Costanzo Jannotti Pecci (nella foto) è un imprenditore operante nell’industria turistico termale. È amministratore delegato della Minieri spa, tra i più antichi gruppi del settore e tra i primi cinque in Italia, e amministratore unico della Palazzo Caracciolo spa, società che opera nel settore alberghiero. Ha ricoperto importanti cariche in Confindustria sia a livello regionale che nazionale. Nel 2008 il Presidente Giorgio Napolitano gli ha conferito l’onorificenza di Cavaliere del Lavoro. «Sono nato a Bacoli, nel Castello di Baja, perché mio padre dopo la guerra, rimasto nei ruoli del ministero della Difesa, fu nominato direttore dell’Orfanotrofio Militare che aveva sede nella fortezza aragonese. Ci siamo vissuti poco tempo perché, nella prima metà degli anni Cinquanta, gli orfanotrofi militari, trasformati in brefotrofi, passarono sotto la giurisdizione del ministero dell’Interno e per esso della Chiesa. Mio padre rinunciò all’incarico e iniziò l’attività imprenditoriale. Ci trasferimmo a Napoli dove ho svolto tutti gli studi».

Dopo che indirizzo prese?

«La mia famiglia paterna aveva un’antica tradizione militare e il mio bisnonno paterno e due fratelli di mio nonno, erano stati generali di Cavalleria nel Regio Esercito. Questa tradizione familiare, unita alla passione per il mare, mi indussero a fare il concorso per l’Accademia Navale di Livorno. Lo vinsi e, con le materie proprie della marineria, avviai anche gli studi in ingegneria. Per una serie di circostanze familiari, lasciai l’Accademia e entrai nel mondo del lavoro. Ero fidanzato con Annalisa Minieri, la cui famiglia dal 1877 era titolare dei Bagni di Telese e io, poco più che ventitreenne, entrai nell’azienda. Fondata da Eduardo Minieri, oggi dopo circa centocinquant’anni, l’azienda è un Gruppo che ricopre una posizione primaria nel ranking dell’industria termale italiana. Accanto all’attività termale, che si svolge prevalentemente nello stabilimento delle Terme di Telese, e in parte - unitamente all’attività alberghiera - presso il Grand Hotel Telese, c’è quella dell’imbottigliamento dell’acqua “Telese” e della produzione della linea di Health Care. Sempre sul versante termale, la Minieri è socio di riferimento delle Terme Lucane a Latronico, in provincia di Potenza. Affrontai con entusiasmo e grande senso di responsabilità il lavoro non avendo più tempo per ultimare gli studi universitari iniziati in Accademia. Avevo, però, un obbligo morale con mio padre Carlo, scomparso prematuramente, che avrebbe voluto vedermi laureato. Mi iscrissi, allora, alla facoltà di Scienze geologiche e, dopo la laurea, non ho tuttavia mai pensato di fare il geologo. Comunque occupandomi anche di acque minerali una correlazione c’era».

Di cosa si occupa nella Minieri spa?

«Da diversi anni sono amministratore delegato. Ho iniziato il mio percorso nel 1976 partendo dal basso. Mi sono sempre relazionato con gli altri con semplicità e rifuggendo logiche gerarchiche perché convinto che da ciascuno c’è sempre da imparare. In azienda mancavano i necessari ricambi generazionali e si puntò su di me come possibile soluzione per far sì che una storia d’impresa così significativa e importante, anche per il territorio, non si esaurisse. Dovevo, perciò, dare il meglio di me per contribuire a consolidare e, ove possibile, migliorare la posizione del Gruppo nel mondo dell’imprenditoria del settore. Oggi siamo alla quinta generazione della famiglia. Fanno parte dell’azionariato Guido ed Eduardo, figli del mio ex cognato Alfredo, che presiede l’impresa, e spero vivamente che raccoglieranno il testimone, e le mie figlie Francesca e Simona che, però, al momento non sono inserite nell’azienda. Francesca è alle Nazioni Unite e segue importanti dossier, per cui è spesso in giro per il mondo, Simona si occupa di guest relation al The Britannique, grazie della sua perfetta conoscenza delle lingue straniere. C’è poi Enrichetta, mia terza figlia, avuta dopo la fine del mio matrimonio, che studia giurisprudenza, con ottimi risultati, alla Luiss».

