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Insulti e volgarità non sono una politica

Opinionista: 

Rivalutazione della politica e rinascita di un centrodestra come interlocutore credibile nella dialettica interpartitica: sono due delle grandi questioni con le quali il mondo politico in questo periodo è chiamato a confrontarsi.. Entrambe le questioni si connettono, in qualche misura, alla prepotente irruzione sulla scena del leader leghista Matteo Salvini, l’“uomo nuovo” che, a detta dei suoi sostenitori, dovrebbe trasformare il modo di far politica nel nostro paese e restituire al centrodestra la linfa vitale che sembra aver perduto. È realmente un innovatore questo Salvini impegnato ad esportare la sua Lega del dopo Bossi dal ristretto ambito della Padania verso il Centro e il Sud del paese? Senza infingimenti, senza ipocrisie, senza giri di parole, dobbiamo rispondere a questo interrogativo con un “no” secco e rotondo. Matteo Salvini, in realtà, non ha innovato e non innova un bel nulla. Ricalca, senza neppure il pregio dell’originalità, le orme di Beppe Grillo il cui contributo all’evoluzione del processo democratico non è stato davvero brillante. Sul piano per così dire ideologico, imitando Grillo, ma spingendosi al di là dei limiti entro i quali, sia pure faticosamente, l’ex comico si è mantenuto, ha fatto della volgarità più spinta il suo connotato più evidente. Del resto, che sia la volgarità l’unico vero “contenuto” della politica salviniana, trova conferma nel fatto che per il nostro non importa che il suo alleato sia bianco, nero o rosso. Lo dimostra inequivocabilmente la manifestazione svoltasi sabato scorso a Roma. Non a caso, in quella sorta di armata Brancaleone che sta mettendo insieme, confluiscono, uno accanto all’altro, nel più incoerente del connubi, i secessionisti devoti al dio Eridano e gli ultranazionalisti di Giorgia Meloni, i militanti di “Casa Pound” e coloro che si proclamano seguaci di don Lorenzo Milani (il povero Giorgio Almirante si rivolterà nella tomba nel vedere quale strada ha imboccato questa giovane che si proclama sua seguace e lo stesso farà don Milani vedendo in che barbara maniera viene travisato il suo messaggio). Quanto allo strumento “politico” del quale Matteo Salvini intende avvalersi per la sua scalata verso il potere, è uno soltanto: non il dialogo, non il confronto, non il ragionamento atto a dimostrare la validità delle sue idee e dei suoi programmi, ma l’insulto, che dispensa a piene mani a chiunque possa ostacolare la sua marcia. È questo “sparafucile” dal quale si dichiara affascinato qualche “intellettuale” in cerca di facile pubblicità, l’uomo che dovrebbe rinnovare la politica italiana? Forse è proprio vero che la politica è una cosa troppo seria per lasciare fare agli intellettuali o, meglio, a certi “intellettuali”. Ecco: il richiamo alla serietà introduce la seconda questione: quella del rilancio del centrodestra e della sua leadership. Solo una stolta faziosità può negare che il centrodestra e la destra (così come, del resto, il centrosinistra e la sinistra) abbiano avuto nel nostro paese un ruolo rilevante, scrivendo pagine importanti e contribuendo - pur da orientamenti diversi - allo sviluppo di una democrazia che, per molti versi, deve ancora completare il processo del suo sviluppo. Come si può pensare che in questa storia, in questa tradizione, in questo patrimonio possa inserirsi una forza politica come quella guidata da Matteo Salvini? Il centrodestra - anche i suoi più accaniti sostenitori non possono non riconoscerlo - vive una stagione di profonda crisi; il suo leader, a causa di turbolente vicende giudiziarie e personali, ha il piombo nell’ala; le sue file appaiono scompaginate e i suoi militanti si disperdono in una miriade di correnti che non riescono a ricomporsi in un’accettabile unità. Ma, da qualunque punto di vista ci si collochi, e in qualunque schieramento ci si riconosca, non si può non tener conto che la rinascita di un centrodestra sicuramente democratico e autenticamente liberale, è elemento essenziale per l’equilibrio politico del paese. Sicuramente democratico e autenticamente liberale, abbiamo detto. Ma nella Lega di Salvini e nei suoi alleati quali si sono presentati al raduno romano, nella becera platea dispensatrice di “maleparole”, in quel leader “turpiloquiante” (ci si perdoni il neologismo) si possono riconoscere questi connotati? Non ci sembra. Il centrodestra ha bisogno di ben altro; l’Italia - ed è quel che più ci interessa - ha bisogno di ben altro.