Il Sud, nuovo motore per la ripresa del Paese
Sono a dir poco catastrofiche le previsioni di Svimez per il 2021: le conseguenze del Covid avranno una disastrosa ricaduta sul Pil e ciò comporterà, come primo effetto, l’aumento della forbice nel divario tra Nord e Sud. Potrebbe così confermarsi e anzi aggravarsi l’effetto della pandemia su quasi tutti i comparti non soltanto economici. Si pensi innanzitutto agli interventi necessari a far ripartire la scuola, ma anche alla riduzione del reddito pro-capite, della spesa per le famiglie e, in generale, degli investimenti produttivi destinati al Mezzogiorno. E non si tratta solo della solita giaculatoria delle regioni più fragili del Sud meno ricche e meno dotate di complessi industriali, ma di un divario che tocca anche alcune regioni del Nord rispetto alla Lombardia, come il Piemonte, il Friuli e la Liguria. Il rapporto coordinato dal direttore Luca Bianchi mi sembra realistico e comunque imprescindibile se si vuole realisticamente affrontare la crisi: “Creare le condizioni anche per restituire alle regioni del Centro in difficoltà i tassi di crescita conosciuti in passato, liberare le regioni più fragili del Sud dal loro isolamento che le mette al riparo delle turbolenze ma le esclude dalle ripartenze, ricompattare il Nord e il resto del Paese intorno alle sue tre regioni guida, sono tutte premesse indispensabili per far crescere insieme l’economia nazionale”. Svimez - com’è giusto che sia viste le sue funzioni e le sue periodiche analisi – invita il governo ad affrontare con decisione e immediatezza la perequazione delle risorse da destinare al Sud, da calcolare non più sulla spesa storica, ma muovendo da una necessaria distribuzione di finanziamenti che faccia delle regioni meridionali il “nuovo motore della ripresa del Paese”. Ma se le previsioni elencate del documento Svimez saranno confermate resterà il divario tra una crescita del Pil 2021 del 2,3% delle regioni del Sud a fronte di quella delle regioni del Nord valutata al 5,4%. Lo stesso vale per la spesa delle famiglie: 2,7% contro il 5% del Centro-Nord. Il medesimo divario si registra nella crescita del reddito: 3,2% contro il 6,4%. Infine – ed è questo forse il tasto più dolente – per gli investimenti nelle imprese, cioè il progetto di una ripartenza che significhi maggiore occupazione, il divario è netto 3,7% contro il 6,5%. Come se non bastasse, a questi dati si aggiungono quelli di un recente studio della Banca d’Italia (condotto da Lucia Rizzica). Esso si basa sui risultati emersi dalle analisi svolte dall’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo (Ocse) che dimostra come al Sud siano stati più forti gli effetti negativi del blocco delle assunzioni, in modo particolare per l’Università che più di ogni altro settore della pubblica amministrazione ha subito le conseguenze negative delle politiche di rigore adottate negli anni pasati. In questo quadro poco consolante spicca il piano di rinascita del servizio sanitario nazionale elaborato dal ministro Speranza che ha individuato i principali settori di intervento e per ognuno di essi i relativi capitoli di spesa – per un totale di 75 miliardi - che saranno più consistenti per le regioni meridionali, così da ridurre finalmente il gap che divide Nord e Sud. Si tratta di una prima indicazione concreta alla quale si spera seguano ulteriori scelte politiche, economiche e sociali che – come ha ammonito Giannola Presidente Svimez – il governo valuterà come suo primario obiettivo per far diventare il Mezzogiorno il nuovo motore per la ripresa del Paese. Per chiudere vorrei condividere le conclusioni di un articolo apparso su “Il Mattino” di Francesco Barbagallo, storico ben noto specialmente per i suoi studi sul Mezzogiorno: “Non è più tempo per le speculazioni del capitale finanziario, per il crescente potere delle piattaforme digitali, per la politica ridotta ad avanspettacolo di guitti. Da questo disastro si esce solo con una nuova politica di serietà costruttiva, che torni ad occuparsi del destino delle masse di persone più deboli e meno protette e offra una prospettiva decente alle nuove generazioni, in questo senso siamo davvero avanti a una occasione storica per riprendere ad andare avanti ed evitare il rischio di affondare sempre più”.