Il commercio di CBD dal 2018 ha iniziato un incremento semplicemente incredibile: del 700%! Questi numeri impressionanti hanno continuato a crescere negli ultimi anni ed hanno evidenziato come i prodotti a base di CBD siano tra i più performanti dell’ambito economico. La richiesta di CBD arriva da ogni parte: dalla cosmetica, dalla farmacologia e dai semplici utenti che amano utilizzare tassi bassi di THC ed alti livelli di cannabinoide non psicoattivo.

I nuovi e-shop come Justjob, che operano in questo settore, fanno veri e propri affari d’oro grazie alla crescente richiesta di vari prodotti a base di CBD. Iniziamo il nostro percorso sulla vita italiana di questa merce cominciando a fare un po’ di chiarezza.

CBD Vs THC

Il CBD, detto anche cannabidiolo, è una molecola non psicoattiva contenuta nella Cannabis. Non produce assuefazione e offre proprietà rilassanti, antinfiammatorie e antidolorifiche. Il THC, chiamato anche tetraidrocannabidiolo, è una molecola contenuta anch’essa nella Cannabis, ed ha natura psicoattiva. Il THC offre euforia e sensazioni di rilassamento con alterazioni delle percezioni spazio-temporali. Dunque la pianta è sempre la stessa, la Cannabis o Canapa, ma le molecole sono differenti ed hanno diverse proprietà. In sostanza potremmo dire che il THC produce degli effetti che vanno ad alterare la mente, mentre il CBD ha proprietà curativa, ma senza effetti di tipo psicotropo.

La legislazione italiana in materia

In Italia, a livello mediatico, la confusione su questo argomento è semplicemente devastante: si offrono versioni contrastanti andando a sovrapporre tematiche molto diverse in un calderone che non fa un buon servizio a nessuno. Il CBD nel nostro Paese è ritenuto perfettamente legale seppure ci sia un’evidente conflittualità tra leggi comunitarie e leggi nazionali. Una sentenza della Corte di Cassazione datata 30 Maggio 2019, che vedremo nel dettaglio in seguito, è però intervenuta a complicare ulteriormente il quadro. Esiste una Legge del nostro Stato, numero 242, che ha sancito, dal Dicembre 2016, il via libera alla produzione e alla commercializzazione della cannabis light e derivati sul territorio italiano. Ciò costituisce un punto fermo. Sul territorio italiano, dall’entrata in vigore della Legge 242, si sono create oltre quindicimila iniziative imprenditoriali che operano nell’ambito della canapa. Si tratta di un giro d’affari che oltrepassa i 150 milioni di Euro annui.

La sentenza del 30 Maggio 2019

L'ormai famosa sentenza che è riuscita ad entrare in conflitto aperto sia con la legge 242, anche con le leggi comunitarie, ha sorpreso moltissimi osservatori. La Corte di Cassazione, con questa sentenza, ha espresso alcuni concetti davvero forti,  come il fatto che in Italia non è più concessa la vendita o la cessione, a qualunque titolo, di tutti i prodotti derivati dalla coltivazione della cannabis. Non importa se si tratti di olio al CBD, foglie, infiorescenze o la resina. Oltre alla sua lapidarietà, il giudizio ha anche offerto l’occasione per l’introduzione di un nuovo concetto: l’efficacia drogante. Un’espressione assolutamente vaga che ha lasciato perplessi.

Citiamo testualmente dalla sentenza:

Integrano il reato previsto dal Testo unico sulle droghe (articolo 73, commi 1 e 4, dpr 309/1990) le condotte di cessione, di vendita, e, in genere, la commercializzazione al pubblico, a qualsiasi titolo, dei prodotti derivati dalla coltivazione della cannabis sativa light, salvo che tali prodotti siano in concreto privi di efficacia drogante”.

Tante anime ed una sola legislazione

Purtroppo la Legge 242 del 2016, che avrebbe dovuto stabilire un punto di riferimento, non è riuscita ad eliminare tutte le contraddizioni che si evidenziano in questo particolare ambito. Possiamo dire che la “debolezza” della 242 è l’origine della sentenza del 2019. Essendo infatti queste tematiche spesso utilizzate in modo ideologico, ci si aspettava dalla legge 242 una forza dirimente in grado di soverchiare qualunque opposizione. Così non è stato. Infatti anche nella legge del 2016 sono rimasti dei punti in chiaroscuro e delle approssimazioni che hanno dato adito a delle rimostranze e hanno contribuito a generare confusione. Ad esempio vi era un limite legato alla concentrazione di THC, il principio attivo che offrirebbe il famigerato “effetto stupefacente”, che era stato fissato a 0,2%, proprio come in UE. Ma a questo limite la norma aggiungeva una tolleranza fino allo 0.6%, al di sotto della quale non ci sarebbero state ripercussioni e responsabilità penali a carico del venditore. Anche questo elemento ha aggiunto confusione ed infatti la Corte di Cassazione ha precisato che tale limite si dovrebbe applicare soltanto in fase di coltivazione. Ne consegue quindi, in maniera tragicomica, che sarebbe legale produrre canapa dal tasso di THC inferiore allo 0.6%, ma non se ne potrebbe poi vendere il risultato del raccolto.

Quindi i prodotti derivati dalla cannabis sono legali in Italia?

Dopo questo excursus sulla complessa legislazione italiana in merito ai prodotti derivati dalla cannabis, ne consegue che In Italia la vendita di cannabis depotenziata è del tutto legale se rispetta alcuni principi. Come previsto dalla legge 242 del 2016, in vigore dal 14 gennaio 2017, vi è la possibilità di commercializzare prodotti a base di canapa solo se presentano un ridotto contenuto di tetracannabidiolo o THC (0.2%). Bisogna inoltre, sempre seguendo la legge, tenere d’occhio la tolleranza del il THC presente nel prodotto che legalmente non può superare lo 0,6%. Per fortuna a fare chiarezza ci ha pensato il mercato: si pensi che a fine 2018 nel nostro Paese erano presenti e quasi 800 negozi dedicati, distributori automatici e un fatturato che superava i 40 milioni di Euro. Ad oggi le cifre sono cresciute sensibilmente e il mercato della produzione di alimenti, cosmetici, materie prime biodegradabili e semilavorati innovativi quali le biomasse, è diventato un vero business. Gli italiani sono quindi diventati dei buonissimi consumatori di CBD legale e sfruttano i benefici medici riscontrati nella svariata gamma di prodotti derivati dalla canapa. Nessuna azione psicoattiva ma effetti particolarmente apprezzati per il trattamento di patologie dolorose e spesso invalidanti, così come riscuotono successo gli effetti rilassanti e anti ansia. Il CBD legale viene utilizzato anche da soggetti affetti da disturbi alimentari per andare a stimolare l’appetito e sfruttare le sue proprietà antinfiammatorie e antiossidanti. Ad oggi sul mercato si trovano prodotti a base di canapa come bibite, birre, gomme da masticare, tisane, alimenti, cosmetici, oli… ed ovviamente anche la famosa cannabis legale, depotenziata del THC e quindi di libera vendita.