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Gennaro Ramondino era nel mirino di due boss

Pusher “ribelle” ammazzato e bruciato a Pianura, il delitto anticipato da alcuni avvertimenti

Gennaro Ramondino era nel mirino di due boss

Nel riquadro il ventenne ucciso Gennaro Ramondino

NAPOLI. Gennaro Ramondino era troppo intraprendente e dava fastidio al “sistema”. Così due boss si sarebbero messi d’accordo per cacciarlo, con le buone o le cattive, da Pianura. Il 20enne sarebbe stato anche avvertito e invitato a cambiare aria, ma avrebbe fatto orecchie da mercante. Così i mandanti dell’omicidio (non ancora identificati) avrebbero incaricato il 16enne del rione Traiano, arrestato e reo confesso, di compiere il delitto.

Aveva un enorme vantaggio: l’amicizia con la vittima fin da bambini. All’appuntamento “Genny” era andato tranquillo cadendo nella trappola. La ricostruzione di alcuni investigatori, frutto probabilmente di notizie confidenziali, necessita di riscontri e perciò le indagini sull’omicidio di Ramondino sono ancora in pieno svolgimento. Finora si trovano in carcere il minorenne, che ha raccontato di aver eseguito l’ordine di un boss, e un maggiorenne che avrebbe aiutato l’assassino a trasportare e occultare il cadavere mentre altre tre persone sarebbero indagate a piede libero per quest’ultimo reato.

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Le indagini condotte dai poliziotti della sezione “Criminalità organizzata” della Squadra mobile della questura di Napoli, coordinate dalla Dda e dalla procura per i minorenni, hanno consentito di individuare il luogo dell’omicidio, un sottoscala in via Comunale Napoli - generalmente utilizzato come piazza di spaccio - e le modalità. Il 16enne nella serata del 31 agosto avrebbe esploso all’indirizzo della vittima alcuni colpi d’arma da fuoco a bruciapelo, uccidendolo sul posto.

Poi, con l’aiuto di altre persone presenti, avrebbe trasportato il cadavere in aperta campagna, dove è stato ritrovato carbonizzato, cercando senza riuscirci di eliminare ogni traccia del delitto nei locali. Il movente starebbe, scrive la procura antimafia, in dissidi relativi alla gestione dell’attività di spaccio di stupefacenti e alla suddivisione dei proventi illeciti. In relazione all’omicidio ma non per concorso nel reato, nelle settimane precedenti è stato sottoposto a fermo del pubblico ministero Antonio Di Napoli per favoreggiamento, occultamento e distruzione del cadavere di Ramondino e delle autovetture utilizzate per lo spostamento del corpo senza vita da via Comunale Napoli alle campagne in contrada Pisani.

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Gli investigatori della Mobile (dirigente Giovanni Leuci, vice questore Giuseppe Sasso) hanno anche trovato la pistola utilizzata per sparare al 20enne, sotterrata nei dintorni. Ovviamente va sottolineato che gli indagati, complessivamente 5 persone, devono essere ritenuti innocenti fino all’eventuale condanna definitiva. Gennaro Ramondino, napoletano di via Consalvo a Fuorigrotta, era desideroso di far carriere nella malavita. Voleva emergere a tutti i costi e aveva amicizie in diversi ambienti di malavita, anche distanti tra loro, come al Vomero tra i Caiazzo e a Torre Annunziata. 

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