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Se pure la “carità” finanzia il Jihad

Opinionista: 

All’attenzione di quanti indagano sui finanziatori del terrorismo islamico: secondo la dottrina insegnata nelle scuole islamiche, il Jihad significa lotta per superare gli ostacoli e compiere azioni gradite ad Allah. Il bravo musulmano, insomma, dovrebbe lottare per migliorare se stesso e la società in cui vive, correggendo storture ed ingiustizie. Tutto giusto, tutto bello, ma troppo vago. Siccome i testi non specificano, il concetto di Jihad non quello scritto, bensì quello normalmente interpretato e definito al dettaglio è diventato, di fatto, regola, per tutti i credenti nell’Islam, estremisti o moderati che siano. Così come certuni magistrati occidentali s’ingegnano sino al delirio, per non apparire bouche de loi, così i “giuristi” musulmani leggono a modo loro, a seconda dei tempi e delle opportunità, il Corano. Secondo l’esegesi corrente, che trova, però, anche oggettivi riscontri nei testi, come si correggono storture ed ingiustizie, come si migliora la società? Una maniera è quella di uccidere apostati od omosessuali; un’altra consiste nel sovvertire gli ordinamenti laici, sostituendoli con le leggi della sharia; un’altra ancora implica il sottomettere donne e non musulmani. Attuando tutto ciò, in primis la transizione dallo Stato laico a quello teocratico, si diventa bravi musulmani. La qualcosa vale per tutti i fedeli. Il Corano esorta: «Eseguite la preghiera, date in elemosina». L’elemosina rituale - zakat - viene rivenduta agli occidentali come segno di grande umanità. Zakat, etimologicamente, si lega al concetto di purificazione, ottenuta con la preghiera e versando una quota della propria ricchezza a determinati destinatari. Chi sono siffatti beneficiari? Le scuole islamiche hanno precisato otto categorie, la prima delle quali riguarda coloro che combattono “sulla via di Allah”, cioè i jihadisti. Di contro alla vera carità che è rivolta verso tutti i bisognosi, al di là del sesso, del colore della pelle, della religione, l’elemosina rituale islamica è assolutamente vietata se a favore dei poveracci non musulmani. L’insidiosa regola di tale forma di carità, secondo la quale il donare al jihadista in lotta per perfezionare, sottomettendolo, il mondo, equivale, peraltro, al partecipare in prima persona, anche da parte del benefattore, alla guerra santa. Ora, come interpretare, se non risalendo alle sue origini familiari, la lamentazione del presidente degli Usa, Barack Hussein Obama, secondo il quale «negli Stati Uniti i regolamenti delle donazioni benefiche hanno reso più difficile ai musulmani adempiere ai loro obblighi religiosi» ? Inoltre, Hussein ha aggiunto: «... mi impegno a collaborare con i musulmani americani per assicurare che possano adempiere all’obbligo della zakat». Come a dire: cercherò in tutti i modi di consentire, senza tanti controlli, il finanziamento del Jihad.