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Napoli, analisi di un disastro iniziato nel 2018

Napoli, analisi di un disastro iniziato nel 2018

Disastrosi, tutti. Non c'è altro agettivo per descrivere il Napoli di ieri sera. Disastrosa la squadra, non pervenuta in campo e probabilmente con la testa già sotto l'ombrellone. Disastroso Gattuso, reo di aver preparato pessimamente la partita che valeva un'intera stagione, gestendo ancora peggio la stessa in corso d'opera. Disastrosa la società che era e resta vergognosamente in silenzio stampa nonostante la stagione sia finita clamorosamente nel peggiore dei modi. Disastroso ADL, il patron azzurro che è da un po' ormai assente ingiustificato e che continua a non proferir parola, contribuendo all'accrescersi del malumore della piazza. Al termine della partita di ieri sera infatti, il numero uno della società partenopea trova solo il tempo per liquidare Gattuso attraverso un post banale e fuori luogo pubblicato attraverso i profili social del club. Ed è così che il Napoli oggi si sveglia fuori dalla Champions League per il secondo anno consecutivo, senza un allenatore, senza uno sponsor tecnico e soprattutto senza concrete prospettive. In ottica futura le certezze infatti sono ben poche, le incognite invece innumerevoli. I rapporti con "Ringhio Star" e con la Kappa sono ufficialmente terminati. Le voci sul futuro allenatore e sul prossimo sponsor tecnico si susseguono ormai da mesi, ma non hanno trovato fin qui alcuna conferma o smentita ufficiale. Anche in questo caso il frustrante e fastidioso silenzio della società non fa altro che compromettere ulteriormente la situazione, favorendo il caos mediatico e destabilizzando dunque l'ambiente. I nodi da sciogliere inoltre non riguardano solo panchina e sponsor. I contratti di Hysaj e Maksimovic scadono a giugno e il loro futuro sembra ogni giorno più lontano da Napoli. Difficile anche la permanenza di Bakayoko, voluto fortemente da Gattuso, che non sarà riscattato e farà ritorno al Chelsea. C'è poi da discutere per quanto riguarda i contratti di Insigne, Mertens, Ospina e Ghoulam in scadenza nel 2022. Vi sono infine le sirene di mercato che vorrebbero alcuni big in partenza, su tutti Koulibaly e Fabian Ruiz. In effetti la mancata partecipazione alla prossima edizione della "coppa dalle grandi orecchie" incide negativamente anche sulle strategie di mercato della società: in primo luogo il club dovrà rinunciare alla cascata di milioni che sarebbe arrivata in caso di qualificazione in Champions, in secondo luogo sarà difficile trattenere i top, ma sarà altrettanto difficile attirarne di nuovi. È arrivato forse il momento per il Napoli di fare i conti con la realtà. Tre anni fa la cavalcata degli uomini di Sarri, culminata con il record di 91 punti, aveva rappresentato la fine di un bellissimo ciclo che avrebbe certamente meritato di chiudersi in maniera decisamente migliore. L'errore è stato proprio quello di non accettare la fine del ciclo e anzi di volerlo portare avanti all'esasperazione. Nel 2013 il Napoli di Mazzarri e Cavani terminò al secondo posto in classifica, sfiorando lo scudetto. In quel caso De Laurentiis seppe leggere bene la situazione: quella squadra aveva dato tutto andando ben oltre le proprie potenzialità, per continuare ad alti livelli era dunque necessario chiudere quel ciclo ed aprirne un altro. In estate infatti lasciarono Napoli sia il tecnico toscano che il Matador e la società azzurra avviò una vera e propria rivoluzione, affidando a Benitez un nuovo progetto tecnico, rivoluzionando la rosa e sancendo così un importante salto di qualità per il club. Nel 2018 è mancato proprio questo. È mancata la lucidità, l'obiettività, l'onestà intellettuale. Si è preferito consegnare ad Ancelotti praticamente la stessa squadra che con Sarri aveva dato tutto. Una squadra che era appena andata vicinissima ad un traguardo storico, subendo nel finale una clamorosa e traumatica