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Autonomia differenziata: ma chi la vuole davvero?

Opinionista: 

Chiedersi chi voglia davvero questa autonomia differenziata, al di là di un partito e di alcuni governatori delle Regioni del Nord, non è una domanda peregrina. Soprattutto dopo che il Presidente della più famosa associazione rappresentativa dell’imprenditoria nazionale, Carlo Bonomi, ha ammonito sul rischio che l’autonomia possa spaccare il Paese. Ma la cosa più importante che ha detto Bonomi è l’invito a prendere in seria considerazione la questione della coesione territoriale, istituendo e mettendo finalmente in condizione di funzionare un fondo perequativo per far sì che anche nelle aree svantaggiate del Paese si possano realizzare le strutture e i servizi necessari per rendere effettivi i cosiddetti diritti di cittadinanza. A Venezia, dove si è svolta l’assise di Confindustria, si è detto chiaramente che bisogna mettere la spesa storica in soffitta e che occorre stabilire i livelli essenziali di prestazione, i fabbisogni per assicurarli, dunque le risorse per colmare i ritardi. Esattamente il contrario di quanto si è fatto per anni, quando si è continuato, ad esempio, ad assegnare zero risorse a comuni che non avevano un asilo nido, sulla base dell’assurdo criterio della spesa storica. Tanto ti ho dato in passato, tanto ricevi. Il dibattito sull’autonomia, in una situazione di questo genere, sembra surreale. Non perché non sia possibile, in teoria, prevedere un potere normativo regionale più ampio per consentire di affrontare con maggiore speditezza temi che abbiano una specificità locale. Il paradosso sta nella pretesa di poter, da una parte, estendere le materie da governare autonomamente fino a inglobare nodi strategici come istruzione, tutela ambientale e salute, dall’altro presumere di assicurarsi risorse aggiuntive, proprio nei territori meglio strutturati e serviti. Le entrate fiscali servono a finanziare opere e servizi pubblici. Se le prestazioni non sono uniformi in tutto il Paese e si vuole ridurre le distanze, e se la matematica non è un’opinione, bisogna redistribuire risorse da Nord al Sud. Se qualcuno per anni ha pensato il contrario, sostenendo che sprechi enormi di fondi pubblici venissero perpetrati nel Meridione, a scapito di un Nord virtuoso, per poi essere smentito dai conti pubblici territoriali, non è un buon motivo per continuare a chiedere la luna. Facciamola pure questa autonomia, ma come il topolino partorito dalla montagna, perché sarà quella la sua importanza. Prima, però, decidiamoci a unificare questo Stivale. Così come, fortunatamente, è negli intenti, più volte ribaditi, della presidente Giorgia Meloni.