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l'analisi

Un trionfo azzurro inaspettato e meritato

Conte ha fatto la differenza nella lotta a due contro l’Inter di Inzaghi

Lukaku e Anguissa ribaltano il Parma: subito in gol il nuovo bomber

Muso a muso, di corto muso (dodici partite vinte dal Napoli per un soffio), gomito a gomito, andando, rallentando, tornando ad andare, un campionato a bassa velocità, Conte contro Simone Inzaghi, Napoli e Inter, mentre si dileguano le altre squadre ambiziose, lo scudetto 2025 è l’apoteosi del lavoro, del sacrificio, dell’umiltà del Napoli, della “mano” di Conte che rianima una squadra di dieci ex campioni d’Italia e lancia dieci acquisti trascinando tutti nella mission impossibile di vincere oltre i propri limiti, la stanchezza, lo stress, ma è anche lo scudetto (il secondo!) di Aurelio De Laurentiis che, dopo i disastri dell’anno prima, ingaggia Conte e, defilandosi, gli lascia tutta la scena con grande sacrificio egocentrico e per il bene dell’anima sua. Fanfare mediatiche avevano apparecchiato un altro torneo.

Inter strafavorita potendo contare su due squadre, ma nessuno ricorda che è un’Inter vecchia, la più vecchia squadra del campionato, e gli anni pesano e se, poi, vuoi batterti su tre fronti le energie illanguidiscono e gli infortuni sono dietro l’angolo. Il Milan di Leao in prima fila, molti campioni, ma squadra intermittente, imprese solitarie, cadute banali, due allenatori, uno va, uno viene e niente cambia, la squadra molla la scena. L’Atalanta viene avvicinata allo scudetto, era ora, è la formazione furente di Gasperini che trancia gli avversari sta per riuscirci, ma si pianta su tre sconfitte consecutive (Inter, Fiorentina, Lazio) e retrocede a damigella d’onore.

La Juventus di Thiago Motta con Giuntoli che spende e spande, 234 milioni messi sul calciomercato, viene indicata d’obbligo per lo scudetto, oltretutto con Thiago sarà un Juve spettacolare, il nuovo corso di grande bellezza, ma dovrà soccorrerla il massiccio Igor Tudor per salvare la faccia e la qualificazione alla prossima Champions. Riverenze anche al Bologna passato da Thiago Motta a Italiano per un nuovo campionato brillante. E il Napoli? Dopo il flop e il decimo posto dell’anno prima con i Dendoncker, Natan, Cajuste, Lindstrom, Cheddira, Hamed Traoré, vene considerato da pochi osservatori, ma i più attenti e scaltri sottolineano attenzione, c’è Antonio Conte in panchina, Conte fa la differenza, Conte gioca per vincere, Conte non si accontenterà di conquistare un posto Champions. E Conte, con un formidabile girone d’andata, 44 punti, due più dell’Atalanta, tre più dell’Inter, tiene la squadra pronta, dobbiamo dare fastidio, se vogliamo possiamo, pronta per andare oltre.

Con l’Inter chiude alla pari i due confronti diretti cancellando sul campo la reclamizzata superiorità milanese. Mette in fila le otto squadre dell’alta classifica, nei confronti diretti si prende 30 punti, l’Inter 21. La svolta a Bergamo schiacciando 3-2 l’Atalanta che all’andata aveva maramaldeggiato al Maradona (30), ma Conte aveva previsto: “Oggi loro sono stati più forti, ma vedremo al ritorno chi è più forte”. Bergamo è un ping-pong di gol. Retegui 16’, Politano 27’, McTominay 40’, Lookman 55’, Lukaku 78’. Il vecchio, caro, pesante Romelu Lukaku, paziente, mai un gesto di stizza o di scontento, sostituito talvolta, non una protesta, pochi gol perché la carriera è tanta, 674 partite giocando in otto squadre, cominciando giovanissimo all’Anderlecht nel 2008, e gli anni sono 31 con un fisico appesantito, ma sono pesanti tre gol che segna per il Napoli, valgono 9 punti, decidendo le partite con la Roma (1-0), con l’Atalanta (3-2), con la Juventus (21 su rigore). E non vuoi dirgli grazie?

