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ciclismo
24 Novembre 2025 - 19:11
Peppe Di Sciorio
SAN TAMMMARO. A San Tammaro, piccolo centro alle porte di Caserta dove il ciclismo non è solo sport ma linguaggio quotidiano, esiste un luogo che sembra ignorare il tempo.
Una bottega discreta, quasi antica, impregnata dell’odore del ferro, del grasso e delle storie di strada. È lì che Giuseppe Di Sciorio — per tutti soltanto Peppe — passa le sue giornate, rimettendo in ordine biciclette e, senza volerlo, anche i pensieri di chi gli affida i propri mezzi a due ruote.
Chi entra nella sua officina lo capisce subito: Peppe non è un semplice meccanico. È un gentiluomo di altri tempi, di un’educazione rara, quasi aristocratica nella sua naturale sobrietà.
E soprattutto: è stato corridore vero, purosangue autentico, uno che la strada l’ha ascoltata e l’ha saputa dominare.
Le origini: un sogno nato nella terra dura dei Mazzoni
Peppe nasce nel 1959 a Santa Maria la Fossa, in quella terra dei Mazzoni dove la vita è pane duro e la fatica un’eredità che si tramanda. Famiglia contadina, anni di emigrazione, un Sud che stringe i denti.
Eppure, proprio lì, tra campi e polvere, un ragazzino comincia a inseguire un sogno: volare via in sella a una bici.
La sua carriera parte nel 1973, tra gli esordienti della Bianchi-Campagnolo. La prima vittoria arriva a San Pietro a Patierno, e da lì, come spesso accade ai talenti veri, il cammino si allarga da solo.
L’ascesa di un talento: vittorie, maglie e strade conquistate
Negli juniores e poi nei dilettanti, Peppe è un corridore completo, elegante e feroce allo stesso tempo.
Con la Motobecane De Rosa colleziona successi, poi con l’Autotrasportatori Napoli e soprattutto con l’Europlastica Assicurazioni Zurigo arrivano gli anni d’oro.
Sono anni di gare dure, di fughe, di pioggia battente, di arrivi segnati da un filo d’erba che graffia la ruota. Ma soprattutto sono anni di vittorie:
il Trofeo Leoni,
il Gran Premio Comunità di Capodarco,
il Trofeo Banca Popolare di Spoleto,
il Trofeo GIBAM,
la Coppa Città di Tolentino,
il Gran Premio San Pancrazio,
il Trofeo Città di Bevagna…
E poi il capolavoro: Capodarco 1980, la corsa che vale un mondiale per la categoria.
Peppe vince mettendosi alle spalle Valerio Piva, che diventerà professionista e dirigente di caratura internazionale. Una vittoria che basterebbe, da sola, a spiegare tutto.
L’azzurro, il mondo, il vento lontano
Nel 1981 arriva anche la convocazione in Nazionale per la Vuelta al Táchira in Venezuela, una corsa durissima tra Ande e strade di polvere. Poi l’esperienza in Australia, la Brisbane to Sydney Cycling Classic, dove vince una tappa e lascia il segno della sua classe.
Partecipa a quattro Giri d’Italia dilettanti, conquista un secondo posto di tappa nel 1982, si misura nel Giro della Campania, nella Liberazione romana, nelle strade dell’ex Jugoslavia.
Indossa sei maglie di campione regionale della Campania e una maglia marchigiana nel 1981.
Le sue vittorie da dilettante sono trentasei, e ogni vittoria racconta la stessa cosa: Peppe c’era. Eccome se c’era.
La corsa più bella: San Tammaro in delirio
Tra le tante giornate di gloria, una resta nel cuore come un’incisione: il trionfo a San Tammaro con la maglia dell’Aglietti Prefabbricati.
Un percorso duro, la salita di Castel Morrone a fare selezione. Peppe scatta lì, dove si sente davvero se stesso.
Va via.
Va via da solo.
E davanti a migliaia di persone in delirio arriva al traguardo con oltre cinque minuti di vantaggio, dominando una corsa che diventa subito leggenda locale.
Sul podio salgono anche i suoi compagni Comodi e Massini: un trionfo perfetto.
Il rimpianto che non ha rimpianti
Nel 1982, dopo un quinto posto al Piccolo Giro dell’Emilia, Primo Franchini della Alfa Lum lo vuole tra i professionisti. Sembra fatta. La porta è lì, spalancata.
Ma il destino, come spesso accade nello sport, cambia direzione in un istante.
Quando qualcuno gli ricorda che non aver corso tra i prof è stato un delitto sportivo, Peppe sorride appena e dice:
«Vuol dire che non lo meritavo».
Ed è in quella frase che si racchiude l’uomo: un’umiltà sconfinata, la misura dei grandi, la serenità di chi ha dato tutto senza chiedere nulla.
L’uomo di oggi: un artigiano dell’anima delle biciclette
Oggi Peppe Di Sciorio non ha bisogno di raccontare le sue imprese.
Non tappezza muri con foto o maglie.
Non vive di ricordi, ma dei piccoli gesti quotidiani: una ruota centrata alla perfezione, un freno che torna a respirare, un filo tirato nel silenzio della bottega.
Chiunque entri da lui lo capisce: quella non è solo una bottega. È un tempio discreto della dignità, della dedizione, dell’amore per un mestiere che è identico alla sua vita: fatto di fatica, eleganza, precisione e umiltà.
Peppe è stato un corridore vero.
Oggi è molto di più:
è il custode silenzioso di una cultura della bicicletta che resiste, pulsa, vive.
E a San Tammaro, tra un ingranaggio che gira e un raggio che vibra, c’è ancora chi giura di sentirlo:
il battito lontano di un campione che, anche senza la maglia dei pro’, non ha mai smesso di correre.

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