NAPOLI. Quello che purtroppo si temeva da qualche tempo - e che affetto, stima e amicizia non ci potevano mai fare accettare o pensare che accadesse - è successo. Carmine Spadafora, il collega di tante battaglie e di comuni esperienze giornalistiche, persona di grande affabilità, ci ha lasciato dopo una lunga malattia, tra saltuari ottimismi e improvvisi aggravamenti. Per dirla in maniera stringata e completa, è andato via da cronista, mestiere del quale era un fuoriclasse. Rileggo commosso il suo ultimo whatsapp, quando dieci giorni fa cercavo di contattarlo telefonicamente: «Scusa Antonio, non mi sento bene. Ti chiamo appena posso». Ma Carmine non mi ha chiamato più. Aveva compiuto 64 anni nel giugno scorso ed era in pensione “forzata” da diversi anni, da quando aveva deciso di lasciare la sua casa vomerese per trasferirsi nella tranquilla Telese. Era entrato nel giornalismo prima al settimanale “Tuttanapoli” e successivamente a “Napoli Oggi”, attraverso quel percorso che si chiama gavetta, fatto di una militanza, di un quotidiano impegno - calato nelle esperienze più varie nello star dietro agli eventi - spesso sapendone prevedere addirittura le dinamiche in una città come Napoli dalle annose problematiche. Carmine si era subito segnalato e imposto come un giornalista di razza che “puntava” la notizia, la seguiva, ne raccontava il contesto dov’era maturata, la circostanza che l’aveva creata e, solo dopo una scrupolosa verifica e un aggiornamento di ogni particolare, la “licenziava” per la pubblicazione. Per riprenderla poi il giorno dopo e dar conto al lettore di un seguito, che riteneva indispensabile per una vera completezza dell’informazione. Un lavoro scrupoloso, che ho avuto il privilegio di apprezzare da vicino prima nel “Giornale di Napoli”, dove nel 1987 ottenne il praticantato sotto la direzione del grande “maestro” Orazio Mazzoni, poi nel 1990 nel rinato “Roma” dell’editore Pasquale Casillo. La sua “casa”, però, divenne per anni la sala stampa della Questura di Napoli. Erano i tempi del capo della Mobile Matteo Cinque, poi promosso questore, del funzionario Francesco Di Ruberto e di tanti giornalisti giovani come Enzo La Penna, Maurizio Cerino, Luigi Sannino e Michele Giordano, e meno giovani tra cui Egidio Del Vecchio e Giovanni Virnicchi. Ma l’unico vero “angelo custode” di Carmine Spadafora è stato senza dubbio Salvatore Maffei, lo storico maestro di giudiziaria, patron ancora oggi di quel gioiello che è l’Emeroteca Tucci. Era molto scrupoloso e attento, con uno spirito di servizio ineguagliabile, da tutti riconosciuto e apprezzato, diventato il tratto distintivo della sua poliedrica personalità che, nel corso degli anni, si è arricchita di diverse collaborazioni: da “Il Giornale” di Montanelli, come vice di Antonello Velardi, a “Panorama”, a “Dipiù”, alle agenzie Ansa e Adnkronos, e per quattro anni a “Studio aperto” di Mediaset. È stato autore di interessanti reportage, resoconti e commenti politici di notevole risonanza locale, senza mai far mancare il suo contributo di chiarezza, dettato costantemente dalla necessità di far capire ogni vicenda e di non tradire mai, per una faziosa visione delle cose, una missione professionale sempre onorata, anche quando le prime avvisaglie di una salute malferma potevano consentirgli legittimamente qualche assenza giustificata. Carmine amava la professione e la faceva amare anche a chi gli stava accanto. Era un piacere sentirlo al telefono “sbucciare” una notizia, come era solito dire Bruno Stocchetti, grande cronista capo del “Roma” di Achille Lauro, per descrivere il modo con cui deve essere lavorata con cura e attenzione. Ci mancheranno di lui la franchezza del carattere, l’amabilità e la lealtà della sua amicizia - mai venute meno e messe in forse dalle immancabili incomprensioni quando si fa lo stesso mestiere - e il suo alto riferimento professionale, che sapeva esprimere anche con qualche battuta per il timore di finire da cronista di strada a cronista in cattedra. Un aspetto che lo immalinconiva, perché toglieva al mestiere il fascino dell’imprevisto. Da lassù continuerà a seguirci con la sua innata curiosità ma anche a tifare per la sua Inter, un amore giovanile che non ha mai tradito. Addio Carmine, amico e collega, un fuoriclasse riservato. Non Ti dimenticheremo mai per quello che hai regalato al giornalismo, stando sempre sul pezzo con il tuo taccuino ricco di appunti.