NAPOLI. «Non voterò Movimento 5 Stelle alle elezioni Regionali, non andrò proprio a votare». Lo annuncia al “Roma” il capogruppo del Movimento 5 Stelle in consiglio comunale a Napoli, già candidato sindaco dei grillini alle ultime elezioni comunali, Matteo Brambilla.

Perché non voterà?

«La lista comprende una persona (Luca Capriello, ndr) che nel 2016 ha fatto una denuncia contro la raccolta firme del Movimento 5 Stelle per presentare la lista che si sarebbe candidata alle elezioni comunali. Nel 2018 l’ha ritirata, ma ha creato un precedente che si è reiterato proprio nel 2018. In cinque anni hanno detto di tutto al sottoscritto e non posso accettare questa candidatura».

Ha segnalato il problema ai vertici del Movimento?

«Sono arrivato fino ai facilitatori e ai probiviri, annunciando anche che non avrei potuto votare quella lista. In tre mesi non ho avuto una risposta e per questo ho deciso che non posso votare questa lista. Mi assumo la responsabilità di ciò che dico, io difendo i principi che fino ad oggi hanno guidato il Movimento».

Altri elettori storici del Movimento vivono questi sentimenti?

«L’elettorato storico del Movimento 5 Stelle di Napoli la pensa esattamente come me. Nell’ultimo periodo venivo descritto come il capo dei “talebani”. Se significa che difendiamo i principi con cui è nato il Movimento 5 Stelle, sono orgogliosamente talebano. Se fossi stato candidato alle elezioni Regionali e avrei visto quel nome, mi sarei ritirato. Alle poltrone preferisco i principi».

Lei fu definito come leader dei “talabani”, pensa che il Movimento si stia snaturando?

«Con l’ultima votazione su Rousseau si è snaturando. Replicare l’accordo governativo con il Pd sulle amministrative è inaccettabile. Fare un accordo locale su Napoli sarebbe impossibile, non mi accorderò mai con i partiti che in vent’anni hanno distrutto la città. Un voto del genere si sarebbe potuto fare al massimo a livello comunale dove c’erano possibilità di accordo, non modificare l’intero statuto nazionale con una votazione a cui ha partecipato solo il 20% degli aventi diritto. Quando si pose il tema dell’accordo con i Democrat alle elezioni regionali in Campania, in una riunione al Ramada ci fu un plebiscito per il «no» all’accordo con gli altri partiti. Come spiegheremmo, ora, un accordo con il Pd alle prossime comunali?».

È chiaro che lei dice «no» all’accordo col Pd. Vale lo stesso anche per un ragionamento con de Magistris, di cui pure si parla spesso?

«È dal 2011 che il Movimento 5 Stelle continua a ribadire che c’è una distanza abissale tra il modo di intendere la politica del sindaco, che è quella di un’organizzazione partitica con una sola persona al comando, e quella del Movimento. Noi non saremo mai quelli degli “accordicchi” per tenere la poltrona. Il sindaco sta pensando solo al suo futuro politico, ha riportato Napoli indietro di 20 anni. L’80% delle responsabilità è suo. In precedenza c’erano stati tagli ai Comuni con i passati Governi, ma da quando c’è il Movimento 5 Stelle non ci sono più tagli».

È vero che ha chiesto pubbliche scuse al sindaco dopo lo scontro in Consiglio comunale nella seduta del rendiconto?

«Non proprio. A fine seduta il capo di Gabinetto mi ha detto che il sindaco si sarebbe voluto trattenere per chiarire con me ciò che era successo. Io ho risposto che se avesse voluto farmi delle scuse lo avrebbe fatto pubblicamente, visto che le accuse e gli attacchi erano stati pubblici. Sono quattro anni che mi insulta, ormai non lo considero più».

In queste condizioni ipotizza la ricandidatura alle prossime elezioni comunali, o sta meditando l’addio alla politica?

«Sto valutando, non ho ancora una risposta».