Presso l’Ospedale pediatrico di Roma Bambino Gesù, grazie ad una ricerca condotta col sostegno di Airc, ministero della Salute e Regione Lazio, è stata messa a punto una nuova terapia contro un particolare tipo di tumore del sangue: la leucemia linfoblastica acuta. Attualmente la via terapeutica percorsa consiste nella chemioterapia. Se i risultati non sono quelli sperati, o si presenta una recidiva, si prende in considerazione il trapianto di midollo che, nonostante sia un’opzione particolarmente invasiva in quanto il paziente dovrà successivamente osservare una lunga convalescenza, rappresenta comunque una speranza reale. Purtroppo, talvolta, anche questa strada risulta inefficace. In questi casi non ci sono terapie ulteriori per dare speranze al malato. Tutto questo fino a poco tempo fa. Grazie allo studio accennato in precedenza, infatti, è stato possibile salvare un bambino di 4 anni che era stato già sottoposto al trattamento sperimentale di terapia genica a causa di una leucemia linfoblastica acuta di tipo B cellulare, la variante più frequente di tumore pediatrico. Purtroppo il piccolo aveva già avuto due ricadute sia dopo la chemioterapia che il trapianto di midollo da donatore esterno, pertanto gli specialisti erano titubanti nel praticargli altri trattamenti, come sottolinea il prof. Franco Locatelli, direttore del dipartimento di Onco-ematologia pediatrica, terapia cellulare e genica del Bambin Gesù: «Per questo bambino non erano più disponibili altre terapie potenzialmente in grado di determinare una guarigione definitiva. Qualsiasi altro trattamento chemioterapico avrebbe avuto solo un’efficacia transitoria o addirittura un valore palliativo. Grazie all’infusione dei linfociti T modificati, invece, il bambino oggi sta bene ed è stato dimesso. È ancora troppo presto per avere la certezza della guarigione, ma il paziente è in remissione: non ha più cellule leucemiche nel midollo. Per noi è motivo di grande gioia, oltre che di fiducia e di soddisfazione per l’efficacia della terapia. Abbiamo già altri pazienti candidati a questo trattamento sperimentale». Lo stesso prof. Locatelli, ha sottolineato il grandissimo passo avanti fatto con questa tecnica: «L’infusione di linfociti geneticamente modificati per essere reindirizzati con precisione verso il bersaglio tumorale rappresenta un approccio innovativo alla cura delle neoplasie e carico di prospettive incoraggianti. Certamente siamo in una fase ancora preliminare, che ci obbliga ad esprimerci con cautela. A livello internazionale sono già avviate importanti sperimentazioni da parte di industrie farmaceutiche. Ci conforta poter contribuire allo sviluppo di queste terapie anche nel nostro Paese e immaginare di avere a disposizione un’arma in più da adottare a vantaggio di quei pazienti che hanno fallito i trattamenti convenzionali o che per varie ragioni non possono avere accesso ad una procedura trapiantologica». Ma la vera rivoluzione della tecnica la descrive il prof. Bruno Dallapiccola, direttore scientifico dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, come si legge sul sito dell’nosocomio: «Una pietra miliare nel campo della medicina di precisione in ambito onco-ematologico. Le terapie cellulari con cellule geneticamente modificate ci portano nel merito della medicina personalizzata, capace di rispondere con le sue tecniche alle caratteristiche biologiche specifiche dei singoli pazienti e di correggere i difetti molecolari alla base di alcune malattie. È la nuova strategia per debellare malattie per le quali per anni non siamo riusciti a ottenere risultati soddisfacenti. Un settore di avanguardia nel quale l’Ospedale non poteva non essere impegnato. Siamo riusciti in tempi record a creare un’Officina Farmaceutica, a farla funzionare, a certificarla e ad andare in produzione. Il risultato incoraggiante di oggi in campo oncoematologico, con la riprogrammazione delle cellule del paziente orientate contro il bersaglio tumorale, ci fa essere fiduciosi di avere a breve risultati analoghi nel campo delle malattie genetiche, come la talassemia, l’atrofia muscolare spinale o la leucodistrofia».