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Napoli, un passato che non passa mai

Opinionista: 

Si fa ormai sempre più serrato il dibattito sul destino di Napoli, una circostanza che invece di fare chiarezza, come sarebbe auspicabile, pare sempre più spesso un simposio di autoreferenzialità, addirittura una prova d’orchestra per qualche logora “riemersione” o ripescaggio. Sudd? La “fabbrichetta” lesionata di Bassolino? Il guaio è che questa città, per ricostruire il proprio futuro, non si vuol ancora decidere a fare una seria “rilettura” del proprio passato - che si annida dovunque anche sotto la maschera del nuovismo - delle sue disfatte, senza guardare in faccia a nessuno. È dalla crisi degli anni Ottanta, causata dalla stretta petrolifera e dalle conseguenti deindustrializzazione per colpa delle Partecipazioni Statali, che Napoli si è avviata al declino. Scongiurabile se dopo il G8 del 1994, svoltosi nella nostra città, a lungo ribalta di un notevole trascinamento promozionale, il sindaco Bassolino non si fosse impegnato a capitalizzare tale favorevole circostanza più in funzione della propria immagine che del rilancio effettivo di Napoli. Ma chi lo ricorda più? Da allora assistiamo a uno scaricabarile di responsabilità, di chiacchiere su progettualità fallite - Bagnoli, Scampia, Secondigliano, Barra, Ponticelli - che hanno lasciato le cose come stavano, con il danno aggiuntivo di aver sprecato occasioni storiche e preziosi finanziamenti. Paralizzata da gestioni amministrative personalistiche, tante promesse, sempre in agenda elettorale, sono rimaste lettera morta. Con le periferie sempre più insostenibili, stesso copione s’è visto nel cuor della città, dove la mobilità resta un miraggio e la invivibilità è ormai endemica. In altre regioni, dopo gli anni della crisi industriale, grazie ai saggi percorsi della “economia del ripristino”, si è provveduto a saldare vecchi ritardi con reinsediamenti produttivi, poli tecnologici, imprese leggere, qui invece si è saputo fare bene soltanto “terra bruciata” e “terra dei fuochi”. Valga come esempio il bubbone storico di Bagnoli, su cui non insistiamo per non sparare, per la ennesima volta, sulla croce rossa. Inutile dire del fallimento di Napoli Est, fino a qualche tempo fa fatta passare come la più splendida gemmazione di una riviera del sole e della nautica, in realtà anche questa sfiorita, senza neanche essere nata. Eppure quest’area sarebbe potuta diventare la più competitiva, ospitando 500 barche, essere un altro volano di sviluppo, non solo della nautica, costretta a fare le valigie, sfrattata da inutili cantieri, per di più in un “mare di cacca”, inquinatissimo. Conclusione. Fino a quando non ci si renderà conto che il presente è figlio di questo passato e non verranno accantonati molti di coloro che ne sono stati i responsabili diretti e indiretti - e oggi scalpitano ancora riproponendosi per tornare a contare, (questo riguarda anche altri comparti sociali, non solo politici) - a Napoli non ci potrà mai essere una svolta. De Magistris ha le sue colpe, anche pesanti, ma sono limitate rispetto ai predecessori. Stia però attento a non superarli. Il tempo sta per scadere anche per lui e a contare saranno solo i fatti.