beffa, e che appariva dunque inevitabilmente scarica sia fisicamente che mentalmente ma soprattutto in termini di motivazioni. D'altronde fu proprio Carletto, una volta arrivato all'ombra del Vesuvio, a dire che sarebbe stato molto difficile bissare la stagione precedente. Le sue parole in effetti furono profetiche. Il Napoli infatti termina la stagione 2018-2019 al secondo posto con 79 punti (dodici in meno rispetto all'anno precedente, ndr) senza riuscirsi mai ad inserire seriamente nella lotta scudetto (tricolore vinto dalla Juventus con ben undici punti di vantaggio, ndr). In Champions gli azzurri escono a testa alta dal girone con PSG e Liverpool (che vincerà poi la competizione, ndr) e sono dunque "retrocessi" in Europa League, dove vengono eliminati ai quarti di finale dall'Arsenal. Si chiude così il primo anno del Napoli di Ancelotti, al termine di un buon seppur non esaltante cammino. La stagione 2019-2020 sembra invece partire alla grande, con un buon inizio in campionato ed uno strepitoso approccio alla Champions condito dalla vittoria interna sui campioni in carica del Liverpool. Purtroppo è solo un'illusione. Di lì a poco infatti andrà tutto male. La squadra a partire dal mese di ottobre entra in una situazione di grave difficoltà. Gli azzurri non riescono più a macinare gioco e risultati e nel giro di poche settimane precipitano in classifica, chiamandosi fuori dalla lotta scudetto e allontanandosi inevitabilmente anche dalla "zona Europa". Gli scontri interni tra società e squadra portano poi all'ormai famoso ammutinamento, culminato a dicembre con l'esonero di Ancelotti, che comunque saluta Napoli con la vittoria per 4-0 sul Genk nell'ultima giornata del girone di Champions che permette ai partenopei di staccare il pass per gli ottavi di finale della competizione. L'11 dicembre viene ufficializzato Gattuso sulla panchina azzurra. Grazie al lavoro del nuovo tecnico la squadra riesce a risolevvarsi, concludendo dignitosamente il campionato al settimo posto, conquistando la Coppa Italia e aggiudicandosi dunque la partecipazione all'Europa League. La Champions invece, causa Covid, riprende ad agosto e i partenopei vengono eliminati agli ottavi dal Barcellona di Messi. Non è grave comunque, anzi sia la società che la tifoseria pensano già al futuro, un futuro che è dietro le porte. Infatti meno di un mese dopo comincia la stagione 2020-2021, con il Napoli che parte con grandi ambizioni dopo aver speso ben 80 milioni di Euro per acquistare l'attaccante del Lille, Victor Osimhen (acquisto più costoso nella storia del club, ndr). Anche questa volta però le cose non andranno come previsto. Il Napoli infatti parte forte ma nel giro di poco tempo il Covid e gli infortuni decimano la rosa azzurra. Gattuso è costretto ad affrontare praticamente metà della stagione con mezza squadra ferma ai box. È così che i partenopei iniziano a vedere gli spettri dell'anno precedente. Prestazioni altalenanti, poche e confuse idee di gioco e risultati negativi portano la compagine napoletana a precipitare in classifica, facendosi fuori dalla lotta scudetto e allontanandosi in generale dalle prime posizioni. Tra febbraio e marzo vi è però la rinascita che torna a riaccendere gli entusiasmi. Gattuso recupera la maggior parte degli uomini a disposizione e la giostra torna a girare. Nel girone di ritorno il Napoli conquista ben 45 punti, arrivando all'ultimo appuntamento stagionale al quarto posto in classifica a quota 76. Al Maradona gli azzurri ospitano il Verona, già salvo e quindi senza particolari motivazioni, in occasione della trentottesima ed ultima giornata di campionato. In caso di vittoria i partenopei sarebbero ufficialmente qualificati per la prossima edizione della Champions. D'altronde dopo il trionfo di Firenze della  settimana precedente, sulla carta il match con gli scaligeri appare quasi come una formalità. I tifosi infatti sono già accalcati all'esterno dello stadio per salutare squadra