Anticipato dall'uscita di tre singoli, ossa e carne di una trilogia video, che coniuga il senso dell’udito con quello della vista, dal titolo “La fatica delle radici” (realizzata da Leonardo Gallato in collaborazione con la fotografa e artista Federica Sessa), il musicista “Siculo” dà alle stampe l’eclettico e raffinato “Anànke” (Leonardo Gallato: voce/chitarra elettrica/chitarra acustica, Claudio Covato: cori/chitarra classica/chitarra elettrica, Giulio Gianì: cori/sax tenore/sax soprano, Bruno Tomasello: cori/sax contralto/chitarra slide/effetti, Riccardo di Fiandra: basso elettrico, Daniele di Pentima: cori/batteria/percussioni/pianoforte preparato); un lavoro che trascende il mero aspetto musicale per incarnare in arte un più ampio concetto umano, emotivo, sociale e psicologico.

E in occasione dell’uscita del disco, abbiamo raccolto alcune dichiarazioni di Gallato.

Anànke è il mio secondo album, dopo Tacet (2018). Esce in un periodo non proprio favorevole, ma stava lì a scalpitare e non avrei potuto tenerlo ancora chiuso nel cassetto.

Partiamo dal titolo. Anànke in greco antico vuol dire 'necessità': è quella Necessità a cui tutti ci pieghiamo, giorno dopo giorno; è la divinità con l'iniziale minuscola al cui volere anche le altre divinità devono piegarsi. Non è una divinità antropomorfa come quelle a cui siamo abituati (Zeus e gli altri): è un qualcosa di naturale che è insito nel reale, che si insinua nelle nostre vite, che esiste prima dell'idealizzazione, prima ancora delle divinità: come i boschi, come le pietre, come i mari.

Anànke (il disco) è un allontanamento, un viaggio che parte dalla Terra, dalla Madre per approdare su nuove lande, spinti dai venti delle emozioni che accomunano tutti gli uomini. Perché Anànke è il mio viaggio, spinto da Necessità, in lungo e in largo negli anni e nello spazio. Ma è anche il viaggio di tanti altri come me: terroni, italiani, umani. Tutti spinti da Anànke. Tutti piegati al suo volere.

Nel disco non sono da solo: mi hanno accompagnato i miei migliori amici che, per mia fortuna, sono anche musicisti straordinari. Questa formazione con cui abbiamo registrato il disco era inedita anche a noi. Viviamo tutti sparsi in giro per l'Italia, veniamo da posti anche molto lontani. Non avevamo mai suonato tutti e sei insieme. Per necessità (sempre lei, ritorna) ho sempre suonato in giro per l'Italia con formazioni ristrette (duo, max trio), dislocate in varie zone della penisola, a cui mi appoggiavo nel mio vagabondare. Ma il mio sogno era sicuramente quello di suonare tutti insieme.

A Torino ho conosciuto Fabrizio 'Cit' Chiapello, che sarebbe diventato poi il produttore del disco. Con lui decidiamo che il disco deve essere registrato in band. Con questa band.

Ci ritroviamo allora tutti in studio per una prima sessione. Non avevamo mai provato i brani prima, ma conoscevo benissimo le capacità, l'estro e la follia dei miei amici. Ci diamo appuntamento direttamente in studio (anche Tacet all'epoca nacque così, ma con una formazione leggermente diversa) e ognuno arriva da un punto diverso dell'Italia. Nella prima sessione tra il 05 e l'08/04/2019 arrangiamo e registriamo tre brani. Dopodiché Necessità vuole che rimandiamo ad una seconda sessione in studio la registrazione degli altri. Prima però ci diamo un altro appuntamento: una settimana di prove (evento più unico che raro per noi), in Sicilia, in cui poter arrangiare con meno fretta (lo credevamo davvero) i nuovi brani. Una settimana d'agosto torrida, con lo scirocco che rendeva tutto terribilmente afoso e irrespirabile. Provavamo tutto il giorno, poi smontavamo gli strumenti, la sera andavamo a suonare dal vivo per riguadagnare almeno le spese di chi s'era dovuto spostare per arrivare sull'isola, poi rismontavamo, caricavamo tutto in macchina, dormivamo, la mattina di nuovo montavamo, provavamo, la sera smontavamo. Una settimana in cui la fatica, diciamo, non è mancata. Ma questa volta saremmo stati un po' più preparati alla seconda sessione di registrazione, sempre a Torino, presso il Transeuropa. Ci ridiamo appuntamento in studio dal 18 al 21/10/2019 e registriamo tutti i restanti brani. Fretta e necessità ci hanno sempre dato una bella spinta.

Gli aneddoti da raccontare sarebbero davvero troppi...

Per sostenere le spese dello studio e della pubblicazione ho poi organizzato una campagna di raccolta fondi su Eppela, conclusasi felicemente grazie al sostegno di tante persone.

