Soffio cardiaco è l’espressione utilizzata per descrivere l’insolito rumore ravvisabile durante l’auscultazione del battito cardiaco. Il sangue normalmente scorre infatti in modo silenzioso, ma in caso di particolari condizioni, come ad esempio il malfunzionamento di una delle valvole cardiache, provoca un rumore simile a un fruscio.

Non è una condizione di per sé necessariamente severa, può infatti essere scatenata semplicemente dalla febbre o dall’attività fisica, o essere associato ad altre patologie, tipo anemia e ipertiroidismo. In ogni caso è bene sottoporsi con regolarità a dei controlli medici per riuscire a ravvisare per tempo l’eventuale anomalia.

Il dottor Giorgio Ventura di idoctors.it, cardiologo a Cosenza, ci aiuta a capire le varie tipologie di soffio e le relative modalità di intervento.

Quanti tipi di soffi cardiaci esistono

Nella maggior parte dei casi, il soffio rilevato durante l’auscultazione del battito cardiaco è di natura fisiologica, legato ad esempio alla vibrazione delle corde tendinee delle valvole. Nel 3-5% dei casi è però patologico, legato al malfunzionamento di una valvola. In questo caso può essere congenito, cioè presente dalla nascita, o acquisito, cioè manifestarsi nel corso della vita del paziente.

In base alla dinamica cardiaca, il soffio può essere inoltre classificato come:

  • sistolico, che avviene cioè durante la contrazione del muscolo cardiaco e quindi riguarda più che altro la valvola bicuspide (o mitrale), che si trova tra l’atrio sinistro e il ventricolo sinistro e impedisce che il sangue durante la contrattilità del ventricolo ritorni in atrio, e la valvola tricuspide, presente invece tra atrio e ventricolo destro. Ci può inoltre essere anche un soffio sistolico che interessa la valvola aortica (che controlla l’orifizio di uscita dal ventricolo sinistro in aorta), presente specialmente nei pazienti che soffrono di patologie reumatiche o nei soggetti anziani, che comporta una ridotta apertura della valvola a causa all’irrigidimento dei lembi valvolari;
  • diastolico, che avviene invece durante la fase di rilassamento del ventricolo sinistro. In questo caso è coinvolta prevalentemente la valvola aortica.

In questo caso i soffi possono insorgere, ad esempio, per:

  • stenosi (ossia restringimento) o dilatazione valvolare;
  • insufficienza valvolare, condizione per la quale il invece di progredire in avanti torna indietro (detto anche “soffio da rigurgito”).

Un’ulteriore suddivisione è data dall’intensità del soffio. Può essere infatti di sei gradi:

  • molto debole, si ravvisa solo con un’accurata concentrazione da parte del medico e non in tutte le posizioni
  • debole, si apprezza appena quando si appoggia il fonendoscopio sul cuore
  • moderatamente intenso
  • intenso
  • molto intenso, si percepisce anche con il fonendoscopio parzialmente sollevato
  • estremamente intenso, si ascolta anche con il fonendoscopio completamente sollevato dalla parete

A quali sintomi è bene prestare attenzione

Il paziente può essere o totalmente asintomatico, per cui di solito la diagnosi ufficiale della presenza di patologie valvolari avviene facendo un ecocardiogramma, oppure può presentare una sintomatologia particolare, nella maggior parte dei casi legata a tachicardia o dispnea, per la quale sceglie espressamente di farsi controllare. Di solito questo avviene quando dopo una qualsiasi lieve attività fisica (come ad esempio una piccola salita o delle scale) presenta aumento del battito e affanno. Sono questi infatti i sintomi delle fasi più lievi delle patologie valvolari. Nelle fasi più drammatiche si può invece arrivare ad uno scompenso cardiaco o addirittura a un edema polmonare (quando cioè c’è un riempimento di liquido a livello polmonare. Questa patologia può portare anche al decesso del paziente).

Quando è necessario intervenire chirurgicamente

Nelle fasi più lievi di queste patologie, si può intervenire con una terapia medica, di solito utilizzando diuretici e betabloccanti. Nella fase avanzata, invece, l’intervento chirurgico è l’unica via risolutiva. Si può intervenire in due modi:

  • con un intervento cardiochirurgico classico, cioè quello a torace aperto;
  • per via percutanea, una nuova tecnica di intervento grazie alla quale si entra con un piccolo catetere dalla gamba del paziente, si arriva a livello della valvola malfunzionante e la si sostituisce trapiantando una nuova valvola sulla valvola nativa, riparandola. Di solito i pazienti che possono beneficiare di questa tecnica sono i pazienti dai 65 anni in su.

In alcuni casi si interviene provando a riparare la valvola danneggiata. Le procedure in questo caso sono diverse, quali ad esempio il ridimensionamento della valvola con la rimozione del tessuto in esubero, o il rinforzo mediante l’aggiunta di tessuto o di un anello attorno all’orifizio. Altre volte invece è necessaria la completa sostituzione della valvola. L’intervento di sostituzione può avvenire mediante bioprotesi, cioè con l’impianto di valvole biologiche (di solito di natura porcina), oppure con delle valvole meccaniche, realizzate con materiali sintetici.