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Addio a Giovanni Galeone, l’ex allenatore è morto a 84 anni

Napoletano di nascita, uomo di calcio per vocazione e filosofo per inclinazione

Morto Giovanni Galeone, addio all'ex allenatore del Napoli

Giovanni Galeone

Se n’è andato a 84 anni Giovanni Galeone, napoletano di nascita, uomo di calcio per vocazione e filosofo per inclinazione. È morto a Udine, città che lo ha adottato, dopo una lunga malattia affrontata con la stessa eleganza con cui dirigeva la sua squadra dal campo: mai una smorfia, sempre un sorriso.

Figlio di un ingegnere e di una madre amante dei libri, portava dentro di sé la doppia anima di Napoli e Trieste, dove era cresciuto. «Giocavamo scalzi, come gli scugnizzi», raccontava. In quelle strade imparò la libertà che avrebbe poi portato in panchina: un calcio fantasioso, olandese per vocazione offensiva e croato per passione creativa.

La sua carriera da allenatore fu un viaggio tra Napoli, Udine, Pescara, Perugia. Mai le luci abbaglianti di San Siro, ma tanta sostanza. Galeone predicava un calcio colto e leggero, ispirato a Liedholm e Cruijff, dove l’estetica contava quanto il risultato. A Pescara lo ricordano per lo champagne dopo gli allenamenti e le pizzette condivise con i giocatori. «Non era trasgressione – diceva – era solo il piacere di stare insieme».

Nel suo calcio c’era filosofia e ironia, Sartre e Almodóvar: «Costa molto essere autentici, ma io ci sono riuscito», amava ripetere. Scoprì un giovanissimo Gennaro Gattuso e valorizzò talenti come Gasperini, Allegri, Leo Junior e Sliskovic. E poi le chiacchierate con Capello, con Pasolini, gli incontri con Riva a Grado, dove si parlava di pallone e di vita.

A Napoli lo ricordano come uno spirito libero, di quella razza partenopea che non ha bisogno di applausi per sentirsi compiuta. Aveva dentro la leggerezza del mare e la profondità della cultura. Se oggi il calcio italiano parla di gioco e pensiero, lo deve anche a lui, all’allenatore-filosofo che sognava di cambiare il calcio senza mai tradire se stesso. Ora, come avrebbe detto lui, «è solo passato nella stanza accanto».

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