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Rocco Hunt riporta il napoletano al Festival di Sanremo

Per la sua terza partecipazione il rapper firma un brano autobiografico che mescola italiano e lingua partenopea

Rocco Hunt

Rocco Hunt

NAPOLI. Manca una settimana all'attesissimo inizio del Festival di Sanremo 2025 e come da tradizione sul nuovo numero di Tv Sorrisi e Canzoni sono stati pubblicati i testi dei 29 brani che dal l’11 febbraio si sfideranno sul palco dell’Ariston.

Come sempre nelle canzoni l’amore domina ma non mancano però diversioni sul tema: dalla paternità di Brunori, alla lotta contro la depressione di Fedez, fino a una riflessione sull'ossessione dei social nel pezzo dei Coma Cose.

Per la sua terza partecipazione a Sanremo, Rocco Hunt firma un brano autobiografico che mescola italiano e napoletano: «La mia canzone si intitola “Mille vote ancora”, senza la elle, non è un errore, è proprio lingua napoletana. E parla dell’effetto che una persona prova per la propria terra, sono sicuro che possa rispecchiare tante altre persone e non vedo l’ora di cantarla sul palco del Festival di Sanremo. Se dovessi pensare ad una sola immagine per definire la mia canzone, sicuramente direi: un quartiere qualunque o un bambino che sogna» spiega così il suo pezzo il rapper salernitano che nel serata dei duetti con Clementino omaggerà l’immenso Pino Daniele cantando “Yes, I Know My Way”.

Rocco Hunt porta quindi avanti una tradizione di valorizzazione del napoletano, un elemento distintivo e potente della sua musica che lo aveva già visto trionfare nel 2014 con il primo posto nella categoria Giovani di "Nu juorno buono", canzone che parla di Sud e di speranza.

A un anno da “I p’me, tu p’te”, straordinario secondo posto di Geolier, Il ritmo e la musicalità della lingua partenopea tornano protagonista sul palco dell’Ariston.

Con sei partecipazioni tutte in dialetto, il record del napoletano a Sanremo spetta a Nino D’Angelo: Vai (1986), "Senza giacca e cravatta" (1999), "Marì" (2002), 'A storia 'e nisciuno"(2003), Jammo Ja (con Maria Nazionale nel 2010) e Un’altra luce (con Livio Cori nel 2019).

Come dimenticare il nono posto di Peppino di Capri, che nel 1985 interpretò E mò e mò che tutti conosciamo come Nina Ninetta.

E ancora nel 1989  con due esordienti di spessore: Il babà è una cosa seria della Laurito e Na canzuncella doce doce di Carosone.

Saranno Gigi Finizio e I ragazzi di Scampia a portare nel 2006 il napoletano all’Ariston con Musica e Speranza, testo scritto da Mogol e Gigi D’Alessio.

Sono davvero tanti gli artisti che nelle settantacinque edizioni del Festival di Sanremo hanno scelto di cantare in napoletano, un dialetto ricco di espressioni, melodie e sentimenti che grazie alla sua musicalità naturale si presta perfettamente anche solo a strofe di pezzi come per Alberi, bellissimo pezzo di Ornella Vanoni e Enzo Gragnaniello o per  Sentimento, la canzone con la quale gli Avion Travel vinsero il Festival nel 2000

L'inclusione del Napoletano e del dialetto in generale al Festival di Sanremo non è solo una questione di musica, ma anche un messaggio d’identità.

Un modo per rappresentare la celebrazione delle radici, per affermare l'importanza delle tradizioni locali in un panorama globale.

Si sa, il Festival di Sanremo unisce l’Italia e lo fa attraverso il linguaggio universale della musica e parafrasando Edoardo Bennato (che tra l’altro non è mai stato in gara all’Ariston) non “Sono solo canzonette”.

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