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Cinema
08 Novembre 2024 - 09:34
Sofia Loren
«Non voglio pensare all'eredità. Voglio pensare al mio prossimo film. Penserò all'eredità quando andrò in pensione e spero di non andare mai in pensione». Sophia Loren, 90 anni compiuti lo scorso 20 settembre, non ha intenzione di rallentare il ritmo. Lo confessa l'attrice premio Oscar in un'intervista a Deadline in occasione della retrospettiva "Sophia Loren: La Diva di Napoli", in programma all'Academy Museum of Motion Pictures di Los Angeles dal 7 al 30 novembre, organizzata in collaborazione con Cinecittà.
Dopo quasi 75 anni di carriera come una delle ultime star rimaste dell'età dell'oro di Hollywood, Loren racconta che quando si tratta di reinventarsi e di longevità della carriera il suo «segreto è non avere mai un piano B», e l'eredità è l'ultima cosa a cui pensare.
«Così, quando ti trovi di fronte a un ostacolo che trovi insormontabile, non finisci per prendere la via d'uscita più facile», spiega Loren. «Si fa un respiro profondo, si va avanti e si trova la soluzione giusta al problema, perché non si ha altra scelta che andare avanti. Nessun piano B, solo un piano A». Dopo aver recentemente recitato nel film candidato all'Oscar 2020 "La vita davanti a sè", scritto e diretto dal figlio Edoardo Ponti, Sophia guarda al futuro della sua carriera.
Più di 60 anni dopo aver saltato la cerimonia degli Oscar del 1962, dove fu premiata per la prima volta come migliore attrice per "La ciociara" di Vittorio De Sica, la diva sottolinea che «davvero non avevo mai pensato di vincere». Ed invece è diventata la prima interprete a vincere un Oscar per un ruolo non in lingua inglese. Anche se non era presente alla serata di gala a Los Angeles, essendo rimasta a Roma, Cary Grant le disse che aveva vinto in una telefonata che «ha cambiato la mia vita».
Ricevere l'Oscar onorario nel 1991 è stato «meraviglioso e inaspettato», racconta Sophia Loren. «Ciò che l'ha reso ancora più indimenticabile è che ho potuto condividere il momento con i tre uomini della mia vita: mio marito e i miei due figli. Abbiamo fatto il viaggio a Los Angeles tutti insieme e abbiamo festeggiato insieme. È stato un vero momento da favola per la nostra famiglia».
Quanto ai suoi ricordi preferiti degli Oscar nel corso degli anni, «quello che mi viene in mente è quando ho consegnato l'Oscar a Roberto Benigni per “La vita è bella". Non c'è niente di meglio che condividere la gioia di una persona che ami e ammiri così tanto».
Dei primi anni alla Paramount e del lancio della sua carriera a Hollywood, ha dichiarato nell'intervista a Deadline: «Non dimenticherò mai di aver guardato fuori dal finestrino mentre atterravo a Los Angeles per la prima volta e di essere rimasta confusa da ciò che vedevo. Venendo da Pozzuoli mi immaginavo Hollywood come una versione di Oz, una città fiabesca piena di fantasia e di colori, ma quello che vedevo erano campi di aranci e deserto. Mi ci è voluto un po' per riconciliare la Hollywood dei miei sogni con la sua città, ma non appena ho incontrato gli attori e i registi che tanto ammiravo, ho ritrovato la Hollywood dei miei sogni, perché quel sogno viveva nel grande talento e nel cuore di tutti quei meravigliosi artisti».
Alla domanda «Com'è stato essere un sex symbol in tempi così conservatori a Hollywood?», Loren ha risposto: «Francamente essere un sex symbol non mi ha mai definito, sono quello che sono. Non sono ingenua, sono consapevole del fatto che alcune persone reagiscono a me in questo modo, ma non ci ho mai pensato molto. Quello a cui ho pensato molto è sempre stato essere fedele al mio mestiere e far parte di storie che possono commuovere e ispirare le persone, e in questo senso Hollywood è sempre stata una grande fonte di ispirazione per me».
Interpretare "La ciociara", spiega la grande attrice, è stato «un punto di svolta nella mia carriera, non c'è dubbio, perchè si trattava di dimostrare a me stessa che potevo essere il tipo di attrice a cui avevo sempre aspirato. Un'attrice in grado di immergersi in un personaggio nel modo più autentico e reale possibile e, allo stesso tempo, di esprimere una verità emotiva universale. Quel film mi ha mostrato che le mie emozioni, se autentiche e sentite, potevano fare il giro del mondo».
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