Il prelievo dei contributi avviene direttamente dalla busta paga: il datore di lavoro trattiene una somma dalla retribuzione per poi versarla all'Istituto assicuratore. Il sistema di previdenza dei lavoratori dipendenti, iscritti nel regime generale dell'Inps, è infatti finanziato attraverso un prelievo contributivo rapportato, per la maggior parte delle categorie, alla reale consistenza salariale e, per le altre, a retribuzioni convenzionali. L’onere assicurativo è per definizione "obbligatorio", in quanto dovuto per legge, indipendentemente da eventuali accordi tra le parti. I contributi vengono calcolati in percentuale sullo stipendio: una parte è a carico dell'azienda e una parte grava direttamente sul lavoratore. La retribuzione è formata da tutto ciò che il lavoratore percepisce, in denaro o in natura, al lordo di qualsiasi ritenuta. Tuttavia alcune voci sono escluse dal compenso erogato e non sono soggette a contribuzione, per esempio: gli assegni familiari, le somme spese per le borse di studio, gli asili nido e le colonie a favore dei familiari dei dipendenti, il trasporto collettivo del personale anche se affidato a terzi. I contributi devono essere corrisposti ogni mese dalle aziende tramite il modello di versamento unificato “F24” e sono dichiarati all'Inps con la denuncia mensile dei contributi “DM10”. Le aziende devono trasmettere mensilmente all’Ente per via telematica, con la denuncia “Emens - Uniemens”, i dati retributivi riferiti ad ogni lavoratore dipendente e le informazioni necessarie al calcolo degli oneri assicurativi, all’aggiornamento delle posizioni previdenziali individuali e al pagamento delle prestazioni. I contributi per la pensione sono calcolati sugli emolumenti lordi del lavoratore dipendente. Nella generalità dei casi la percentuale globale è pari al 33%. La retribuzione da assumere come base per il calcolo dei contributi del dipendente non deve essere inferiore alla retribuzione minima stabilita da leggi, regolamenti, contratti collettivi nazionali o da accordi collettivi o contratti individuali. Di conseguenza, non possono essere versati all'Inps contributi al di sotto di determinati limiti annui stabiliti dalla legge, i cosiddetti minimali. Essi cambiano di anno in anno in base agli indici Istat di variazione del costo della vita. Per il 2015 il minimale vigente è pari a € 200,76 settimanali, cioè € 10.440,00 annui. Se il datore di lavoro corrisponde comunque un importo inferiore, il soggetto interessato si vedrà diminuita l'anzianità contributiva in misura proporzionale all'importo versato. Il massimale invece è il limite di retribuzione oltre il quale gli oneri assicurativi non sono più dovuti. Esiste unicamente per i lavoratori a cui si applica il sistema contributivo cioè coloro: che si sono iscritti per la prima volta all'Inps a partire dal 1° gennaio 1996; ovvero che, pur essendo iscritti all'Ente prima del 1996, scelgono di andare in quiescenza con il sistema contributivo. Il massimale cambia di anno in anno in base agli indici Istat di variazione del costo della vita. Per il 2015 il limite massimo oltre il quale non si devono corrispondere i contributi per la pensione è pari a € 100.324,00 annui. Per i lavoratori più anziani, il massimale influisce solo sui periodi contributivi successivi alla data in cui è stata esercitata l'opzione per il sistema contributivo. L’aspetto che più sta a cuore ai lavoratori attiene ovviamente all’osservanza e al rispetto rigoroso del minimale contributivo più che a quello relativo al massimale. Al riguardo è appena il caso di precisare (ai lettori interessati) che per ricevere, nel 2015, un anno intero di contribuzione utile per la pensione occorre – come detto - percepire uno stipendio minimo globalmente pari ad almeno 10.440,00 euro. Per molto tempo, in vero, la legge non ha fissato alcun valore retributivo per l’accredito degli oneri assicurativi necessari per la quiescenza. Ma a partire dal 1984, per evitare la costituzione di posizioni previdenziali di comodo, è stato deciso un livello minimo, indicizzato annualmente, al di sotto del quale non si ottiene la copertura integrale dei periodi assicurativi. In altri termini, il numero dei contributi da accreditare a favore dei dipendenti, ai fini pensionistici, è pari a quello delle settimane retribuite durante l’anno di riferimento, a condizione però che risulti corrisposta, per ciascuna settimana, una somma non inferiore al quaranta per cento dell’importo del trattamento minimo mensile di pensione. Ciò significa, quindi, che per il 2015 il dipendente ha diritto all’accredito contributivo pieno dell’intero anno (52 contributi settimanali) solo se la sua retribuzione complessiva risulterà almeno pari a 10.440,00 euro, ossia 52 volte 200,76 euro, che rappresenta il quaranta per cento di 501,89 euro, importo del minimo di pensione in pagamento quest’anno. Nell’ipotesi contraria si vedrà registrare un numero di settimane proporzionalmente ridotto. Il massimale attualmente vigente è invece di euro 100.324,00, mentre il tetto pensionabile massimo è attestato a 46.123 euro. E’ appena il caso di ricordare poi che, l’aliquota Ivs dovuta all’Inps rimane ancora complessivamente fissata al 33%, di cui 23,81% a carico dell’azienda e 9,19% a carico del lavoratore. La predetta quota sale al 10,19% soltanto per la parte di retribuzione mensile eccedente i 3.844,00 euro (1/12 di 46.123 euro).