NAPOLI. Picchiato perché non voleva spacciare hashish, come il clan pretendeva che facesse. C'è un quarto arresto per la vicenda del 45enne aggredito nella sua abitazione a Cercola davanti alla moglie e ai due figli minorenni. 

Questa mattina i carabinieri della Tenenza di Cercola, in provincia di Napoli, hanno eseguito un'ordinanza di custodia cautelare in carcere, emessa dal gip del Tribunale di Napoli, su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia, nei confronti di un indagato «gravemente indiziato - spiega l'Arma in una nota - dei reati di estorsione aggravata, rapina, lesioni personali, porto abusivo di una pistola e detenzione ai fini di spaccio di stupefacenti, reati aggravati dal metodo mafioso, commessi ai danni di un 45enne di Ponticelli». La misura è collegata a quella eseguita lo scorso 9 aprile dagli stessi militari quando, «per i medesimi fatti, vennero tratti in arresto gli altri tre complici».

Le indagini, svolte dai militari di Cercola, sotto il coordinamento della D.D.A. della Procura di Napoli, «hanno avuto inizio a seguito della denuncia raccolta dai militari agli inizi di marzo, quando la vittima si è recata in caserma con il volto completamente tumefatto e sanguinante. Secondo quanto ricostruito dagli investigatori, l'indagato unitamente ai tre sodali, nelle ore precedenti alla denuncia, si era presentato presso l'abitazione della vittima con l'obiettivo di costringerla a vendere per loro conto un ingente quantitativo di hashish, minacciandola che qualora non avesse accettato la loro proposta avrebbe dovuto cedere il possesso della sua autovettura o della sua casa popolare o, in alternativa, avrebbe dovuto consegnare loro la somma in contanti di 10.000 euro. Al rifiuto del denunciante, i quattro avevano iniziato a picchiarlo selvaggiamente alla presenza della moglie e dei due figli minorenni».

Le indagini hanno consentito l'acquisizione di elementi probatori «gravemente indizianti in ordine alla riconducibilità delle condotte oggetto di contestazione all'odierno indagato» ritenuto, insieme ai suoi tre complici, collegato al clan Casella di Ponticelli.