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Romano e il romanzo sull’ottimismo

Romano e il romanzo sull’ottimismo

Luciano Romano, napoletano con natali flegrei, ha da sempre la passione per la scrittura. Alla libreria Raffaello ha presentato il suo secondo romanzo, “La folle corsa della felicità”, edito da Rogiosi, nel quale Luca, il protagonista, in occasione del ritorno nella sua città in seguito alla morte del padre, si ritrova a fare i conti con se stesso. Inizierà un percorso di oscura sofferenza che lo porterà al ricovero in una clinica psichiatrica. Dovrà superare molte prove ma il finale è all’insegna dell’ottimismo e non mancano, in questa avventura, i colpi di scena.

Mi parla di com’è nata la passione per la scrittura?

«Pur essendomi laureato in Economia e commercio, e avendo fatto una vita lontana dalle lettere, sono sempre stato appassionato della lettura e della scrittura. Da ragazzo scrivevo piccoli racconti che tenevo per me o davo a degli amici. Sicuramente sono legato anche ai classici del novecento, come Pasolini, o Moravia, e soprattutto Pirandello».

Di cosa tratta “La folle corsa della felicità”?

«Rispetto al primo romanzo, questo ha un taglio diverso: Il tema principale è il disagio psicologico. È un tema che sento molto. Chi vive questi problemi non viene trattato come un malato ma quasi come un disadattato, spesso anche allontanato perché è una persona che crea problemi, e che si ritrova perciò in solitudine. La nostra è una società consumistica che non vuole problemi».

C’è un’esperienza personale alla base?

«Non nasce da esperienza diretta, anche se è scritto in prima persona e ci sono naturalmente le mie emozioni. Scrivere mi fa anche questo effetto: fantasticare e spostarmi in un mondo parallelo, una vita che non è la mia ma che avrebbe potuto esserlo se avesse inciso su una retta parallela che non è quella della mia vita. Questo libro mi sta particolarmente a cuore, è quasi come se facessi un discorso empatico con il lettore, anche se è un monologo interno».

Quali particolarità ha questo romanzo?

«Ho voluto dare un taglio narrativo che, a di là del tema principale, renda il romanzo anche una bella storia di avventura, con una trama avvincente di per sé. Ci sono anche una serie di colpi di scena, senza arrivare allo psico thriller americano. Ci sono due chiavi di lettura, una più profonda, una più leggera. Sta al lettore voler approfondire. Mi piace raccontare delle belle storie, sono amante anche del cinema che riesce a raccontare in un altro modo. Credo che il romanzo si adatterebbe anche alla riduzione cinematografica o video di una miniserie. Altra particolarità: piccoli riferimenti a Pirandello, un tributo che volevo fare. Ad esempio, il protagonista del romanzo sta leggendo “Uno nessuno e centomila”: prende il libro, lo legge, lo posa, lo nomina».

Il finale?

«Un sorprendente colpo di scena che sta piacendo molto e che svela il perché del titolo. Il percorso oscuro del protagonista, la discesa quasi agli inferi ha un finale positivo, sono un ottimista. Rileggendolo lo trasformerei forse cento volte, ma questo è uno dei difetti degli autori. A un certo punto bisogna lasciarlo andare per la sua strada. Per il momento, con le presentazioni, lo sto accompagnando».

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