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l'intervista
22 Febbraio 2025 - 18:32
Sonny Colbrelli
NAPOLI. Una vita da romanzo, scandita dal ritmo folle di pedalate che non hanno mai risparmiato i sussulti del cuore. Sonny Colbrelli non è solo l’ultimo italiano ad aver vinto la Parigi-Roubaix, ma anche l’ultimo corridore ad esserci riuscito alla prima partecipazione. La corsa non è un traguardo, quello è solo il finale. E chi si è avventurato anche solo per una volta tra le insidie dell’Inferno del Nord lo sa meglio di chiunque altro. In quel velodromo di Roubaix nel 2021 Sonny scrisse la pagina più bella e incredibile della sua prima vita, quella sudata, faticata, incrostata di fango. Vincente davanti a fenomeni assoluti come Van Der Poel e Van Aert. L’anno successivo tuttavia quella corsa che rende leggende l’avrebbe seguita dal divano di casa, con uno stimolatore cardiaco nel petto dopo che i medici gli avevano salvato la vita qualche settimana prima. Scherzo di un cuore grande così che gli ha regalato il fango più bello prima di buttarlo nella polvere di uno spavento per cui naturalmente si è sentito privilegiato. Oggi Sonny Colbrelli segue dall’ammiraglia i ragazzi che aprono l’aria su biciclette leggere e taglienti come lame. E a metà aprile la Roubaix tornerà con tutto il suo fascino, dopo i quasi 48 km orari di media con i quali l’olandese volante Van Der Poel ha trionfato lo scorso anno. Difficile trovare qualcuno che non abbia visto il video di Tadej Pogacar sul pavé di Arenberg. Le immagini dello sloveno nell’iconica foresta hanno fatto il giro del mondo, e in tanti si sono chiesti se il campione abbia deciso di cambiare i piani e assaggiare già quest’anno l’Inferno del Nord.
La Foresta di Arenberg d’altronde fin dai suoi esordi datati 1968 è considerata lo spartiacque della corsa: uscire da questo tratto nelle prime posizioni significa disputare con ogni probabilità una buona Roubaix.
Al netto degli imprevisti e delle energie rimaste lungo gli ultimi due settori a cinque stelle, difficoltà massima, piazzati nel finale: Mons-en-Pévèle e Carrefour de l'Arbre.
«Non è ancora detto che Pogacar vi partecipi, per quanto stia provando alcuni dei tratti caratteristici del percorso. – ci dice Colbrelli – Ad ogni modo non ci sono corse impossibili per lo sloveno. Lo ha già abbondantemente dimostrato, si tratti di salite, pianura, fughe da lontano o perfino tentativi di anticipare le volate di gruppi più o meno ristretti. Pogacar può vincere dappertutto, anche la Roubaix al primo tentativo. Ha inoltre fatto già vedere come sia in super condizione, alla stregua di tutta la sua squadra. Vincono anche dove non c’è Pogacar, anzi non si accontentano di vincere ma spesso dominano facendo primo e secondo. La UAE Team Emirates è una corazzata al servizio del corridore più forte in circolazione».
Intanto al Giro d’Italia mancherà proprio il duello più avvincente nelle corse a tappe, il testa a testa tra Pogacar e Vingegaard. Il 15 maggio tutti gli occhi saranno puntati sull’arrivo di Napoli.
«Quel lungomare è un inno alla gioia. Ricordo bene l’entusiasmo e la passione della gente. Napoli di solito la si associa al tifo stupendo per la squadra di calcio ma anche nel ciclismo è così. Si respira il calore e i ciclisti lo avvertono forte. Non si può dire che vale una classica ma è uno tra i traguardi più prestigiosi. E ti assicuro che tantissimi corridori già ora lo hanno messo nel mirino con un bel circoletto rosso».
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