Tutto è nato da una ricognizione che Don Roberto Della Rocca, direttore dell’Ufficio per i Beni Culturali Ecclesiastici della Diocesi di Pozzuoli stava effettuando nelle chiese del quartiere napoletano insieme al professor Giuseppe Porzio. A forza di perlustrare è venuta fuori un’antica pala che il professor Porzio ne è sicuro, si tratta della Madonna di Costantinopoli di Massimo Stanzione. “Lui, il Maestro, il dominatore, l’assoluto e incontrastato esponente del più autentico Seicento Napoletano” così lo descrisse Raffaello Causa nel V volume della Storia di Napoli del 1972. La scoperta è stata effettuata nell’antico casale di Soccavo e precisamente nel seicentesco Compleso Conventuale Torre San Domenico eretto dai padri Domenicani. Sul lato ovest della torre San Domenico è posta la Cappellina di San Domenico il cui altare era sormontato dall’opera rappresentante la gloria della Madonna Bizantina con in braccio il Bambino Gesù. La scoperta è stata effettuata dopo le prime osservazione e poi tenuta segreta, in attesa di confermarla. In seguito, grazie all’impegno del professor Giuseppe Porzio dell’Università degli Studi di Napoli “L’Orientale”, l’analisi del quadro non ha ammesso dubbi: l’opera è autentica. La tela raffigurante la “Madonna con il Bambino incoronata da due Angeli” è simile ad un’altra tela di Massimo Stanzione “La Vergine con il bambino e i due Vescovi Certosini Sant’Ugone e Sant’ Antelmo” nella Certosa di San Martino a Napoli, stavolta però ci sono due angeli con corona e non tre angeli, non presenta vescovi ai lati e la Vergine mostra il piede sinistro anziché il destro. Il dipinto appena scoperto parrebbe risalire agli anni ’40 del 1600, quando l’artista fu coinvolto con Artemisia Gentileschi e Giovanni Lanfranco anche nella decorazione pittorica della cattedrale di Pozzuoli. Qui a Stanzione fu commissionata la rappresentazione di uno dei primi vescovi puteolani, San Patroba che predica al popolo di Pozzuoli che, come riferisce Ortolani, è citato per la prima volta nella Relatio del 1640. Ad Artemisia venne commissionata L’Adorazione dei Magi tra il 1635-1638 e a Lanfranco Lo sbarco di San Paolo a Pozzuoli, tela firmata ed eseguita tra il 1636 e il 1640. In questo periodo le cadenze compositive di Massimo Stanzione sono indirizzate ad una maggiore compattezza della materia, “una ricerca che rende fini e luminose le carni, fa torturata la superficie nel gioco dei particolari, resi con puntigliosa insistenza, filo per filo … il tutte con esplicite intenzioni di resa luministica”. Sono gli anni del San Pietro Celestino nella chiesa di san Pietro a Maiella, della Predica di San Patroba al Duomo di Pozzuoli, della Madonna con i Santi di San Paolo Maggiore, di Sant’Agata soccorsa dall’Angelo al Museo di Capodimonte. Linguaggio su cui tornerà anche nel 1644 con la Vergine con i Santi Ugone ed Antelmo nella Certosa. E qui in modo particolare si assiste “a quell’osmosi, quel reciproco interferire tra la sua pittura e quella di Artemisia Gentileschi”. L’opera ritrovata, che si inserisce tra i grandi capolavori della Diocesi di Pozzuoli, è stata presentata alla stampa, perciò abbiamo voluto approfondire e parlare poi direttamente con Don Roberto Della Rocca (nella foto in basso), che insieme a Giuseppe Porzio ha collaborato per questo ritrovamento.

Direttore, come è avvenuta questa importante scoperta? Felicità d’intuito o ricerca approfondita?

«Diciamo subito che questa scoperta appartiene a quegli imprevisti inattesi che lasciano senza parole! Quando durante una ricognizione nella cappella di San Domenico, che stavo effettuando su richiesta del parroco di Soccavo, don Francesco Scherillo, ci siamo trovati davanti a questo dipinto, subito la bellezza dell’immagine ci ha colpiti. Quando poi il professore Giuseppe Porzio ci ha indicato che l'opera era di Massimo Stanzione l'emozione è stata ancora più grande. Cerchiamo di programmare gli interventi di restauro e gli studi delle opere d’arte, ma alcune cose sono un miracolo o una sorpresa: come questo ritrovamento».

Chiunque faccia un’importante scoperta in ambito artistico di solito prima di renderla pubblica la sottopone ad esperti. Ma lei era accompagnato già da uno dei massimi esperti, il professor Porzio, come vi siete comportati?

«Affidarsi agli esperti è fondamentale, non si può non lavorare che in sinergia, condividendo competenze e passione, diremmo anche, in altre parole, in sinodalità. La perizia e l’amore che il professore Porzio profonde nella sua ricerca hanno ottenuto questo grande riconoscimento. L'opera purtroppo è molto rovinata, speriamo che dal restauro possano emergere ancora maggiori dettagli. Certamente nella mostra che realizzeremo con con la fondazione Ced Regina Pacis, con il Progetto culturale di inclusione sociale nel Museo Diocesano. Voglio approfittare di questa domanda per ringraziare i Carabinieri del Nucleo di Tutela del Patrimonio, in particolare i nostri di Castel Sant’Elmo. Questo corpo speciale dell’arma svolge un lavoro preziosissimo nel nostro paese, definito “museo a cielo aperto”! Anche in questa operazione il loro supporto di tutela è stato fondamentale».

Una pala d’altare di straordinaria bellezza realizzata da uno dei massimi artisti della pittura napoletana del seicento come si trovava in una cappella?

«Stiamo lavorando a una storia critica del sito di San Domenico, che ha nella chiesetta il suo cuore, lì dove per devozione era stata pensata l’effige della Madonna di Costantinopoli. Quindi ora non posso sbilanciarmi».

A chi sarà affidato il restauro? E dove sarà esposta?

«Per il progetto di restauro stiamo collaborando con la competente Soprintendenza. In particolare, con le dottoresse Marianna Merolle e Palma Recchia, si valuterà come recuperare l’opera. Dopo il restauro organizzeremo una mostra nel Museo Diocesano per permettere a chi conosce l’opera, soprattutto i fedeli, di poterla riammirare in tutto il suo splendore e a chi non ha mai avuto l’opportunità di vederla, di apprezzare il grande genio di Massimo Stanzione».