Avremmo voluto far uscire il disco in tutt'altra maniera, ma nel frattempo è successo quello che tutti sappiamo e che ancora oggi condiziona le nostre vite. E allora abbiamo realizzato qualcosa di diverso prima che il disco uscisse: insieme all'artista e fotografa Federica Sessa decido di realizzare una trilogia video di tre singoli in anteprima, dal titolo 'La fatica delle radici', che anticipi e introduca concettualmente, anche attraverso le immagini, l'album (i singoli sono in ordine Previsioni, Fontanarossa, Sciroccu).

Il disco è uscito alla fine l'11 gennaio 2021, una data altamente simbolica. Hai presente il commissario Montalbano? La fiction rai, intendo, con quella sua Sicilia barocca ormai famosa dappertutto? Ecco, quella Sicilia è il Val di Noto, ed è casa mia.

E quello che vedi non è il barocco di Roma o di Palermo. È tardivo, a volte è solo una sceneggiata posticcia, una facciata, in alcuni casi si fa eterno capolavoro... Che c'entra tutto questo?

L'11 gennaio 1693 un terremoto distruggeva il Vallo: persone, case e anche tutto il barocco finito di costruire qualche decennio prima. Il terremoto fu talmente devastante che ancora oggi, a livello popolare, «l'ùnnici ri innàru» è una data proverbiale.

Ma da quelle macerie il barocco è rinato, completamente nuovo eppure già così vecchio, quasi passato. E che male c'è? Non si va da nessuna parte senza il passato. E quel suo nascere in ritardo sui tempi, lo ha reso eterno.

Anànke è uscito l'11 gennaio, perché vuole essere un fiore tardivo di speranza nelle macerie che il tempo in cui viviamo ci sta lasciando attorno. Probabilmente non sarà eterno -niente lo è-, ma spero che porti comunque a me, a noi e a chiunque vorrà accoglierlo, la forza e la voglia di ricostruire. Ne abbiamo tutti bisogno.

Il trombone: è una mia traduzione da un sonetto abruzzese di Modesto della Porta, poeta dialettale vissuto a cavallo tra l'800 e il '900. In realtà nella vita faceva il sarto, ma la sua sensibilità lo ha portato a scrivere certi componimenti bellissimi. In questo che ho tradotto, c'è una serenata ad una madre, alla Madre. E una dedica a tutti i musicisti e artisti: la gente del vicinato, sentendolo suonare, può pensare che sia tranquillo, che si stia divertendo, che sia spensierato; ma la Madre sa invece 'che ogni soffio [del trombone] è un sospiro, che ogni motivo è un lamento'.

Cantu pi ragghia: siamo ancora all'inizio del movimento di allontanamento di Anànke dalla Terra e dalla Madre. Il testo è un mosaico di varii detti del mio paese, Rosolini, messi insieme a formare un testo di senso compiuto. Ci sono l'amore e la rabbia che coesistono come facce di una stessa medaglia.

Fontanarossa: direi che è abbastanza esplicito il riferimento all'aeroporto di Catania Fontanarossa. C'è un dissidio interiore tra la solita partenza, usuale e usurante, e la voglia di restare e l'impossibilità di farlo. Il bilinguismo, credo, lo faccia ben intendere. Partenza.

Sciroccu: è il caldo umido dello scirocco che ti incolla i pensieri ai muri. I pensieri sono talmente collosi che diventano sogni, e il sogno è già distante.

Previsioni: una pioggia incessante e mutevole al nord. Mesi di pioggia. Distanze e mancanze. Il testo è esaltato per contrasto da un ritmo afro che tende a richiamare più le piogge calde equatoriali che quelle pre-alpine.

Cura traunàra [coda di drago]: è una vera e propria coda di 'Previsioni'. In dialetto 'cura traunara' è un fenomeno atmosferico non ben definito, tra una tromba d'aria e una tempesta molto rumorosa.

Ninna nanna per insonni: una canzone d'amore. Più uno strazio, forse. Una distanza che è ormai è incolmabile.

Grecali: razionalizzaizione della distanza. Il grecale gela le emozioni e si contrappone al viscerale Scirocco.

Mediterraneo: è un'ultima chiave. Il viaggio si conclude con una narrazione universale. Il viaggio riguarda tutti gli uomini.  Per me è sempre difficile parlare di questo argomento, perché è il mio mare. Il nostro mare. Quello in cui andiamo a fare i bagni d'estate. Quello che mi ha visto nascere. Il testo parte da due influenze letterarie ben definite: Montale e Buttitta. Nel testo l'identità della seppia è volutamente ambigua: può essere il migrante, possiamo essere noi. Siamo uomini, punto. Ma ho voluto insistere sul 'nero' (ripetuto più volte nel giro di pochi versi) perché tutto nasce da un becero razzismo di fondo. E questo, al momento, è nostro.

Due parole, infine, sulla copertina: è un dipinto di Federica Sessa, dal titolo 'Portami il girasole impazzito di luce'. Il titolo è la chiusa di una ben nota poesia di Montale. Il girasole è Clizia, e Clizia torna in Mediterraneo, ripresa da un'altra poesia di Montale. Il gioco di rimandi era perfetto e si è composto da sé: non potevo non usare questo dipinto (che era preesistente al disco)”.

Marco Sica