Quanto tempo è impegnato nel gruppo Minieri?

«Non più come in passato grazie ad un’organizzazione dove vige il principio della delega. In azienda vi è la costante presenza di Alfredo Minieri, di sua moglie Elda e di Annalisa che segue direttamente il Grand Hotel. Una parte significativa del mio tempo è riservata alle attività alberghiere che con mio cugino Gennaro Moccia - mia madre è Francesca Moccia, oggi novantottenne - abbiamo avviato quando ancora al vertice del Gruppo c’era mio zio Giuseppe Moccia, tra i più importanti e stimati imprenditori meridionali, Cavaliere del Lavoro, e tra gli ideatori del progetto che ha dato a Napoli la più bella metropolitana del mondo. E, infatti, il primo albergo - trasformando quello che era un palazzo per uffici in zona stazione centrale - fu quello che oggi è l’Ibis Garibaldi, in collaborazione con Accor, cui hanno fatto seguito - con una compagine sociale allargata - l’Mgallery Palazzo Caracciolo, 4 stelle in centro città, sempre in partnership con Accor e, recentemente, The Britannique Naples by Hilton, 5 stelle lusso. Grazie a quest’ultima realizzazione, Hilton è approdato a Napoli per la prima volta. Sul versante termale, a metà degli anni 2000, insieme ad altri colleghi del settore, rilevammo le Terme di Boario che cedemmo dopo alcuni anni ad imprenditori locali».

Parallelamente all’attività imprenditoriale, a metà degli anni Settanta iniziò anche quella associativa.

«Cominciai a muovere i primi passi in Confindustria, all’Unione Industriali di Benevento. Furono anni di grande palestra potendomi confrontarmi con imprenditori di successo che ascoltavo con grande attenzione cercando di imparare il più possibile. Nei primi anni ’80, iniziò il mio percorso in Federterme della quale nella prima metà degli anni ’90, diventai vice presidente. Nel ’98 ne diventai presidente per ben 21 anni sino al 2019. Un’esperienza decisiva per quello che poi ho avuto l’opportunità di fare nel sistema confederale e per quanto mi ha dato in termini di conoscenza del settore a livello anche internazionale».

Poi la nomina della più importante Federazione di settore nazionale.

«Sì, nel 2003 fui eletto presidente nazionale di Federturismo Confindustria, la più importante federazione di rappresentanza della filiera dell’industria turistica, incarico che ho mantenuto sino al 2017».

In quegli anni il suo impegno in Confindustria fu intenso e coincise con la storica elezione di Antonio D’Amato.

«Il 9 marzo del 2000 il Tg1 delle ore 20 - all’epoca il più importante Tg nazionale - aprì l’edizione dando la notizia della designazione di Antonio D’Amato quale nuovo presidente di Confindustria. Io facevo parte del gruppo di industriali più vicini ad Antonio: fu una competizione esaltante e coinvolgente. Ne parlarono tutti i media come un fatto che non sarebbe mai potuto accadere tenuto conto che il suo avversario era un uomo della Fiat, Carlo Callieri, sostenuto dal cosiddetto salotto buono dell’imprenditoria nazionale, avvocato Agnelli in primis, e quindi la vittoria fu anche un momento di riscatto per il Mezzogiorno che aveva visto Antonio D’Amato come principale e forse unico sostenitore delle ragioni del Sud. Conservo un ricordo indimenticabile di quel giorno».

Ha poi avuto altri importanti incarichi in Confindustria.

«Sì, in quegli stessi anni fui eletto presidente di Confindustria Benevento. Sono stato per due consiliature capo delegazione di Confindustria al Cnel. Nel 2015 fui eletto presidente di Confindustria Campania. Sono stato componente per oltre tre lustri della Giunta Nazionale di Confindustria e, dal 2012 al 2016, del Direttivo Nazionale, l’organo politicamente più autorevole. Da fine ottobre sono vicepresidente a Napoli. È un incarico che ho accettato esclusivamente per favorire, mettendo a servizio la mia esperienza associativa, un rapido processo di rinnovamento. È un impegno che mi appassiona e che, anche grazie ad una struttura interna ricca di competenze e professionalità, spero di completare rapidamente».

Ha fatto anche un’esperienza nel settore bancario.

