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La Sorte, «tutto è nato dalla gioia di stare con i compagni»

Cosa significa nascere e vivere in una zona della città considerata a rischio e le scelte che questo comporta

La Sorte, «tutto è nato dalla gioia di stare con i compagni»

Una visita nella chiesa di Sant'Aspreno

NAPOLI. Emanuele Russo, presidente della Cooperativa nonché uno dei dodici membri che nel febbraio 2024 decide di fondare La Sorte, oggi ente territoriale di alcuni dei siti culturali del quartiere, gestiti in collaborazione con l'artista Jago, e socia della Cooperativa la Paranza dalla quale ne eredita il sistema economico.

Cosa significa nascere nella Sanità?

«Nascere e crescere nella Sanità ti dà l’impressione di vivere in una bolla perchè è un quartiere separato da tutto quello che c’è fuori, non perchè siamo isolati geograficamente, ma proprio perchè vivendo qui non si sente l’esigenza di uscire. Talvolta però, nonostante io lo consideri un quartiere con un grande potenziale, si perde quello che avviene fuori oppure arriva sempre in ritardo».

Che prospettive future avevi da bambino? C’era la voglia di evadere o la volontà di partecipare attivamente alla vita sociale del quartiere?

«Io ho sempre voluto stare a Napoli, non ho mai pensato di andarmene. Però la voglia di partecipare attivamente alla vita qui è arrivata dopo, conoscendo le persone della zona e frequentando i loro laboratori si è svegliato in me questo lato sociale che non sapevo di avere. Tutto è nato per la gioia di stare con i miei compagni che pure venivano coinvolti in queste attività: ci facevano pitturare la chiesa, raccogliere le carte dalla strada nelle domeniche mattina, insomma ci facevano prendere cura dei nostri spazi. Tutte queste azioni fatte insieme ai miei amici, gli stessi con i quali uscivo, ha svegliato in me questo sentimento e dunque mi sono detto: "ma se facessi questo nella vita insieme a loro, sarei felice”».

Come sei venuto a conoscenza della Cooperativa La Paranza, la stessa dalla quale poi è partito tutto?

«Noi già ci conoscevamo a prescindere perché abbiamo vissuto gli stessi spazi, con l’unica differenza che loro sono dieci anni più grandi di me. Quindi, le loro attività sociali sostanzialmente erano rivolte a me. Io all’inizio lavoravo nel negozio di mio padre ma cercavo qualcosa di diverso da fare perché lì mi stavo deprimendo. Quindi, venni a sapere che per la prima volta il Servizio Civile Nazionale era accreditato anche per le Catacombe di Napoli, presentai la mia domanda ed entrai nella Paranza».

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Da lì poi tu hai deciso di fondare una nuova cooperativa, La Sorte. Com’è nata l’idea?

«Questo è stato un salto perché diciamo che l’esperienza di Paranza mi ha portato a fare una formazione costante. Io sono entrato facendo il barista al bar delle Catacombe, poi dopo circa tre o quattro mesi che ero lì mi viene chiesto anche di imparare qualcosa in più sulla loro storia. Da lì ho iniziato a fare le visite guidate alle Catacombe di San Gennaro, poi ho imparato San Gaudioso, poi mi hanno chiesto di farle in inglese, poi ho imparato il Miglio Sacro e tutto questo in quattro anni. E quindi sono entrato in questo meccanismo di formazione continua perché ancora adesso sto imparando. Poi ad un certo punto La Paranza stava diventando troppo grande e quando i gruppi si fanno numerosi è sempre difficile riuscire a trasmettere dei valori ma siccome i nostri principi sono proiettati verso l’altro, verso l’amore per il prossimo, è importante garantirlo con un gruppo saldo ed entro un certo limite. Quindi siamo stati spronati anche dalla Paranza che ci ha coinvolti in venti. Di quei venti ne siamo rimasti dodici».

E dunque siete voi dodici a gestire autonomamente le attività de La Sorte, cosa state imparando dal lavoro di squadra?

«Sicuramente ad essere un gruppo, mettere da parte l’orgoglio personale per capire effettivamente qual è il punto di vista dell’altro. Questo è un elemento sul quale io ho lavorato molto per essere il Presidente della Cooperativa e ancora mi impegno per essere un collante piuttosto che un dividendo perché senza questo non ha senso farlo. Nel lavoro poi ci stiamo professionalizzando, ogni giorno viene aggiunto un qualcosa in più. Ad esempio, venerdì abbiamo ospitato 300 persone per la Biennale della Prossimità che in un’ora e mezza sono riuscite a visitare tutti i nostri siti. Da queste cose ci rendiamo conto che il nostro lavoro è stato capito».

Tra voi e Jago è stato amore a prima vista?

«Si, la collaborazione già c’era con La Paranza, La Sorte arriva dopo ma è stato comunque un progetto che lui ha accolto positivamente. Diciamo che ci siamo scelti perché da una parte lui voleva investire su Napoli e comunicare i suoi concetti, mentre dall’altra noi volevamo attrarre persone nel nostro quartiere e abbiamo scelto di farlo abbracciando il suo modo di fare arte che ci ha colpito molto».

E la tua opera di Jago preferita?

«La Venere, la bellezza nella sua decadenza».

©RIPRODUZIONE RISERVATA

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