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La giornata
03 Novembre 2025 - 11:17
Milinkovic Savic
La classifica la fanno i portieri. Sabato Milinkovic Savic incantando Morata. Domenica Maignan beffando Dybala. Il Napoli regna solo. Inter, Milan e Roma al seguito. Bologna e Juve completano la Zona Europa. Un turno interessante. Con un evento triste, l’addio di Giovanni Galeone.
“Sapeva organizzare gli incontri. Sempre un vino e racconti con le bollicine. Per andarsene ha scelto Milan-Roma dei suoi ragazzi. Gran signore”. Un compagno d’avventure mi ricorda commosso Giovanni Galeone e una sera a Parigi, Mondiali del ‘98, quando onorò una cena con racconti illuminanti, profumati di scandalo, una di quelle generose lezioni che ti porti dentro tutta la vita. Lo hanno pianto - prima della partita, ma non finisce lì - Allegri e Gasperini, due dei suoi ragazzi, forse i più bravi.
Per loro un maestro. Per me un oracolo: le sue parole aprivano orizzonti. Milan e Roma lo hanno onorato. Per le grandi cerimonie San Siro è la cattedrale del calcio. Quando l’avranno sventrato se ne sentirà la mancanza. Il Milan sembrava quello delle grandi occasioni. Allegri lo ha prima ristrutturato poi gli ha restituito un po’ di gloria del passato. La squadra é bella, distinguo l’operaio specializzato Saelemaekers, il Maestro Modric e il divo Leao. Che quando vuole è Ronaldinho. Bum.
La Roma gioca...alla romana, esibisce una classica difesa a testuggine che impedisce al portoghese un meritato poker. Gasperini sta con le grandi perché ha fatto un gran lavoro, alla Roma, costruendo con tanto lavoro una squadra onesta che ha risposto generosamente al suo appello e tuttavia non è all’altezza del Milan, salvo i discontinui passi di Dybala. Nella ripresa Gasperini ha mobilitato un’opposizione dura ai volantes rossoneri e ha difeso lo 0-1 fino a quando una geniale controffensiva gli ha procurato il rigore. Sprecato.
Un amico fiorentino non si trattiene: “Povero Pioli. Davvero sfortunato. Con la sua Firenze ha chiuso”. Pioli io lo conoscevo bene, da giocatore a allenatore, è passato anche nel mio Bologna. A Milano, durante il Covid, mi ha conquistato quando ai valori tecnici ha sovrapposto i valori umani. E ha vinto creando un esempio. Un grande. Non so se a Firenze ha avuto tanta sfortuna - che nel calcio esiste solo quando colpisce la squadra del cuore - ma la Fiorentina disperata sul fondo non la ricordo e ci avrà messo qualcosa anche lui.
E il Lecce ha scoperto come colpirlo e affondarlo... Apprezzo Commisso che l’ha tenuto oltre i banali limiti di sopportazione, se ne libera come la Juve ha messo alla porta Tudor con una classifica ben diversa. A proposito, all’amico fiorentino ho contestato quel “poverino”. Per colpa di Spalletti son tornato all’antico, quando mi scandalizzavo per gli ingaggi esagerati, fin vergognosi, offerti agli allenatori.
Ho sentito dire in radio e tv che Spalletti è un grande perché un vip come lui ha generosamente accettato un contratto di otto mesi (con clausola Champions) invece di pretendere un biennale; e si è accontentato di tre milioni. Accontentato! Gli auguro buon lavoro, ma non mi basta l’accenno al verbo vincente di Boniperti: se è davvero un grande deve vincere lo scudetto. Così si fa un tatuaggio anche sull’altro braccio. Un perfetto italiano.
Dice un collega di Napoli che Antonio Conte non ha più la cazzimma di una volta. E sono passati pochi mesi dallo scudetto più bello. Molti opinionisti quando raccontano gioie e dolori della squadra su piazza commettono un grave errore: ignorano l’avversario. E rivelano immaturità critica.
Il Como poteva vincere non perché Conte sia in crisi ma perché Fabregas ha creato una squadra fortemente competitiva, e non dico della solita sorpresa provinciale. In quest’ambito riconosco valore alla Cremonese - che meritava almeno un pari con la Juve - e al Verona che prova sempre ad esser fatale: battendolo, l’Inter ha dimostrato di essere la più credibile candidata allo scudetto.
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