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Raid al Pendino, c’è una seconda pista: un ragazzino nel mirino

Vicino al luogo del raid vive uno degli indagati per il conflitto a fuoco costato la vita a Tufano

Raid al Pendino, c’è una seconda pista: un ragazzino nel mirino

Emanuele Tufano

NAPOLI. Per gli spari di ieri notte c’è anche un’altra ipotesi, più suggestiva ma meno probabile: i colpi non erano indirizzati al negozio da parrucchiere, ma si trattava di una stesa per intimidire uno dei due minorenni indagati per il conflitto a fuoco costato la vita il mese scorso al 15enne Emanuele Tufano.

Il ragazzo abiterebbe nella zona di Sant’Eligio e in questo caso il pistolero entrato in azione avrebbe sbagliato mira e palazzo, anche se le distanze da un edificio all’altro nelle traverse tra corso Umberto I e piazza Mercato sono ridotte. Inoltre, nelle notti scorse gli abitanti del quartiere hanno riferito di aver sentito forti esplosioni, provocate forse da bombe carta.

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Lo riferisce Gianfranco Wurzburger, figura di riferimento nella zona, presidente dell'associazione “Asso.Gio.Ca” e vice presidente del Forum territoriale Mercato Orefici. «Dopo l’atroce morte di Emanuele e la strage evitata, a seguito del conflitto a fuoco tra bande rivali, ci saremmo aspettati maggiori controlli, più sicurezza e soprattutto più attenzione per il territorio di piazza Mercato. Ma questa mattina (ieri, ndr) proprio nei pressi di piazza Sant’Eligio di fronte alla sede della nostra associazione, verso le 5,30, l’ennesima stesa. Una sequenza di 5-6 colpi d’arma da fuoco probabilmente per intimorire qualcuno e per far sentire la presenza di un’altra banda».

«Vogliamo lanciare ancora una volta un grido d’allarme - continua Wurzburger - rispetto ad una situazione che diventa sempre più preoccupante e pericolosa. È vero che l’amministrazione comunale sta preparando provvedimenti volti ad occupare la piazza con attività commerciali e culturali, ma ci saremmo aspettati una massiccia presenza delle forze dell’ordine. Il clima è incandescente. I genitori dei ragazzi che quotidianamente accompagniamo sono terrorizzati e temono che ci si possa trovare coinvolti in altre sparatorie. Le istituzioni devono fare la loro parte con interventi concreti».

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