Con uno stile narrativo efficace, lapidario nel sapiente uso della punteggiatura, dal registro figlio della migliore letteratura statunitense della seconda metà del ‘900, il regista e scrittore Enrico Iannaccone dà alle stampe “Un Regalo” letterario.

Edito per la collana “Frecce” di “Augh!”, “Un Regalo” contempera il non-lieu della surmodernità (tanto cara a Marc Augé) con la ricerca introspettiva di un uomo contemporaneo che si confronta con i suoi atavici dubbi e conflitti esistenziali.

E così, ribaltando il piano della semantica e del valore comune che si attribuisce al detto, “Le frasi sono un ammasso di parole. Se le parole prese singolarmente non significano niente, la frase è il totem dell’insignificanza” e “La vita è quanto di più lontano dal concetto di trama. Ogni trama è teorematica, è strutturata secondo un preciso ordine logico. È un volgarissimo surrogato estetico della vita. La vita è volgarità nel senso più puro del termine” (da “Un Regalo”).

La scelta di raccontare le vicende di Eugenio, un ultracinquantenne dalla vita tanto canonica da risultare asfittica, nasce dall’osservazione (o forse dalla paura) di quella che pare a tutti gli effetti essere una costante delle vite “esemplari”: la ricerca dello squallore - scrive Iannaccone nelle note - V’è una non troppo sottile e paradossale componente di autolesionismo non suicidario nella conservazione di un sedicente equilibrio garbato, atto a non far deragliare un treno in realtà predestinato allo schianto. Il costo è elevato: abdicare alla propria personalità, ai propri interessi, alla propria e (sovra)umana voglia di emancipazione spirituale al mero fine di rappresentare uno status perfettamente inscritto nell’area di un perbenismo conforme a dettami sociali che trasformano le vite degli adepti in tableaux mourants. Colonne d’Ercole oltre le quali si teme vi sia un oblio la cui eco, a ben vedere, ammalia e al contempo terrorizza come il canto di una meravigliosa sirena. Ed è lì che Eugenio vuole tornare, all’ascolto di un suono tanto semplice quanto edenico: quello della propria vita interiore. L’identità sopita, mortificata ed annullata del padre di famiglia che, pur di conservare la propria posizione, ha ingoiato per troppi anni giornate uggiose, ritmi statali, emicranie da traffico e cene infrasettimanali inutilmente dietetiche ha bisogno di irrompere a pochi metri dal traguardo dei sessant’anni. Un traguardo raggiunto con fatica, che porta con sé la preziosa consapevolezza adulta del vero senso di libertà, lontana dalle antitesi giovanili, dalle sterili proteste e da stucchevoli intemperanze dalla miccia corta. Una consapevolezza che, a giudicare dallo spessore delle sue liberatorie conseguenze, rappresenta finalmente l’unico sentito, sincero e necessario regalo da fare ai propri cari e soprattutto a se stesso’.

MS