rese emotivamente coinvolgenti da inquadrature dall’evidente stile barocco. Il film di Giannini è insomma una festa per gli occhi e per il cuore, una ventata di freschezza in uno scenario cinematografico musicale che proponeva troppo spesso melodrammi risibili (e, quasi sempre, di matrice napoletana). Spettacolo magico, rese il nome di Ettore Giannini famoso in Italia e soprattutto all’estero in particolar modo in Francia. Difatti, proprio grazie a “Carosello napoletano” che resterà il suo successo più grande, Giannini vinse il premio internazionale al Festival di Cannes del 1954. Escludendo questa felice parentesi, la carriera del regista nato a Napoli nel 1912 è stata sempre vissuta molto in ombra: sceneggiatore di numerose pellicole, fra cui “Processo alla città” di Luigi Zampa ispirato alla vicenda del processo Cuocolo, fu anche direttore di doppiaggio. “Carosello napoletano” resta una produzione unica non solo nella filmografia (e teatrografia) di Giannini ma anche nel genere musicale italiano: hollywoodiano nella forma ma italiano nei contenuti, questo film a distanza di quasi settant’anni conserva intatto il suo smalto, in cui la massima eduardiana “Napule è ‘nu teatro antico” trova la sua espressione più sfolgorante.
Roberta Verde
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