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Una commissione da abolire

Opinionista: 

Diceva il presidente francese Georges Clemenceau: “Quando non si vuole risolvere un problema bisogna nominare una commissione parlamentare”. E fu così che per non risolvere il problema della ingerenza dei partiti sulla Rai fu creata nell’aprile ’75 lla Commissione parlamentare di Vigilanza. Composta da ben 40 componenti, 20 deputati e 20 senatori, compresi il presidente, due vice e due segretari (come discendenti dei latini melius abundare quam deficere) è un’ anomalìa che ci trasciniamo tra mille polemiche perché non serve assolutamente a nulla se non a dare visibilità ai suoi componenti, in particolare al suo Presidente, e a sprecare denaro pubblico per i loro stipendi dorati che potrebbero essere risparmiati oppure impiegati in opere di bene. E poi perché ha il compito di vigilare (si fa per dire) solamente sulla Rai e non anche su Mediaset, su La7 e su tutte le altre emittenti televisive nazionali e locali. La Rai è sempre stata e continua ad essere una riserva di caccia dei partiti politici che sono riusciti a gonfiarne a dismisura i dipendenti. Perciò si chiama “mamma rai”. Le 21 sedi regionali, i 13mila dipendenti, i 1700 giornalisti, i 3mila collaboratori, i 110 parrucchieri, i 70 camerinisti, i 61 falegnami, e poi i meccanici, i consulenti musicali, gli arredatori, i costumisti, le orchestre di almeno 16 elementi, le mille segreterie più affollate dei ministeri, gli aiuto registi, i programmisti, i 48 direttori generali e i 70 vicedirettori, cioè l’informazione servile più pagata e pletorica d’Europa e l’intrattenimento indecente e del varierà più volgare ha scioperato l’11 giugno dell’anno scorso contro Matteo Renzi, reo di aver chiesto di ridurre i costi del servizio pubblico di 150 milioni di euro. Ma a scioperare non è stata la Rai dei varietà di Antonello Falqui, degli sceneggiati di Sandro Bolchi, del garbo di Enzo Tortora, della intelligenza di Enzo Biagi, delle invenzioni di Renzo Arbore e delle divertentissime serate di Rosario Fiorello ma quella delle spese pazze e dei supercontratti furbi delle star dell’intrattenimento (Frizzi, Conti, Vespa, Giletti, Insinna, la Clerici, la De Gregorio, la Venier, la Perego, la Lucia Annunziata…). Non basta. La Rai ha sperperato alcune centinaia di milioni di euro per mandare in Brasile un esercito di giornalisti e di opinionisti che, tra pressapochismo, dilettantismo, incapacità, improvvisazione e stupidità (famosa quella dell’eterno Marino Bartoletti che parlò di Unione Sovietica anzi che di Russia), ci hanno rifilato una cronaca dei campionari mondiali di calcio semplicemente pietosa. E sperpera centinaia di milioni di euro l’anno per tenere nella sola New York ben tre corrispondenti per il Tg1, Tg2 e Tg3. Salvo a incrementarne il numero con qualche soggiorno, più o meno lungo, di Monica Maggioni, di Maria Cuffaro, di Rosanna Botteri (è stata negli Usa per venti mesi al seguito di Obama e della Clinton ), e con qualche scappatina del direttore del Tg3 che va a intervistare un professore della Harvard University sulla bolla finanziaria. E ha sperperato quattro milioni di euro per le due serate di Roberto Benigni sui 10 Comandamenti, dopo averlo coperto d’oro per i suoi vaniloqui sulla Costituzione da lui definita “la più bella del mondo” e sulla Divina Commedia. E sperpera due milioni di euro l’anno per la trasmissione domenicale “Che tempo che fa” di Fabio Fazio per consentire all’opinionista satirica Luciana Littizzetto di dire volgarità del tipo: “Berlusconi mi ha rotto il cazzo” (un organo che non ha, ma la Mondadori berlusconiana la ringrazia pubblicando i suoi libercoli). E potrei continuare. Avete mai sentito la Commissione di Vigilanza che si indigna e dice al Presidente e al Direttore generale della Rai che così non va e che bisogna rivedere i palinsesti all’insegna della intelligenza e del risparmio? Mai. E allora scioglietela questa Commissione.

G_MAZZIOTTI@YAHOO.IT