Cerca

Il Pibe de oro e Pablito le due facce del pallone

Diego Armando Maradona e Paolo Rossi: deceduti quasi alla stessa età (sessant’anni uno, 64 l’altro), e a distanza di 15 giorni tra fine novembre e primo dicembre. Maliziosa, suggestiva idea: che si siano chiamati? Potrebbe essere accaduto perché solo a due campioni è consentito quello che non è è ai comuni mortali? Altra idea più “dubbiosa”: che abbiano giocato insieme la “partita dell’addio”anche se ognuno nel proprio ruolo, visto che un “cambio di nazionalità”, almeno virtuale, lo avevano fatto entrambi: Maradona da argentino a napoletano, Rossi da italiano di Prato ad argentino. Uno “il più grande calciatore di tutti i tempi”, l’altro bomber e “pallone d’oro”. Chi dei due, negli anni a venire, meriterà di avere più gloria? Ai posteri l’ardua sentenza, risolverebbe Manzoni.

*** A CIASCUNO IL SUO. Dai vertici istituzionali il primo messaggio, per ragioni cronologiche, riguarda Maradona la cui scomparsa “viene pianta dal mondo intero”. Da Palazzo Chigi il premier Conte dice che l’argentino, ”con il suo talento insuperabile”, ha scritto “pagine indimenticabili nella storia del calcio”. La conclusione è un accorato “addio eterno campione”. Due settimane dopo tocca a Paolo Rossi. Dal Quirinale il presidente Mattarella fa sapere di “essere dolorosamente colpito dalla prematura scomparsa dell’indimenticabile protagonista dell’Italia campione del mondo nel 1982 (davanti agli occhi ci viene l’incontenibile gioia dell’allora presidente Pertini) sempre seguito con affetto da tutti coloro che amano lo sport”. Due messaggi con una nota che li differenzia: Conte rileva, in Maradona, solo la straordinarietà del campione; Mattarella invece mette in rilievo, in Rossi, anche “la figura dell’uomo”, sottolineandone “il garbo e l’umanità”.

*** GLI STADI E LE CITTA’. Un legame che la storia, dai popoli antichi (coi giochi sacri) alle moderne Olimpiadi (1896), ha consolidato creando un irreversibile rapporto di formativa reciprocità. I Campi hanno assunto valore identitario per i loro territori. Il fascismo Anni Trenta li usò come mezzo per rinvigorire le capacità fisiche e psichiche dei giovani (la virtù della forza muscolare).Da allora di grandi impianti si sono dotate quasi tutte le città. Alcuni sono stati ricordati dopo la morte di Paolo Rossi: quello di Vicenza (1934) intitolato a Romeo Menti deceduto con la squadra granata nella tragedia di Superga; l’Olimpico Grande Torino (1933 col nome di Mussolini e poi di Vittorio Pozzo l’allenatore di due campionati del mondo) che dal 2016 ricorda, col nuovo nome, la tragedia del 1949; il San Siro di Milano (1926) dedicato al vescovo palestinese patrono di Pavia: dal 1980 vi è aggiunto il nome di Giuseppe Meazza. In tutti gli stadi legati alla figura di Paolo Rossi si sono svolte manifestazioni di grande ammirazione e rimpianto, ma senza scene incompatibili con il vero spirito sportivo.

*** NAPOLI CAPITOLO A SE’. Pur dotata di impianti di rilievo, per i loro tempi, dall’Ascarelli all’Arenaccia, al Collana del Vomero (1929), mai era accaduto quello che s’è visto con la morte di Maradona. Quel giorno è sembrato che tutto il mondo fosse precipitato a Fuorigrotta. Un ammassamento senza controlli davanti e intorno al S.Paolo, fiaccolate e fuochi fino a notte, urla più di isterismo che di autentico dolore, invocazioni a squarciagola. Una infatuazione dietro la quale, come un grande schermo, trovavano posto anche pezzi di città che troppe volte si comportano come anti-Stato. Succede sempre se una esagerata esaltazione scade nel fanatismo. Allora uno stadio da “cattedrale laica” può restituire un’immagine non esaltante di una città e di una comunità.

*** GIUSTIFICAZIONI. L’ultimo prodotto editoriale, su Maradona, è il libro “Diego e noi”, iniziativa del “Mattino” il cui direttore Federico Monga sottolinea, del campione, ”il legame con Napoli, la città che lo ha accolto,protetto,nascosto,adorato,amato,osa nnato,idolatrato,perdonato,sof focato”.In una analisi stimolante, Ruggero Cappuccio sostiene che “i napoletani volevano l’incarnazione del loro demone del sogno”. E’ consentito aggiungere che, assorbito il dolore per la perdita del campione, la città deve essere riportata, ora, sulla dritta via della convivenza operosa per uno sviluppo sociale che, purtroppo, appare sempre meno vicino?

Commenta scrivi/Scopri i commenti

Condividi le tue opinioni su Il Roma

Caratteri rimanenti: 400

Logo Federazione Italiana Liberi Editori