Sono passate da poco le 20 del 21 febbraio 2001 quando una ragazzina di 16 anni esce urlando da una villetta del quartiere Lodolino di Novi Ligure, nell’alessandrino, corre a piedi nudi si rifugia dai vicini raccontando che due persone sono entrate in casa per una rapina uccidendo la mamma e il fratellino.

Comincia così una vera e propria caccia all’uomo alla ricerca dei due rapinatori, albanesi si disse allora, dai quali Erika racconta di essere sfuggita per miracolo. A salvarsi anche il padre che era fuori casa. E, mentre le forze dell’ordine sono al lavoro dentro e fuori casa alla ricerca di indizi, nel paese e non solo, si scatena la rabbia contro gli immigrati.

Erika viene sentita a lungo sull’accaduto ma il suo racconto non convince del tutto gli inquirenti che tornano nella casa accompagnati dalla ragazza e dal suo fidanzatino, Omar, per un nuovo sopralluogo. Poi, portati in caserma vengono lasciati soli in una stanza dove non sanno che vengono visti e sentiti a distanza e li i due giovani parlano del delitto, concordano la versione da fornire agli investigatori.

Due giorni dopo il delitto, i giovani vengono fermati e dal momento dell’arresto cominciano ad accusarsi ad accusarsi a vicenda mentre numerosi di periti vengono nominati per cercare di far luce sulle loro personalità.

L’11 dicembre dello stesso anno in un’aula del tribunale dei minori Erika e Omar affrontano il giudizio con rito abbreviato. Il pm Livia Locci chiede una condanna a vent’anni per la ragazza e a 16 per l’ormai ex fidanzato: tre giorni dopo vengono condannati rispettivamente a 16 e 14 anni, pene che vengono confermate in appello il 30 maggio 2002 e infine dalla Cassazione il 9 aprile dell’anno successivo.

La nuova vita di Erika

Ora, a vent’anni dal duplice delitto si sono rifatti una vita, Erika in carcere si è diplomata e poi laureata contando sempre sulla presenza del padre che non l’ha mai abbandonata. Lo stesso ha fatto Omar che uscito dal carcere si è trasferito in Toscana.

“La 36enne Erika De Nardo si è sposata, cercando di dimenticare i fantasmi del passato”. La rivelazione di don Antonio Mazzi, fondatore della Comunità Exodus che ha ospitato la giovane che il 21 febbraio del 2001 a Novi Ligure ha ucciso con 97 coltellate la mamma e il fratellino assieme al fidanzato di allora, Omar Favaro, ai tempi 17 anni, uno più di lei. Da tempo i due sono usciti dal carcere e hanno cercato di rifarsi una vita.

E così come è stato per Erika, la vita è continuata anche per suo padre l’ingegner Francesco De Nardo. “Gli altri non capiscono come abbia potuto perdonarla, io sì. Lui è un uomo straordinario”. A parlare al Corriere della Sera è la proprietaria di una trattoria in centro, con il vincolo dell’anonimato.

In realtà, l’uomo non ha mai abbandonato sua figlia, che in prigione si è diplomata come perito geometra, e poi si era laureata con il massimo dei voti in Lettere e Filosofia, discutendo una tesi su Socrate e la ricerca della verità negli scritti platonici.

Lo stesso ha fatto Don Mazzi: “Erika si è sempre comportata nel modo migliore: lavora, rispetta le regole della comunità, accetta l’aiuto psicologico”, che in passato aveva parlato così della ragazza: “In futuro vorrebbe lavorare, sposarsi, avere figli. Ma non è ancora pronta per relazioni profonde.

Ha momenti di serenità e di disagio, inquietudini, nervosismi. Sa di essere una bella ragazza. Ha una personalità forte. Ma no, non ha mai disubbidito”.

E nei giorni scorsi, ha ribadito: “Erika ha una nuova vita, si è sposata, ha maturato la giusta consapevolezza sulla tragedia, quella che permette di continuare a vivere. Il padre è stato molto importante in questo percorso”. In altre parole, se oggi la 35enne è riuscita a lasciarsi tutto alle spalle lo deve proprio al sostegno dell’uomo che le ha dato la vita.

In fondo, era quello che le aveva implicitamente promesso dopo la tragedia, quando abbracciandola in lacrime le disse: “Mi sei rimasta solo tu”.