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Nerone suona la cetra mentre Napoli brucia

Opinionista: 

Kafka a Giggino, nel migliore dei casi, gli farebbe il solletico. E anche Samuel Beckett col suo teatro dell'assurdo. Perché qui siamo oltre il grottesco, abbiamo sublimato il surreale. Uno dice, ma voi napoletani siete maestri dell'assurdo. È vero, modestamente, ma il Che Giggino è andato oltre, perché ha insegnato a tutti cosa sia la capacità sublime di inventarsi al momento uno sketch teatrale assolutamente unico. Succede che nella trasmissione “Titolo Quinto” di Lucia Annunziata sia ospite il sindaco di questa città consegnata sciaguratamente nelle sue mani, che mostra evidenti segnali di orgasmo irrefrenabile perché sta in Rai a raccontare quanto sia perfetta la città invisibile, che vede perfetta soltanto lui. E milioni di persone non hanno niente da fare e lo ascoltano e lo guardano. E quindi Nerone Demagistris a Rai3 continua a raccontarci del buon governo della città eccellente, seconda soltanto a Tokio per l'offerta dei servizi essenziali e per la qualità del trasporto pubblico, mentre negli stessi minuti a Napoli divampa un incendio e scoppia una rivolta popolare contro il temuto imminente lockdown in arrivo, mentre già da tempo la miseria che ci ha sorpreso e devastato a marzo si è cronicizzata in tutti i settori della vita partenopea. Cariche, incendio di cassonetti, manganellate della polizia, camionette sfondate, la rabbia popolare che tracima dai vicoli fino alle piazze, roba che nemmeno in Sudamerica. Napoli brucia e l'ineffabile Nerone Giggino, proprio come Tacito ci racconta del suo predecessore omonimo Nerone Claudio Cesare Augusto Germanico, continua a suonare la propria cetra davanti alle telecamere, ammirando da lontano i bagliori delle fiamme, da uno studio televisivo dove siede contento perchè tutti lo guardano. E Lucia, perplessa e forse indispettita, gli fa: "Demagistris, ma lei, con tutto quello che sta succedendo adesso a Napoli, non dovrebbe stare lì a capire e cercare di gestire l'emergenza?". Giggino viene colto di sorpresa, abbandona a malincuore la cetra e ammette: "Sì, in effetti potrei andare. Adesso vado...". Brava Annunziata, mentre nella confusione non si hanno notizie del destino della cetra. Napoli incazzata brucia, e davvero occorre tutta la tolleranza che è riuscita ad accumulata in secoli di dominazioni e di tiranni improvvisati per riuscire ad elaborare anche quest'ultima precarietà di vita. Una tolleranza che è nel proprio dna da sempre e le farà superare, seppur acciaccata e con nuovi lividi e cicatrici, anche il dramma Covid. Che non è certo una responsabilità di Nerone Demagistris, ma che ha visto il sindaco brillare per la propria evanescente azione di amministratore. La metro ha ripreso a viaggiare al ritmo di corse ogni venti minuti, ma c'è il Covid, gli uffici comunali non consentono ai cittadini di poter effettuare pratiche burocratiche, ma c'è il Covid. In compenso l'imperatore di Napoli ha trovato il tempo e le energie per iniziare la campagna elettorale, individuando e incoronando già da molto tempo il proprio successore alla guida dell'amministrazione cittadina, evidentemente fiducioso nella propria buona stella e contemporaneamente nella cattiva memoria di chi andrà a votare. Per adesso continuiamo ad essere in piena pandemia, forse ci chiuderanno ancora nelle case, abbiamo già fatto provviste di lievito, riprenderemo a fare i selfie con gli sfilatini domestici, ci faremo prestare un cane per fare quattro passi nel rione. E Nerone se la suona e se la canta mentre Napoli brucia.