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Il Pd riscopre il codice penale, non è mai troppo tardi

Opinionista: 

Ho atteso qualche giorno prima di commentare l'ultimo ritrovato in casa Pd. Davvero pensavo di non aver capito. E invece – mi è stato spiegato – che era proprio come lo avevo inteso. Premetto che gli scandali e i casi di Bari, del Piemonte, ma un po' ovunque nelle varie regioni, a me non meravigliano. È tanto tempo che i partiti sono poco più che pullman presi ad una fermata (tornata elettorale) per condurre il politico di turno alla prossima fermata. I partiti, svuotati di una vera classe dirigente e di valori e di rappresenza e rappresentatività, hanno bisogno di questi viaggiatori occasionali, che pagano il biglietto che consente all'autobus di viaggiare: si chiamano voti. A scanso di equivoci è proprio questa mancanza di classe dirigente e di valori che risolve la questione sulle preferenze: chi afferma che il problema sono le preferenze sta affermando anche che sarebbe meglio affidarsi alla scelta (nomina) delle segreterie, il che significa (in un paese che non ha una legge sui partiti) consegnare le scelte future delle candidature a una oligarchia attuale, tendenzialmente congelata. A tutto questo il Pd (la cui segretaria che non fa primarie è emersa grazie alle primarie, eletta due volte su tre con le preferenze) risponde con una teorica riforma del codice etico, che già esiste dal 2008 e che non è mai stato attivato se non dopo che il fatto si è manifestato, ovvero un codice etico incapace di prevenire. In Campania il commissario regionale e senatore Antonio Misiani ha già messo a punto una rivoluzione morale e trasparente a cui sottoporre i candidati. Prima di tutto, chi vuole essere candidato dovrà fornire il proprio certificato penale. Dovrà sottoscrivere un’autodichiarazione in cui si impegna a denunciare eventuali fenomeni di condizionamento del voto e similari (inclusi il voto di scambio effettivo, intimidazioni di qualunque tipo, tentativi corruttivi). Si legge inoltre nelle bozze: “Le candidate e i candidati nelle liste Pd si impegnano, se eletti, ad adoperarsi affinché gli enti locali di cui fanno parte adottino adeguati meccanismi di trasparenza amministrativa e di lotta alla corruzione e al condizionamento delle organizzazioni criminali e affinché sia data priorità al tema del riuso dei beni confiscati alla criminalità organizzata, combattendo ogni forma di omissione e opacità, e al tema dell’educazione alla legalità e del contrasto alla povertà educativa”. Nell’attuale regolamento interno del Pd (2008) sulla responsabilità personale e l’autonomia politica, si afferma tra l’altro che “le donne e gli uomini del Partito democratico si impegnano, in particolare, a svolgere campagne elettorali con correttezza ed un uso ponderato e contenuto delle risorse, finanziate in modo trasparente e sempre accompagnate da un rendiconto finale, senza avvalersi per fini personali della pubblicità o comunicazione istituzionali (…) ciascun dirigente, ogni componente di governo a tutti i livelli, le elette e gli eletti nelle liste del Partito democratico si impegnano a comunicare all’organo di garanzia territorialmente competente le situazioni personali che evidenziano o possono produrre un conflitto di interessi, ovvero condizionare l’attività del partito o lederne l’immagine pubblica, in primo luogo nel caso di esistenza di un procedimento penale o di adozione di una misura di prevenzione nei propri confronti”. Quindi finalmente abbiamo qualche certezza: il Pd ha scoperto che esiste un codice etico già scritto sedici anni fa, il Pd ha scoperto che esiste (ma possiamo inoltrarglielo) un codice Antimafia del 2011 che stabilisce altrettanto, e ha scoperto – ove mai servisse – che esiste un codice penale. Chiunque di noi cittadini a conoscenza di un fatto che costituisce reato dovrebbe denunciarlo. È necessario ribadire (senza alcuna forza di sanzione – il partito può sospendere ma non far decadere dalla carica un eletto) che ci "si impegna a denunciare eventuali fenomeni di condizionamento del voto e similari (inclusi il voto di scambio effettivo, intimidazioni di qualunque tipo, tentativi corruttivi)". Non dovrebbe essere la norma, o peggio, non lo stabilisce già la legge dello Stato? Quanto poi all'impegno a "svolgere campagne elettorali con correttezza ed un uso ponderato e contenuto delle risorse... senza avvalersi per fini personali della pubblicità o comunicazione istituzionali" e al "comunicare all’organo di garanzia territorialmente competente le situazioni personali che evidenziano o possono produrre un conflitto di interessi, ovvero condizionare l’attività del partito o lederne l’immagine pubblica" ci si chiede quale sia l'esito di tale comunicazione, e se – a leggere bene ed interpretare la cosa nel giusto verso – questo non significa liquidare il 90% degli eletti. O meglio dire nominati. E a questo punto si pone un tema: cosa succede a coloro che li hanno a loro volta nominati? Non hanno anche loro una discreta responsabilità? Sono domande troppo complesse, ma siamo certi che il Pd – dopo le europee – ci sorprenderà riscoprendo il codice di Hammurabi.