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Grande reset: promotori, vittime e beneficiari

Opinionista: 

Il Grande reset è un processo di modificazione digitale della vita e dell'economia del pianeta. Il piano è stato annunziato dal Klaus Schaub, fondatore del World Economic Forum, quando lo scorso giugno ha inaugurato la riunione virtuale di Davos, dove si incontra il gotha della finanzia internazionale. La realizzazione del Grande reset costerà la perdita di milioni di posti di lavoro e la dissoluzione dei livelli di civiltà faticosamente raggiunti dall’uomo nel corso dei secoli. Il progetto contempla, quale accettabile effetto collaterale, una enorme massa di sconfitti, facilmente individuabili nelle categorie che progressivamente già stanno perdendo la propria occupazione con lo smantellamento del sistema industriale e la totalizzante digitalizzazione dei servizi. Questo pervicace processo di trasmutazione antropologica sta trovando piena attuazione mediante i meccanismi di dittatura sanitaria che si vanno affermando attraverso l'uso politico della diffusione del contagio da coronavirus. Le politiche di lockdown, imposte dai governi quali pretese misure di contrasto alla circolazione dei virus, curiosamente favoriscono e accelerano la resettizzazione del sistema economico basato sul lavoro dell’uomo. Il Grande reset postula un radicale mutamento dei processi di produzione propendendo per l’avanzata pervasiva del digitale in tutti i settori operativi. La sincronia tra il concepimento del piano e la diffusione del contagio planetario è certamente singolare. Potrebbe trattarsi di una straordinaria coincidenza, ma un approccio critico all’analisi dei fenomeni induce anche ad ipotizzare che, invece, potrebbe non essere solo frutto di un caso. Tale processo di concomitante deindustrializzazione e digitalizzazione è stato avviato grazie all’assordante sostegno dei media. Che si tratti di un preordinato disegno, e non di una necessità, induce a pensarlo anche il fatto che risulta ormai evidente che, dopo le prime fasi di comprensibile sbandamento, i sintomi dell'infezione, dovuti alla circolazione del Covdi, si rivelino curabili e gestibili da un sistema sanitario allorquando razionalmente organizzato. In occasione del Black Friday, ad esempio, sono stati consentiti, anche ai cosiddetti più vulnerabili, indiscriminati assembramenti all'interno di tutti i megastore di elettronica. La grande industria informatica, invero, ha registrato, dall'inizio del battage pandemico, la crescita vertiginosa del proprio fatturato a discapito del crollo della produzione industriale registrato, in Italia ed in altri paesi, nei restanti settori dell'economia. Secondo l'illuminato parere dei virologi a la page - tutti sessantottini di ritorno e acclamate novelle star televisive - in pizzeria, al pub, in trattoria, sulla sciovia, alla messa di Natale ci si infetta mentre al megastore di informatica, sui barconi degli scafisti, oppure ammassando migranti nei centri di accoglienza speciale, come per incanto, non ci si può infettare mai. L'intermittenza della circolazione del contagio resterà il grande mistero mai chiarito dagli espertoni del virus e dai solerti operatori dell'informazione mainstrem: sugli impianti, al Nord ed in montagna, non si può andare senza alimentare la circolazione dei patogeni ma, al sud, si può indiscriminatamente sbarcare a condizione che lo si faccia, ovviamente, in condizione di clandestinità. Il lockdown, come la peste, genera macerie e miete molte più vittime del Coronavirus. Questo tema però sembra non interessare alle grandi testate giornalistiche che si guardano bene dal porlo nella dovuta evidenza: secondo l’enfasi del loro racconto sembra che si muoia solo di Covid, che le imprese non vengano falcidiate dalle restrizioni alle attività, che non siamo paurosamente aumentati i suicidi generati anche dalla solitudine conseguente al confinamento. Nemmeno una parola poi sulla generazione Covid, ragazzi in età scolastica, confinati nelle “celle – cellulari” da dieci mesi, destinati a rimanere semianalfabeti ed a subire un danno permanente ed irreversibile per non avere studiato nel momento giusto della vita. Filantropi alla Bill Gates (cui la pandemia accresce solo la già smisurata ricchezza) ed alla George Soros, Jeff Bezos, le Ong e le grandi case farmaceutiche, sentitamente ringraziano.