Il cordone ombelicale da alcuni anni è stato rivalutato grazie alla presenza al suo interno di cellule staminali in grado di fronteggiare patologie piuttosto gravi. Grazie alle staminali, infatti, vengono curate oggi malattie, come riportato anche da un Decreto ministeriale del 18/11/2009, ematologiche, immunologiche, genetiche, metaboliche e oncologiche, come: leucemie e linfomi, disordini mielodisplastici/mieloproliferativi, disordini della plasmacellula, insufficienze midollari mono/plurilineari, emoglobinopatie, disordini congeniti del sistema immunitario, errori congeniti del metabolismo. Tutto questo, come accennato, grazie alla presenza di cellule staminali, ovvero cellule “primitive” in grado di evolversi in qualunque tessuto o cellula specializzata. Oggi, probabilmente, si apre un nuovo campo di applicazione per l’utilizzo del cordone ombelicale, che va oltre le cellule staminali. Si tratta di una proteina, chiamata TIMP2 (inibitore tissutale delle metalloproteasi 2) che, secondo studi condotti presso la Stanford University School of Medicine, sarebbe in grado di potenziare gli effetti dell’ippocampo su cavie da laboratorio, migliorando la memoria e l’apprendimento. Tony Wyss-Coray, autore dello studio che già in passato ha eseguito esperimenti di trapianto di plasma da cavie più giovani a favore di altre più anziane misurando un miglioramento in termini di apprendimento, ha analizzato la composizione del plasma di persone appartenenti a fasce d’età differenti, individuando le proteine che risultavano essere diminuite con l’età, evidenziando quelle che erano presenti nel liquido cerebrospinale, il liquido in cui è immerso il sistema nervoso centrale, individuando così le proteine in grado di agire direttamente sul cervello. Da qui l’individuazione di TIMP2, proteina in grado di stimolare la plasticità sinaptica (la capacità di adattamento a nuove informazioni) e la produzione di cellule neuronali prevalentemente nell’ippocampo. Qui, infatti, si presume siano confinate una serie di informazioni relative allo spazio e alla memoria storica, praticamente quelle competenze che vengono compromesse in prima istanza in caso di patologie neurodegenerative come l’Alzheimer. La somministrazione della proteina umana in topi anziani ha dato risultati promettenti in termini di memoria e capacità di risolvere problemi che corrispondeva ad un aumento dei collegamenti tra le sinapsi dell’ippocampo. Joseph M. Castellano, primo firmatario dello studio, chiarisce: «Gli effetti di TIMP2 sul cervello sono poco studiati nel campo dei processi di invecchiamento. Nel nostro studio abbiamo visto come questa proteina migliori il processo della memoria e dell’apprendimento attraverso un miglioramento delle funzioni dell’ippocampo». In realtà questo studio apre un nuovo modo di approcciare alle malattie del cervello, come chiarisce Tony Wyss-Coray: «I neuroscienziati hanno sempre dato poca importanza al fatto che qualcosa contenuto nel nostro sangue possa modificare il modo nel quale pensiamo, mentre il nostro studio afferma come si tratti di un dato che non può essere assolutamente ignorato». mi_sa@inwind.it