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il patròn azzurro
12 Settembre 2024 - 13:14
Aurelio De Laurentiis e Nicola Arnone
NAPOLI. «Dicono che sono impazzito per aver speso più di 150 milioni di euro. In verità anche l'anno scorso ho speso. Certo abbiamo sbagliato tutti gli acquisti. Questo investimento andava fatto per rivoluzionare tutti portando uno degli allenatori più forti al mondo. Dicevano che il Napoli era una squadra di passaggio ed invece tanti calciatori forti vogliono vestire la maglia azzurra», l'ha detto Aurelio De Laurentiis parlando dei venti anni della sua gestione del Napoli a margine della presentazione della nuova partnership con acqua Sorgesana. «Con Arnone abbiamo dei punti di contatto, perché siamo due imprenditori che hanno puntato sulla famiglia. Non credo che i fondi siano il salvataggio delle imprese. Un imprenditore deve sempre dare un guizzo e un’impronta personale. Io ho sempre diviso gli imprenditori e i prenditori. Questo è un paese che ha abbandonato l’idea di impresa in favore della presa. Io credo che questo non riguardi né il sottoscritto né Nicola Arnone».
Per i suoi venti anni di presidenza, De Laurentiis è chiaro: «Se sono realmente soddisfatto? Io faccio un bilancio ultra positivo. L’Italia è un paese difficile. Mi avevano descritto Napoli come una situazione ingovernabile. Credo di aver dimostrato che a Napoli si può e si deve lavorare. Vengo da un mondo in cui bisogna trasformare beni immateriali, le idee, industrializzandoli. Questo diventa una palestra di grandissimo allenamento. Quando andai da Franco Carraro al secondo anno di C gli dissi cosa per me non funzionava. Lui mi guardò negli occhi e mi disse: “Lo dice lei?”. E io risposi: “Perché non si può parlare?”. Poi scoppiò Calciopoli. Noi siamo passati in un contesto di imprenditori che sono più prenditori. Dove il vecchio non è mai stato surclassato dal nuovo. Veltroni nel 1996 aveva cambiato le regole del gioco, cambiando le società in Spa. Se ne sono buggerati tutti quanti. Le federazioni e le leghe. Per questo il calcio ha sempre accumulato debiti su debiti. Non ho mai fatto una lira prima e un euro dopo di debiti. Questo è stato il mio mantra e il mio dilktat. Cosa che sono riuscito a portare anche nel calcio. Purtroppo nessuno vuole andare in parti diversi. I proprietari dei club, tranne alcuni casi particolari, non partecipano. I fondi sono un disastro, questo è un altro tema».
E ancora: «Si è sempre detto che il Napoli è un club di passaggio. Falso, perché il Napoli oggi è anche un punto di arrivo. Campioni affermati vogliono venire a giocare nel Napoli. Uno dei migliori allenatori ha voluto fortemente venire qui. In un mercato in cui si spende meno, il Napoli ha fatto spese superiori a molti altri club. Dopo lo scudetto è vero che abbiamo sbagliato tutti gli acquisti, ma abbiamo comunque speso. 150 milioni sono la base di un cambiamento totale. Ripartire da zero significa rifondare, e rifondare significa anche investire. Questo grazie a un modello di sostenibilità e di pianificazione. Il Napoli oggi è l’ultimo baluardo di un calcio diventato finanza e interesse nei fondi. Un prodotto venduto con interessi diversi da quelli originali. Il calcio oggi non rispetta la competizione. Noi abbiamo vinto lo scudetto restando fedeli ai nostri valori. Siamo l’altra faccia della medaglia e così vogliamo restare. Il primo pilastro è il rinascimento napoletano. Oggi Napoli è a livello globale, dimostrando che qui si può lavorare con successo. Enfatizziamo la bellezza della società e del suo glamour. Grazie all’autoproduzione Napoli è diventato un fashion brand. Terzo pilastro: i diritti di immagine. Il Napoli detiene il 100% dei diritti dei suoi giocatori. Ora inizia la seconda fase, ossia spostare il focus verso i riferimenti che consacrino definitivamente l’azienda Napoli. Il calcio Napoli deve proseguire verso la sua indipendenza. Da tre anni il Napoli è strutturato come i club europei, diviso in parte sportiva e parte imprenditoriale».
De Laurentiis spiega che «Siamo concentrati su due progetti, il primo è una casa unica per prima squadra e settore giovanile. Il nuovo centro sportivo permetterà un investimento importante anche per il settore giovanile. Il secondo progetto è la riqualificazione totale dello stadio Maradona e delle aree circostanti. L’obiettivo non è solo lasciare una struttura all’avanguardia ai napoletani, ma anche di consegnare agli sportivi un’area da vivere tutti i giorni. Stiamo aspettando un segnale dal comune per la vendita dello stadio. Se non fosse possibile opereremo da un’altra parte. Sto lavorando per assicurare un nuovo stadio anche in altre zone. Bisogna dare questo impianto in tempo per gli Europei del 2032. O riqualificare il Maradona o farne un altro. Servono garanzie in breve tempo. Il terzo elemento su cui insistere è il processo di ulteriore internazionalizzazione del club, grazie alla base di potenziali tifosi molto alta. Stiamo per lanciare alcuni progetti chiavi per connettere la nostra fan base globale. Nel breve avremo il nostro centenario, e siamo pronti a stupirvi con effetti speciali. Sono 20 anni ma lo spettacolo è appena cominciato. Da parte mia c’è sempre la volontà di costruire un Napoli vincente, ma senza derogare dai principi di rispetto e integrità. Il nostro più grande orgoglio è stato quello di vincere rispettando le regole e le persone. Venti anni fa dissi di voler rilanciare la città attraverso un calcio libero e sostenibile».
Nicola Arnone, dal canto proprio, non ha dubbi: «Mangiamo lo stesso pane e quindi siamo allineati. Se non ci fosse stata una sintonia non saremmo qui. Il nostro è un carattere difficile? Credo che alla fine prevalga l’intelligenza. Vent’anni di sponsorizzazione? Sono tanti e ci sono molti aneddoti. Quando Cavani segnò al posto di Quagliarella tra i fischi pensai subito: De Laurentiis non è solo bravo, ma è anche fortunato».
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