ed allenatore e per festeggiare insieme l'atteso ritorno in Champions League dopo un anno di assenza. Ci sarà però ben poco da festeggiare. Gli azzurri sembrano fin da subito irriconoscibili e sono autori infatti di una delle peggiori prestazioni della stagione, non andando oltre l'1-1 contro la formazione veneta (costretta tra l'altro a causa delle numerose assenze a schierare in campo anche alcuni giovani della Primavera, ndr). Al triplice fischio finale dell'arbitro Chiffi, su Fuorigrotta cala il gelo. Quanto successo ha dell'incredibile e del clamoroso. Il Napoli è fuori dalla Champions per il secondo anno consecutivo e questa volta non c'è neppure la consolazione della Coppa Italia. Il Napoli è fuori dalla Champions e lo è per demeriti propri, per essere venuto meno nella partita più importante dell'anno. Il Napoli vanifica nel giro di novanta minuti tutti gli sforzi e quanto di buono fatto fino a quel momento. Il Napoli perde la Champions e la perde in maniera eclatante e vergognosa, per di più tra le mura amiche, nello stadio che porta il nome del più grande di tutti, di chi per la maglia azzurra ha dato anima e cuore. Al termine della partita la rabbia, la frustrazione, il malcontento e la delusione dei tifosi all'esterno dello stadio si traducono in un silenzio e in un' indifferenza più taglienti di qualsiasi gesto o parola. Il rapporto tra tifoseria e società è ai minimi storici. Le critiche sui social non risparmiano nessuno ed alzano il velo su una questione decisamente sottovalutata: i tifosi azzurri appaiono ormai praticamente rassegnati, stanchi della squadra, stanchi soprattutto della società, stanchi anche di "farsi il sangue amaro" come si dice in gergo napoletano. Non è un caso infatti se nella scorsa stagione (l'ultima a porte aperte al pubblico, ndr) si sia registrato il record negativo di presenze allo stadio, in una città che ama follemente il calcio e in un impianto sportivo che vantava 60.000 spettatori perfino nei tempi bui della Serie C. Pubblico imborghesito dunque? No, pubblico avvilito casomai. Quel che è certo è che per la terza volta nel giro di tre anni il giocattolo si è rotto. I cocci sono di nuovo a terra ma questa volta non è pensabile poterlo aggiustare. Questa volta qualcuno è chiamato ad assumersi finalmente le proprie responsabilità. Questa volta occorre provvedere a quello che andava fatto già tre anni fa: rifondare. Occorre voltare pagina al più presto, aprire un nuovo ciclo partendo dalla scelta dell'allenatore, a cui andrà affidato un progetto tecnico serio e duraturo, e rivoluzionando la rosa. Se ci sono elementi che sentono di aver dato tutto e che non hanno più motivazioni per restare a Napoli è giusto salutarli perché trattenerli controvoglia non avrebbe nessun senso (come insegna il caso Allan, ndr). Se ci sono elementi non all'altezza (basti pensare alla questione terzini che prosegue ormai da anni, ndr) è giusto rimpiazzarli. All'ombra del Vesuvio deve rimanere solo chi se la sente, solo chi crede ancora fermamente nel progetto Napoli. Il nuovo mister dovrà ripartire da loro, dai pilastri, ed attorno a loro andrà costruita la nuova squadra, calibrando bene cessioni ed acquisti. D'altronde nel 2013 andò proprio così e la rivoluzione seppe dare i suoi frutti. Come già detto, è controproducente proseguire con questa agonia, cercando di portare avanti all'esasperazione un ciclo terminato ormai da ben tre anni. Si intervenga ora, dunque, prima che sia effettivamente troppo tardi. Si intervenga ora perché questa città e questa tifoseria meritano di essere degnamente rappresentate. Si intervenga ora perché non è ammissibile lo scempio a cui si è stati costretti ad assistere nel corso degli ultimi tre anni. Chissà che possa essere anche l'occasione per la società di sviluppare e dimostrare mentalità, maturità e serietà nella gestione di un club di vertice, ma questa è una storia diversa.

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