Dopo l'annuncio di Johnson & Johnson di "rinviare la distribuzione" del suo vaccino anti Covid in tutto il Vecchio Continente in seguito alla decisione di una "pausa" presa dalle autorità sanitarie Usa per estrema precauzione in seguito a sei casi di trombosi segnalati su altrettante donne di età compresa tra i 18 e i 48 anni. La campagne vaccinale degli stati Ue, Italia inclusa, diventerà più lunga. Sarebbero dovute arrivare infatti 184mila dosi. 

Sembra dunque ripetersi il medesimo copione che alla metà di marzo, in Europa, ha portato alla temporanea sospensione del vaccino “Vaxzevria” della società biofarmaceutica anglo-svedese AstraZeneca.

L'evento tromboembolico sotto osservazione degli esperti della Food and Drug Administration (FDA) e dei Centers for Disease Control and Prevention (CDC) americani è infatti esattamente lo stesso innescato in (rarissimi, lo ribadiamo) casi dopo la vaccinazione con l'AstraZeneca. A questo punto gli scienziati sospettano che dietro al rischio di coaguli di sangue nel cervello associati a carenza di piastrine vi sia la tecnologia alla base dei vaccini a vettore virale. Sia il Vaxzevria di AstraZeneca-Oxford-Irbm che il JNJ-78.436.735/Ad26.COV2.S prodotto da Janssen Pharmaceutica (una divisione belga di Johnson & Johnson), infatti, si basano sull'adenovirus Ad26, un virus responsabile del raffreddore nelle scimmie che viene reso innocuo in laboratorio attraverso l'ingegneria genetica. Attraverso questo processo viene trasformato in una “navetta di trasporto”, per consegnare l'informazione genetica della proteina S o Spike del coronavirus SARS-CoV-2 nel nostro organismo e innescare così l'immunizzazione.

Secondo gli esperti che stanno indagando sui casi associati all'AstraZeneca, l'evento tromboembolico sarebbe una peculiare risposta immunitaria, un meccanismo indotto dal vaccino che comporterebbe la distruzione delle piastrine da parte degli anticorpi scaturiti dall’immunizzazione, e che a sua volta attiverebbe sostanze in grado di stimolare la generazione di coaguli di sangue. Come affermato durante una conferenza stampa dal dottor Peter Mark, direttore dell'FDA Center for Biologics Evaluation Research, analizzando i casi seguiti all'inoculazione del Johnson & Johnson (6 su 6,8 milioni di somministrazioni) è stato osservato il medesimo pattern clinico emerso dopo le vaccinazioni con AstraZeneca. La reazione è affine alla “trombocitopenia indotta da eparina” o HIT, una reazione che in alcuni pazienti si innesca dopo la somministrazione del farmaco fluidificante del sangue (anche in questo caso possono svilupparsi coaguli di sangue e carenza di piastrine). Gli scienziati dell'Università di Greifswald guidati dal professor Andreas Greinacher, che per primi avevano intuito una potenziale associazione tra il vaccino anti Covid di AstraZeneca e i rarissimi casi di trombosi della vena sinusale associata a trombocitopenia, hanno già coniato un nome per la nuova condizione medica, definita “Sindrome da trombocitopenia immunitaria protrombotica indotta da vaccino” o VIPIT.

Naturalmente non è detto che ciò che è stato osservato con l'AstraZeneca sia completamente sovrapponibile con gli eventi emersi dopo la vaccinazione con il Johnson & Johnson; soltanto indagini approfondite potranno appurarlo. Vi è comunque un ulteriore punto di contatto tra gli eventi di trombosi cerebrale, ovvero la popolazione coinvolta: i 6 casi emersi negli Stati Uniti e legati al vaccino di Johnson & Johnson riguardano infatti tutte donne giovani, con un'età compresa tra i 18 e i 48 anni (una paziente è deceduta, un'altra è in condizioni critiche, in base a quanto comunicato dalla FDA durante la conferenza stampa). Anche i rarissimi casi associati all'AstraZeneca hanno riguardato prevalentemente donne giovani. Non a caso, sebbene l'Agenzia Europea per i Medicinali (EMA) non abbia posto limiti dopo la revisione dei dati, i Paesi europei – Italia compresa – hanno deciso di raccomandare il Vaxzevria solo alle persone con un'età superiore ai 60 anni.

Dato il verosimile coinvolgimento del vettore virale – presente anche in altri vaccini anti Covid – nella rara risposta immunitaria, gli scienziati dovranno trovare una soluzione al potenziale problema per eliminare del tutto o ridurre ulteriormente il già rarissimo rischio di trombosi. Tra le possibili soluzioni vi sarebbe una riduzione delle concentrazioni di principio attivo nelle dosi, ma tutti gli interventi andranno naturalmente presi dopo studi appropriati. Durante la conferenza stampa dell'FDA, le dottoresse Janet Woodcock Acting (FDA Commissioner) e Anne Schuchat (Principal Deputy Director dei CDC), hanno affermato che lo stop del vaccino di Johnson & Johnson servirà agli esperti per revisionare tutti i dati sui casi emersi, capire se sussista o meno l'effettiva correlazione col farmaco e permettere agli operatori sanitari di organizzarsi per la gestione degli eventuali eventi tromboembolici

 

LA REPLICA DI JOHNSON&JOHNSON

"La sicurezza e il benessere delle persone che utilizzano i nostri prodotti è la nostra priorità numero uno – si legge nel comunicato diffuso da J&J -. Siamo a conoscenza di una malattia estremamente rara che coinvolge persone con coaguli di sangue in combinazione con piastrine basse in un piccolo numero di individui che hanno ricevuto il nostro vaccino Covid-19. I Centri statunitensi per il controllo delle malattie (CDC) e la Food and Drug Administration (FDA) stanno esaminando i dati che coinvolgono sei casi segnalati su oltre 6,8 milioni di dosi somministrate. Per un eccesso di cautela, il CDC e la FDA hanno raccomandato una pausa nell'uso del nostro vaccino". Poi, il focus sull'Europa: "Abbiamo esaminato questi casi con le autorità sanitarie europee – continua il comunicato -. Abbiamo deciso di ritardare in modo proattivo il lancio del nostro vaccino in Europa. Le autorità sanitarie consigliano alle persone che hanno ricevuto in Usa il nostro vaccino e sviluppano forti mal di testa, dolore addominale, dolore alle gambe o mancanza di respiro entro tre settimane dalla vaccinazione di contattare il proprio medico".