Accessibilità:
-A A +A
Print Friendly, PDF & Email

Cristo bloccato a Eboli: troppi intoppi nel Cilento

Opinionista: 

Tra le tante notizie riguardanti problematiche e criticità del Sud, in particolare, la Campania, ci ha molto interessato di recente un intervento di Vito Pindozzi, attento operatore della informazione, apparso nella rubrica del Corriere della Sera “Interventi e Repliche”. Che cosa dice per ritenerlo così interessante da maritarsi una pubblicazione bis sul nostro giornale? Dice, o meglio, denuncia con forza e raccapriccio ciò che si verifica allo svincolo di Eboli dell’autostrada del Sole. Più corretto forse dire dell’eclissi di sole, per quei problemi che vengono spesso riportati e riproposti all’attenzione di chi dovrebbe risolverli ma subito dopo oscurati e accantonati per anni, anzi per sempre. L’intervento appena detto ricorda che pochi anni fa, la “tristemente famosa Salerno - Reggio Calabria” pur avendo cambiato una serie di denominazioni da A3 a A2 allo svincolo di Eboli che immette sulla strada Provinciale 30, tutto è rimasto come prima per una permanente quotidiana serie di code e file chilometriche e di ingorghi, dove vige la legge della giungla: del veicolo più grosso che prevale più piccolo in un bestiale imbottigliamento del traffico. Che andrebbe governato con una vigilanza continua e, una volta per sempre, superato con una soluzione definitiva di natura tecnica adeguata. Un biglietto da visita questo intoppo, il più infelice nel ricevere e accogliere centinaia di migliaia anzi milioni di turisti diretti verso località del Cilento, le più belle e incantevoli del nostro Paese, del mondo, per le loro risorse paesistiche, un mare incontaminato e una storia, dove mito e filosofia si intrecciano lungo un itinerario straordinario da Paestum a Palinuro. Biglietto da visita che, nei dettagli, è caratterizzato da attese snervanti spesso sotto il sole da far scemare l’entusiasmo di turisti vacanzieri nell’aver scelto le nostre terre come relax esclusivo. Scenari del genere, spesso di apparente rassegnazione, fanno molto male, sviliscono e mortificano l’impegno di operatori, di tutte le imprese, impegnate in un anno per poi veder compromesso quanto seminato. Ma non c’è solo questo, c’è molto altro da aggiungere sul piano generale. Noi siamo innamorati del Cilento, non da oggi, ci consideriamo figli adottivi, molto affezionati a questi territori. Negli anni Settanta siamo stati tra i pionieri nella promozione di Scario come uno dei luoghi più stupendi del Mezzogiorno. Successivamente per ragioni familiari abbiamo scelto di vivere le estati in un piccolo borgo Perito Belvedere sull’Alento, il fiume mitico di queste terre. Quanto diciamo è frutto di amore, non di pregiudizio, su ciò che si vede a volte in giro e non è troppo edificante. Nonostante il molto fin qui fatto da imprenditori e più di qualche amministratore, in numerosi centri costieri e dell’entroterra, vi è una gestione di una realtà turistica che non può essere più considerata un fenomeno transitorio ma qualcosa di concreto e di grande da seguire con cura e ottimizzato. Manca, per capirci, una “governance” attenta e lungimirante dei luoghi, dove servono scelte coraggiose e le istituzioni ad ogni livello devono decidersi a uscire da angusti e atavici “gusci”: giocare a tutto campo la sfida del futuro, che solo così sarà vincente. Gli afflussi ormai sono tali che non possono essere contenuti con il “fai da te”, un’approssimazione che, in alcuni casi, chiama in causa i comuni, soprattutto i primi cittadini, a dimostrare nel saper guidare questo cammino in modo efficiente e non essere soltanto tronfi portatori di fasce tricolore, di chiacchiere e distintivi. Bisogna osare e sradicare vecchie e logore consuetudini: questo è il momento del Cilento e della sua epocale riscossa.