«Sono stato nei cda di Banca della Campania, di Banca Popolare dell’Emilia Romagna (oggi Bper) e, anni prima, in quello di Benevento della Banca d’Italia. Sono state esperienze interessanti e formative avendo conosciuto dall’altra parte della barricata, il complesso rapporto tra banca e impresa».

Presiede anche una Fondazione per la ricerca.

«La Forst, Fondazione per la ricerca scientifica termale. Ha sede a Roma. È un ente indipendente con una governance pubblico/privata senza fini di lucro istituito da Federterme sotto la mia presidenza. È un modello aggregativo nato in Italia che consente a tutte le aziende termali del nostro Paese di avvalersi di attività di ricerca scientifica svolta sulla base di criteri internazionalmente riconosciuti. Non a caso ci è stata “copiata” dai francesi che, molti anni dopo, hanno dato vita ad un’iniziativa analoga».

Ha qualche passione? «Da ragazzo ho giocato al calcio in maniera amatoriale, prima nelle giovanili del Napoli e poi dell’Internapoli ai tempi di Chinaglia e Massa. Ho fatto atletica al Virgiliano e al Collana. Sono da sempre tifoso del Napoli e con il mio carissimo amico e collega Giancarlo Carriero, ante Covid, non abbiamo mai mancato una partita in casa andando anche in trasferta in più di un’occasione. Colleziono, poi, stampe, dipinti, fotografie di ogni tipo che rappresentano Baja e il suo Castello. Posseggo anche un raro acquerello di Anton Sminck van Pitloo. Pur essendo andato via piccolissimo, ho un legame ancestrale con Bacoli e amo il mare, ma con pari passione vivo la montagna. Nella mia famiglia l’equitazione è sempre stata di casa. Come i miei avi, compresa mia nonna Enrichetta, bravissima amazzone, e mio padre, eccellente cavaliere, ho praticato questa disciplina. Amo il melodramma e quando posso vado al San Carlo».

A proposito di calcio. Durante Italia ’90 ha fatto una cosa unica per la Campania. Ce la ricorda?

«Direi per il Mezzogiorno. In occasione dei Mondiali di calcio, con l’amministrazione comunale ci preparammo al meglio per ospitare una delle squadre del girone che aveva Napoli come città principale e nel quale c’era l’Argentina di Maradona. Il 9 dicembre dell’89 dall’urna uscirono la Russia, il Camerun e la Romania. Riuscimmo a contattare la dirigenza rumena e avviammo una trattativa per avere la squadra a Telese Terme. Il 19 dicembre sembrava certa, per evidenti motivi, la rinunzia della Romania alla partecipazione. Allora, con il supporto di Antonio Corbo, offrimmo gratuitamente il soggiorno per tutta la durata del campionato alla squadra. Seguirono contatti complicati e difficili anche per problemi di telecomunicazione. Il 17 gennaio andammo a Bucarest con un vecchio quadrimotore ad elica con un’avventurosa tappa a Tirana e definimmo i dettagli dell’ospitalità. La squadra arrivò a Telese Terme il 24 maggio e vi rimase sino alla partenza per Genova dove, superando per la prima volta nella sua storia la fase a gironi, disputò gli ottavi. Al suo seguito, arrivarono circa duemila e cinquecento supporters che trovarono cordialissima (e gratuita) ospitalità presso le famiglie della Valle Telesina».

Il momento più significativo nella sua lunga esperienza imprenditoriale?

«Quando nel 2008 il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, mi conferì la benemerenza di Cavaliere al merito del Lavoro. Sono convinto che per un imprenditore sia la più alta gratificazione cui possa aspirare anche perché ne vengono insigniti ogni anno solo 25. Nel mio caso, poi, sono stato il primo in Italia ad avere la nomina nel settore dell’industria turistica termale».

Chi è “la persona” che interpreta la vita in maniera così intensa?

«Non tengo conto del dato anagrafico e mi sento ogni giorno come se fossi agli inizi del mio percorso imprenditoriale. Mi viene riconosciuta una significativa capacità relazionale. Interagisco con le persone in maniera cordiale convinto che nella vita la positività nei rapporti umani è un valore fondamentale. Sono determinato e intransigente quando necessario, ritenendo che la chiarezza e l’onestà intellettuale siano valori irrinunciabili. La disponibilità verso gli altri è la mia stella polare nella vita e nel lavoro, ed è questo il vero patrimonio che ho ereditato da mio padre».