Il Napoli di Conte, nel girone di andata, infila una serie di nove risultati utili (8 vittorie, un pareggio). Meglio nel ritorno, che pure è poco brillante, dodici risultati positivi di fila (7 vittorie, 5 pareggi). Si può dire che il Napoli sia stata la squadra più regolare del campionato con due sole vere cadute, al Maradona con la Lazio (0-1) e a Como (1-2), e sei inconsulti pareggi (a Roma 1-1, con l’Udinese 1-1 e a Roma con la Lazio 2-2 facendosi sempre rimontare, a Venezia 0-0, col Genoa 2-2 ancora rimontato e a Parma 0-0). La “botta” per altra doppietta). Sono le vittorie che proiettano il Napoli in testa alla classifica, da -3 sull’Inter a +3. McTominay è il giocatore più decisivo della serie A.

Sostiene la corsa finale dello scudetto Giacomino Raspadori che a Lecce decide la partita (1-0) con un calcio di punizione in combutta con McTominay. Era stato decisivo anche contro il Venezia (1-0). L’Inter si fa distrarre dalle partite col Milan. Subisce il clima del derby. Perde all’andata 1-2, pareggia al ritorno 1-1. Si fa rimontare a Genova 2-2 (95’ Messias), dalla Juventus (da 4-2 a 4-4), dal Bologna (da 2-1 a 22), a Parma (da 2-0 a 2-2), dalla Lazio 2-2 (Pedro rigore al 90’). L’Inter, che aveva vinto il campionato scorso con 19 punti di vantaggio sul Milan, perde il passo dello scudetto. Eliminata anche in Coppa Italia (dal Milan, la sua bestia più nera che rossa), l’Inter fila in finale di Champions sbarazzandosi del Bayern Monaco e facendo fuori il Barcellona in due rocambolesche partite (3-3 in Spagna, 4-3 a San Siro).

L’Europa le sorride, l’Italia la boccia. Il Napoli è andato oltre i suoi limiti e le sue possibilità. Martellando i giocatori in allenamento, trasmettendogli l’ossessione della vittoria, Conte ha fatto centro, unico allenatore a vincere con quattro squadre diverse (Juventus, Chelsea, Inter, Napoli), finendo sfinito più dei giocatori dopo una stagione tirata al massimo. Tra i protagonisti Meret, poco considerato dalla piazza napoletana, ma decisivo in dieci partite e parando un rigore a Gimenez. Grande stagione di Rrahmani, leader della difesa, dopo essere stato il paggio di Koulibaly e Kim. Incredibile, da applausi, l’impegno costante di Politano, il giocatore che non si ferma mai, bersagliere inesauribile della fascia destra, attaccante e difensore, la maglia più sudata della squadra.

Per Di Lorenzo e Lobotka non è stata la migliore stagione, ma hanno dato il loro contributo con l’impegno che non è mai mancato. Anguissa ha accusato la fatica in qualche partita, ma è stato presenza importante. McTominay, che a Napoli ha scoperto i pomodori (“In Scozia sono acqua rossa”), è stato grande, grandissimo alla prima stagione azzurra, decisivo, inserendosi nella realtà napoletana, prendendosi il nome di McFratm da Mazzocchi e imparando ogni giorno una parola del dialetto. Neres doveva essere il ballerino di prima fila, al posto di Kvratskhelia, si è fermato a qualche corsa veloce e a un paio di colpi di tacco, frenato dagli infortuni. Il “vecchio” Lukaku ha fatto il suo nelle condizioni d’età e di peso, ma ha messo tre zampate sullo scudetto. Raspadori un bijou, talento puro, spesso sacrificato alla tattica. Non è generoso fare una graduatoria di merito. Tutti gli azzurri hanno dato tutto e di più. Un applauso ai campioni d’Italia 2025.

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