NAPOLI. «Mi sento preso in giro, costretto a cedere ad un ricatto da parte di un ente pubblico che dovrebbe tutelare gli onesti cittadini, e che invece mi costringe a risarcire un debito che non so esattamente a cosa sia dovuto». Biagio Vallefuoco è un imprenditore napoletano. Dopo vent’anni da poliziotto e un passato nei Falchi presso il commissariato di Scampia, lascia la sua carriera per intraprendere un’attività nel campo delle investigazioni. Oggi il titolare della “Fantastic Group Security S.r.l.” è in causa con l’Inps per un risarcimento di 47 milioni di euro. Ma ora il tutto è nelle mani del tribunale dopo la denuncia alla Procura della Repubblica. L’inizio dell’intricata storia può risalire al 2017 quando l’Agenzia delle Entrate pubblica una circolare che vieta l’accollo del debito per i contributi, che andavano pagati normalmente dal cassetto fiscale. Il governo conferma la misura ma intanto Vallefuoco aveva già pagato i contributi con crediti Iva servendosi del metodo della compensazione, quando - nella tesi portata avanti dall’imprenditore - non esisteva alcuna legge che lo impedisse, tutto in regola, nessuna cartella esattoriale, fino al 25 novembre del 2019.

Come si è arrivati a tutto questo?

«Ricevo un documento dall’Inps per un debito di circa 648mila euro. Chiedo spiegazioni e mi fanno sapere che da Roma risultano compensazioni indebite effettuate tra il 2013 e il 2019. Bisognava saldare il debito, pena il blocco del Durc - documento unico regolarità contributiva - senza il quale la mia azienda non poteva partecipare alle gare di appalto o ricevere i pagamenti dai committenti. Mi rivolgo alla magistratura, dopo tre mesi il giudice dà ragione all’Inps, e devo pagare».

Decide di pagare, ma era passato tempo dalla notifica.

«Sì la cifra con gli interessi era arrivata a 900mila euro. Ottengo un rateizzo in due anni con una rata mensile di 42mila euro. Dopo due mesi però non riesco più a pagare e l’Inps passa tutto all’Agenzia delle Entrate comunicando l’insolvenza. Per me era ossigeno, perché l’Agenzia poteva concedere una dilazione a lungo termine fino a 120 mesi, ma dopo 60 giorni arriva il responso, non era di loro competenza la riscossione di quel debito, ero punto e a capo».

Intanto per il Durc cosa era successo?

«Decido di fare causa all’Inps chiedendo un risarcimento danni per circa 43 milioni di euro. Per la pandemia passano otto mesi ma il debito che io credevo bloccato, considerato il passaggio all’Agenzia delle Entrate, veniva accumulato e il Durc per la mia azienda continuamente in verifica. Quando mi reco per chiedere spiegazioni sul come procedere per risolvere la questione, l’Inpsmi chiede il saldo di otto rate. Ma per riprendere il rateizzo, dovevo saldare le rate non pagate in un’unica soluzione, 400mila euro compresi interessi. Non potevo pagare quella cifra in una sola volta. Arriva una telefonata al mio avvocato che mi fa sapere della possibilità di riprendere il rateizzo, quei 400mila euro venivano spalmati sulle restanti rate, ognuna di circa 80mila euro, questa volta in 36 mesi, dovevo però rinunciare alla causa contro di loro».

E così ha fatto?

«La dilazione non poteva essere portata avanti se esisteva un contenzioso in atto, il motivo era un regolamento interno. L’unica possibilità per pagare gli stipendi ai miei dipendenti era rinunciare alla causa e accettare la rateizzazione , solo cosi potevo riavere il Durc e tornare a lavorare».

Com’è andata a finire?

«Continuo a pagare per lavorare, ho già versato 600mila euro. Non ho avuto modo di difendermi, o rinunciavo alla causa oppure fallivo, questo è stato. Vado avanti però con la richiesta per il risarcimento e spero che questa storia porti un po’ di giustizia».