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È una crisi consumata all’interno del Palazzo

Opinionista: 

Pure per chi non partecipi dall’interno alle “manovre di palazzo” di questa crisi piena di singulti, alcuni elementi restano evidentemente chiari. Anzitutto, che si tratta di operazione di Palazzo. È facile constatare che si ha voglia di favoleggiare di trasparenza e streaming, quando si tratta di gestire il potere, la trasparenza è lasciatafuori della porta. Se si parla più di tanto, non è possibile costruire alcunché, perché ci sarà sempre un altro che, avvalendosi dell’altrui ingenuità, occuperà spazi che quegli, da trasparente, avrà lasciato vedere. Che questa vicenda sia una storia tutta consumata all’interno del Palazzo, ce lo dice un dato obiettivo: il tempo breve. Nello spazio di alcuni giorni, tre o quattro al massimo, due partiti – o un partito ed un movimento, per chi preferisse dar spazio a vuote distinzioni lessicali – sono passati dalle più feroci reciproche accuse alla costruzione di una coalizione di governo assieme. Dalle denunce di corruzione, inettitudine, immoralità, da un parte, e d’infangatori populisti senza né arte né parte dall’altra, all’associazione in un governo, addirittura con pretese di legislatura. Ovviamente, nessuno ha mai ritenuto che in politica la coerenza e la continuità siano un valore. Per carità, ben si sa che le cose possono cambiare e cambiano, gli orizzonti evolvono e quel che è rosa può divenir rosso. Sennonché, i processi politici, se genuini, cioè frutto di maturazione intorno ad interessi elevati, hanno una certa esigenza di tempo, è necessario il confronto, una qualche metabolisi dei mutati valori, una gradualità. A meno che – perché anche quello è un processo politico – non intervenga il fatto rivoluzionario – anch’esso peraltro frutto di lunga gestazione. C’è però anche un altro fenomeno, sempre politico, il cosiddetto putsch, che si ha quando all’interno delle dirigenze d’uno Stato, alcune di esse s’accordano per prendere il posto di altre. E c’è poi quel che è accaduto da noi: senza rovesciare un bel niente, alcuni tradizionali maggiorenti hanno influenzato poche persone, quelle che contano in un sistema vetero-elitario travestito da democrazia e, dinanzi all’ingenuo tentativo d’andare alle elezioni del parvenu Matteo Salvini, hanno in tutta fretta creato (e non senza risentimento per le dorate vacanze guastate) le condizioni perché all’interno del Palazzo si trovasse il modo per mantenere lontano dal potere chi intendeva – Salvini appunto – ingenuamente imprimere un diverso orientamento alla politica del Paese. In pochi giorni, quattro o cinque al massimo, soggetti di nessuno o scarso consenso democratico, ma evidentemente e per più o meno casuali o storiche ragioni, nei luoghi giusti per realizzare in qualche ora capovolgimenti d’orizzonti, hanno determinato artificiali impellenze e conseguenti salvifiche maggioranze d’apparato per impedire che s’andasse al voto. Sia chiaro: in tutto questo non c’è nulla d’illegale o incostituzionale, non siamo al putsch. Siamo alla manovra di Palazzo, appunto, organizzata in quattro e quattr’otto, nel torpore estivo. E non so nemmeno se sia un male o un bene, quel che in politica è sempre assai difficile da stabilire, dato che ci si dovrebbe intendere previamente sul criterio per giudicare. Dico solo che siamo dinanzi ad un’evidente “operazione”, decisa in breve tra poche persone, al fine d’impedire che il consenso politico potesse trasformarsi in peso istituzionale attraverso le elezioni e dunque in potere decisionale. Nulla di straordinario, è il passaggio immediatamente precedente al colpo di stato o al putsch vero e proprio, per il quale è necessario mobilitare anche qualche generale e rompere qualche forma giuridica. Io, per Salvini, non ho alcun trasporto, soprattutto dopo aver visto di qual elementare argomentare si costituisce il suo pensiero e di qual genere di persone ama circondarsi. Ma non ho altrettanto alcuna simpatia per i personaggi di Palazzo, sempre e comunque vicini a palazzinari, trivellatori del pubblico bilancio, dissipatori di risorse della comunità in vantaggio – guarda caso – dei medesimi personaggi che frequentano assiduamente il Palazzo. Il nostro Paese difficilmente potrà raggiungere spessore politico senza modificare la sua struttura costituzionale, quanto mai propizia al Palazzo ed ai palazzinari, fatta com’è per spegnere qualsiasi spunto d’innovazione per neutralizzare ogni aspirazione all’effettivo mutamento – credo che siamo l’unico Paese ad avere qualcosa come i ‘quirinalisti’, somiglianti ai cugini ‘vaticanisti’, esperti del precedente occupante del medesimo Palazzo. E dunque, abbiamo sempre pronta la nostra manovra con relativi manovrieri, lì all’opera per sedare ogni ingenuo entusiasta, che si provasse a cambiar le cose. Salvini, ripeto, non mi pare sia all’altezza di simili gattopardi. Come non lo fu Berlusconi. Ma cert’è, che chiunque ci abbia tentato, ha trovato un Presidente del Consiglio non eletto a salvar la Patria dai nemici alle porte.