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Il folle sismografo della politica italiana

Opinionista: 

Il sismografo della politica italiana registra, ormai settimanalmente, nuove scosse. Nessuno sembra più disposto a star tranquillo, dietro il proprio simbolo, lanciando idee, proposte, programmi. E mentre la giostra sembra impazzita, ognuno guarda avanti, guarda altrove, in cerca di un nuova bandiera, di una nuova identità, di un nuovo corso. Lo fa, perfino, una testa coronata come Matteo Renzi, il fautore di una democrazia liquida che cambia, involge, coinvolge e, spesso, spiazza. Il glorioso Partito democratico potrebbe tranquillamente trasformarsi, nei prossimi anni, nel Partito della Nazione (idea lanciata, alcuni anni or sono da Casini, come riferimento di un’area centrista poi, puntualmente, naufragata). Un ideale transatlantico per chi ha voglia di salire sul carro del vincitore. Nel frattempo, c’ è molto materiale da analizzare e valutare. A sinistra, si pensa, da tempo, ad una forza politica nuova, modello Syriza, che coaguli le cento sigle di quella costellazione per riaffermare quei valori che questo governo sembra aver dimenticato. Scelta Civica celebra un congresso in tono minore (con la defezione degli otto senatori), annunciando di non essere disposta più ad alcun sacrificio. E l’attenzione che sviluppa la sua convention, che vede presenti, tra gli altri, Corrado Passera, Gaetano Quagliariello, Bruno Tabacci, fa chiaramente comprendere che, senza Mario Monti, quelle percentuali elettorali da prefisso telefonico, accreditate dai sondaggi, sono destinate a sciogliersi in altri contenitori. Ma anche nel centrodestra la ricerca del nuovo ha aperto inediti cantieri. Matteo Salvini soffia sul fuoco della protesta e, cambiando felpa, prova ad aggregare l’eterno disagio del Mezzogiorno. Sa di non poter proporre il simbolo storico della Lega, quell’Alberto da Giussano che funziona solo dalla Padania in su ed ha tirato fuori dall’ armadio un “Noi con Salvini” che annacqua, trascolora, rimodula gli schemi antimeridionalisti che hanno attraversato la Lega in questi anni. Ma, a quanto sembra, non basta. Il prodotto, apparentemente, è troppo conosciuto per fidarsi. E a Palermo, in questo fine settimana, sono piovuti slogan e lanci di uova e di arance. Uno sbarco tutt’ altro che incoraggiante. In questo clima, a Roma, l’associazione “Prima l’Italia” prova a radunare un po’ di vecchie truppe di Alleanza nazionale e sul palco sale Isabella Rauti che si dice onorata da chi la paragona a Marine Le Pen e al suo Front National. Un nuovo inizio per riprendere una storia interrotta. Insomma, tutto è in movimento. L’importante non è più offrire qualche idea nuova. Molta roba è materiale di magazzino e non stimola più gli elettori. Ma produrre un nuovo simbolo, un nuovo vessillo più efficace, più moderno, attorno al quale radunare le truppe. Come esige il marketing pubblicitario. Sviluppare offerte nuove per rimettere in pista classi dirigenti usurate dall’immobilismo e dai veti contrapposti. Una ricetta semplice ma pericolosa. In un’Italia che, paradossalmente, non riesce più a mettersi a tavola.