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La legge da sola non fa miracoli

Opinionista: 

Tutte le volte che la legge si presenta, sotto la forma dell’annuale apertura dell’anno giudiziario, si resta un po’ perplessi: ma è proprio necessario tutto questo “apparato” un po’ spagnolesco e certamente anacronistico, che trasforma il salone dei busti di Castelcapuano in qualcosa che si divide tra una “festa” necessaria e un rito rievocativo di memorie passate? I grandi avvocati e giureconsulti di prima, gli affanni e le emergenze senza via d’uscita (come purtroppo appare) di oggi. Quando, dall’ingresso principale, entra il corteo dei magistrati di più alto livello, sulla parete di fronte è ben visibile il drappo rosso con la scritta, in lettere d’oro, “la legge è uguale per tutti”. Subito si pensa, in un clima kafkiano, è bene che questa “uguaglianza” ci venga ricordata perché, forse, perfino nelle aule di giustizia non tutti ne hanno un vivo e spiccato ricordo. *** DIVERTENTE DISUGUAGLIANZA. Alle spalle della imponente tribuna dove siedono le toghe (ben visibile il rosso come colore predominante, interrotto da pettorali bianchi e strisce nere laterali) fanno la guardia d’onore due dipendenti: uno alto, l’altro vistosamente più basso. Non era meglio sceglierli di uguale statura? Oppure anche così si è voluto dare un’idea immediatamente percepibile della diversità di giudizio (spesso stridente) che molte volte caratterizza la magistratura con la sorprendente disparità delle sue sentenze? *** AUTOREFERENZIALITÀ. Davanti al presidente della Corte d’Appello, Giuseppe De Carolis di Prossedi e sotto lo sguardo vigile del cardinale Crescenzio Sepe, vengono poggiati, su uno sgabello di velluto, i simboli della giustizia. La voce dell’alto magistrato è “robustosa”. Esprime tutto il senso di un dovere: quello di dar conto del lavoro svolto. Ci si chiede, ai cittadini o al proprio ordine giudiziario che sulla carta è il terzo potere ma che però, di fatto, è quasi sempre il primo avendo troppe volte, i due che lo dovrebbero precedere, quasi sempre l’elettroencefalogramma piatto? *** OGGETTIVITÀ DEI DATI. C’è di che essere a posto con la propria coscienza lavorativa: la napoletana Corte di Appello è, per i processi penali, la più produttiva d’Italia e seconda per quelli civili. Ma la sconfitta dello Stato non si può nascondere. La prescrizione è sempre in agguato con il risultato che quattro processi su dieci vengono annullati anche dopo uno e due gradi di giudizio. E’ un insieme di reati (omicidi colposi, devastanti errori medici, gravissimi atti predatori, rapine violente e sanguinarie) che scompaiono dalla lavagna come non se fossero mai stati commessi. Lo Stato cade in ginocchio ed è già molto se non è costretto a chiedere scusa, con cospicui risarcimenti, ai “poveri incolpati”. *** IL COLMO DEI COLMI. Lo si raggiunge con le sentenze passate in giudicato. Si pensa: finalmente un po’ di giustizia e qualcuno paga. Ma non è così. Non ci sono mezzi strumentali e uomini per rendere queste sentenze esecutive. Il disappunto del presidente De Carolis è netto: molti condannati restano liberi di continuare a delinquere; è come se si costruissero automobili senza ruote. La conclusione è che la malavita ringrazia. A Napoli si trova così bene che non ci pensa neppure ad andarsene altrove! *** L’ANTISTATO AVANZA. Un massa di reati che restano di fatto impuniti, nuove generazioni di boss che crescono respirando l’aria della illegalità “garantita”. Prima i muschilli, adesso i pusher, le baby gang che formano “paranze” micidiali, compiono azioni da guerriglia urbana, terrorizzano strade e quartieri con le incursioni e le “stese”. Il tribunale per i minorenni regge appena appena. La sociologia viene in aiuto e descrive minuziosamente la pericolosità dei nuovi scenari. Il procuratore generale della Repubblica, Luigi Riello, cita Roberto Saviano e Isaia Sales. Al di là delle inevitabili polemiche e contrapposizioni fra studiosi, la prospettiva è inquietante tra la camorra ricca e quella povera. Le cronache ci dicono che troppe volte si viene ammazzati e troppe volte si muore per caso. La precarietà avvolge tutti. *** SPALLE ALLO STATO. Molti esponenti delle categorie professionali si girano dall’altra parte quando parla il rappresentante del Governo. Molto critici i giudici e i magistrati onorari: restano in piedi e indossano una fascia nera con la scritta “la Giustizia è morta”. Lavorano e lavorano, svolgono faticosi ruoli di supplenza, ma sono quasi del tutto disconosciuti nei loro diritti di lavoratori. Durissimi perciò i giudizi di Rosaria De Rosa, Ester Apolito, Olga Rossella Barone. Preannunciato uno sciopero per i prossimi giorni contro il ministro Orlando. *** UNO SGUARDO VERSO L’ALTO. Castelcapuano e il Palazzo di Giustizia esprimono fiducia in due napoletani doc che agiscono, a livello nazionale, in nome dell’anticorruzione, dell’antimafia e dell’antiterrorismo. Sono Raffaele Cantone e Franco Roberti. Con loro le leggi di prima e quelle nuove. Ma senza i cittadini non si fanno passi avanti. Occorre una cittadinanza attiva e il coraggio di avere coraggio. Entrambi ricordano che la paura è un lungo tunnel che si richiude su se stesso e non porta da nessuna parte.