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25 Giugno 2024 - 16:42
Uno scheletro ritrovato negli Scavi di Pompei
L'eruzione del Vesuvio non uccise tutti gli abitanti di Pompei ed Ercolano: lo storico e archeologo americano Steven L. Tuck, professore di studi classici presso l'Università di Miami, stima che almeno 200 persone sarebbero sopravvissute al risveglio apocalittico del vulcano nel golfo di Napoli che nel 79 d.C. distrusse le antiche città romane.
Per sostenere la sua tesi, Tuck ha guardato a ciò che mancava da Pompei e Ercolano seppellite dalla micidiale pioggia di cenere e si è concentrato sui resti dispersi piuttosto che su quelli esistenti, come spiega in un episodio del documentario "Pompeii: The New Dig", realizzato dalla rete americana Pbs, e in un articolo di sintesi scritto per il periodico "The Conversation". In particolare, Tuck ha notato che alcune "casseforti" erano state svuotate, che carri e cavalli erano scomparsi dalle stalle e che i resti delle barche erano svaniti nel nulla.
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Per il professore statunitense, sono proprio questi resti scomparsi a dimostrare che alcuni abitanti riuscirono a lasciare la zona di pericolo prima del disastro vulcanico. Per confermare la sua intuizione storica, Tuck ha lavorato su cognomi unici come Numerius Popidius, Aulus Umbricius e la famiglia Caltilius per vedere se ne fossero rimaste tracce nelle città intorno a Pompei ed Ercolano.
Dopo una lunga indagine durata circa otto anni, è riuscito a trovare prove della sopravvivenza di oltre 200 abitanti in dodici paesi come atterrebbero lapidi e altre tracce di iscrizioni. «Sembra che la maggior parte dei sopravvissuti sia rimasta il più vicino possibile a Pompei. Hanno preferito stabilirsi con altri sopravvissuti e si sono affidati alle reti sociali ed economiche delle loro città originarie per reinsediarsi», scrive Tuck su "The Conversation".
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Secondo il professore dell'Università di Miami, gli imperatori romani, in particolare Tito e poi Domiziano, valutarono la portata del disastro fornendo aiuti economici alla regione campana martoriata. Roma ricostruì le strade e gli acquedotti, nonché i templi e gli anfiteatri delle città che si affacciavano sul Golfo di Napoli. E forse aiutò anche le poche famiglie che riuscirono a lasciare Pompei ed Ercolano in tempo.
«L'esistenza di sopravvissuti è fortemente plausibile perché l'eruzione non fu improvvisa, ma progressiva», sostiene Tuck. Dal cielo iniziarono a cadere lapilli che si depositavano sui tetti delle case ed iniziarono i crolli. In molti casi le persone morirono per il crollo dei soffitti. «Ci fu qualche ora di tempo, pertanto, per mettersi in salvo», conclude Tuck.
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