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27 Dicembre 2022 - 09:56
Per secoli, Napoli è stata una grande capitale europea, fucina inesauribile di talenti in campo letterario, musicale, teatrale e filosofico; soprattutto luogo di aggregazione e partecipazione popolare. In quest’ultimo senso si può cogliere il valore e l’importanza della funzione del comico e della comicità nella città partenopea tra metà e fine Ottocento. Napoli, a quel tempo, era piena di interpreti della maschera di Pulcinella e dovunque, in Italia o all’estero, arrivasse un napoletano, lì arrivava questo personaggio: Antonio Petito ne fu il più grande interprete. Attore nato esattamente duecento anni fa, debuttò al Teatro San Carlino nel 1852. Fu presentato al pubblico dal padre, Salvatore Petito, che gli affidò la sua maschera di Pulcinella come a voler consacrare una successione rituale. Nonostante avesse studiato poco e niente, si rivelò un autore attento ai problemi sociali e politici del momento e contribuì alla stesura di molti copioni che avevano per protagonista la maschera napoletana. Con le sue creazioni, riuscì a esprimere il proprio pensiero, le proprie idee, dando voce anche al popolo napoletano. Fu un artista eclettico che si fece notare per la grande attenzione ai fenomeni sociali e di costume, e soprattutto per il grande realismo comico. Infatti, l’intreccio delle sue commedie era ricavato dalla cronaca quotidiana locale da cui Petito riusciva a trarre una comicità chiassosa e irriverente – servendosi sempre della maschera di Pulcinella – che divertiva molto il pubblico. Per quanto oggi poco ricordato, Antonio Petito fu l’inventore dell’iconografia del costume di Pulcinella così come lo conosciamo ora. Infatti, la maschera, creata da Silvio Fiorillo nel tardo Cinquecento, fu tratteggiata inizialmente con un camiciotto e calzoni bianchi da facchino; ma Petito aggiunse al costume bianco il maglione rosso che si intravedeva dal collo ai polsi. Inoltre, vi sovrappose elementi di abbigliamento militare o borghese (redingote, parrucca, cilindro ecc.), al fine di adeguare il generico costume ai diversi personaggi. Così Pulcinella, lazzarone ed eversivo, venne trasformato in ruoli ben definiti, in riflessi di realtà. Antonio Petito, con la sua interpretazione, cambiò radicalmente la natura di questa maschera: il servo di Acerra diventò un personaggio profondamente umano, più comico che ridicolo, e non si esprimeva in un dialetto incomprensibile e maccheronico, ma con espressioni quasi borghesi e con parole francesi e italiane. Pulcinella crebbe così di importanza, conquistando di diritto un posto nella storia del teatro e divenendo una maschera universale.
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