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Ancora nulla di nuovo sull’area occidentale

Opinionista: 

Dopo 25 anni dalla chiusura dell’Ilva e delle altre industrie siamo ancora all’anno zero con la grande trasformazione urbana di Bagnoli. La colpa è delle amministrazioni comunali di Antonio Bassolino, di Rosa Russo Iervolino e di Luigi de Magistris che non hanno capito che bisognava creare le pre-condizioni necessarie per realizzarla. E queste condizioni sono quelle previste dalla legge 582/96, dalla Variane del dicembre 1997, dal Dpgr Campania dell’aprile 1998 e dal Vincolo Paesistico del luglio 1999: 1) la rimozione della colmata e la contemporanea bonifica dei fondali marini; 2) il completamento della bonifica dei suoli dismessi e delle spiagge di Coroglio già iniziata nel 1996 e mai conclusa; 3) la demolizione dei restanti capannoni, dei pontili e dei cosiddetti siti di archeologia industriale (non sono compresi nei siti Unesco perché privi di qualsiasi valore storico e artistico e pertanto la loro conservazione è una scelta insensata; meritano di essere conservate solo le candele); 4) l’acquisizione bonaria o mediante esproprio dei suoli delle ferrovie statali e di Caltagirone, col cementificio da demolire, e la loro bonifica; 5) la costruzione di alloggi attraverso la sopraelevazione di edifici abitativi di proprietà pubblica, esistenti nella zona, per sistemare le famiglie che attualmente abitano nel borgo marinaro sulla spiaggia di Coroglio, la cui eliminazione va confermata; 6) il ripristino della funivia via Manzoni-viale Kennedy (è citata nell’Enciclopedia Treccani); 7) il trasferimento al demanio comunale dell’isolotto di Nisida per trasformarlo in un grande attrattore turistico di livello mondiale; 8) individuare i gestori della Porta del Parco, della Clinica delle tartarughe e del Parco dello Sport, prima che il loro degrado diventi irreversibile; 9) una gara per realizzare un porto turistico a Cala Badessa, considerata come quella più idonea da tutti gli operatori del settore; 10) la re-industrializzazione ecocompatibile di Bagnoli, la sola in grado di garantire occupazione e di produrre ricchezza (lo stiamo dicendo da anni Sergio Cofferati, Giorgio Bocca, Arturo Marzano, Vittorio Silvestrini ed io). Occorre perciò riprendere i contatti con le industrie hi-tech - Ibm, Microsoft, Alenia, Impregilo, Siemens, Novartis, Finmeccanica, Apple e altre - che nell’aprile 2007 avevano firmato con la Regione Campania un protocollo d’intesa nel quale si erano dichiarate disposte a realizzarla. Nel contempo bisognava (e bisogna) bandire il concorso internazionale di idee, sul quale insisto dal 1993, per avvalersi del talento, della fantasia, della preparazione degli architetti, degli ingegneri e degli economisti di tutto il mondo. Ma nemmeno il Commissario di Bagnoli- Coroglio Salvo Nastasi, nominato dal Consiglio dei ministri il 3 settembre dell’anno scorso, e Domenico Arcuri di Invitalia, l’ente attuatore, hanno capito che senza l’attuazione di queste pre-condizioni non ha alcun senso proporre interventi di trasformazione urbana di Bagnoli (tra l’altro, molto discutibili e poco avveduti) . Sembrava che l’avesse capito il presidente del Consiglio Matteo Renzi quando il 7 aprile scorso ha annunciato «la colmata di Bagnoli sarà sollecitamente rimossa». Ma fino ad oggi nessun operaio di nessuna impresa si è visto alle prese con questa operazione attesa da vent’anni. È naturale che ci venga in mente che nel 1737, quando a Palazzo Reale c’erano il re Carlo di Borbone e il primo ministro Bernardo Tanucci, furono sufficienti solo otto mesi per costruire il Real Teatro di San Carlo, il primo teatro lirico italiano. E che negli anni ’40, quando a Palazzo San Giacomo c’era il podestà Giovanni Orgèra, bastarono venti mesi per realizzare la grandiosa Mostra Triennale delle Terre Italiane d’Oltremare. Con Nastasi, Arcuri e Renzi ancora parole, parole, parole. Le stesse che abbiamo sentite nei sette anni del sindaco Bassolino, nei dieci anni della sindaca Iervolino e nei cinque anni del sindaco de Magistris. A dimostrazione che nulla di nuovo accade sull’area occidentale.