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Malanapoli
12 Novembre 2024 - 08:52
La polizia in piazza Sedil Capuano
NAPOLI. Di chi era la pistola da cui è partito il colpo fatale per Arcangelo Correra? Veramente è stata trovata vicino alla ruota di una macchina parcheggiata nella zona dei Tribunali? Oppure la dinamica della tragedia di sabato scorso poco prima dell’alba è ancora parziale? La risposta all’ultima domanda è quella che conta ed è “sì”, tant’è vero che gli investigatori fanno trapelare che stanno ancora lavorando e il caso non è chiuso.
Partendo comunque dalla certezza che si è trattato di incidente ed è esclusa la volontarietà nel gesto di Renato Caiafa quando aveva tra le mani la 9x21. Il colpo è effettivamente partito accidentalmente, ma i minuti precedenti sono ancora oggetto di accertamento da parte dei poliziotti della “Omicidi” della Squadra mobile della questura. Tanto più che a terra c’era un proiettile di diverso calibro, forse frutto di una “stesa” pregressa.
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Assente in piazza Sedil Capuano un sistema di videosorveglianza pubblico, si cercano telecamere private. La convalida del fermo del 19enne si svolgerà alle 10 di oggi. Renato Caiafa (che non è parente di Correra, ma solo amico), assistito dall’esperto penalista Giuseppe De Gregorio, è accusato di porto e detenzione di arma da fuoco e ricettazione mentre è indagato a piede libero per omicidio colposo.
La difesa potrebbe puntare, assodato che non ci sono dubbi che il 19enne l’avesse in mano quando è partito il colpo, a far escludere nei confronti del ragazzo la “titolarità” della pistola. Proprio perché, ragionando da un punto di vista logico, è difficile immaginare che qualcuno possa aver poggiato una calibro 9x21 vicino al pneumatico di una macchina, in bella vista e alla mercé di qualunque ladro o curioso.
Caiafa al momento, per quanto si sa, è l’unico indagato nell’inchiesta coordinata dalla procura ordinaria. Il 17enne che era con lui e con Arcangelo Correra è solo testimone: avrebbe collaborato con gli inquirenti e le sue dichiarazioni coinciderebbero con quelle del 19enne reo confesso. A poca distanza, in quella tragica notte c’erano altri due ragazzi, anch’essi identificati e ascoltati in tempi velocissimi in questura.
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Il tutto è condensato nel decreto di fermo emesso a carico del giovane arrestato, ora in cella a Poggioreale. Il quale ha raccontato che non aveva mai visto una pistola prima. “Pensavo fosse finta”, ha messo a verbale. “Ho capito che era vera solo quando ho visto il sangue sul corpo di Arcangelo”. Intanto ieri mattina sono state poste le basi di un piano straordinario per fronteggiare il fenomeno della violenza giovanile.
La decisione è arrivata durante la riunione presieduta dal ministro del l’Interno, Matteo Piantedosi, in prefettura a Napoli con il sindaco Gaetano Manfredi e i vertici di prefettura, questura e comandi provinciali delle forze dell’ordine. Il titolare del Viminale ha dato disposizioni per intensificare i controlli notturni nelle aree di maggior frequentazione giovanile, da abbinare al potenziamento della videosorveglianza. Dovrebbero arrivare almeno altri 300 agenti.
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